I triestini Davide e Michele in Australia in viaggio a caccia d’oro e pietre preziose
TRIESTE. Da Trieste all’Outback australiano: 12.800 chilometri per inseguire un sogno, il viaggio di Michele Bonetti e Davide Tulliani, sulle vie dell’oro. Michele e Davide, entrambi triestini, classe 1991, prima vicini di casa poi compagni di scuola, hanno condiviso l’adolescenza. La vita li ha portati in direzioni diverse: Davide nel 2013 ha deciso di trasferendosi in Nuova Zelanda, mentre Michele, terminato gli studi all’Università di Trieste, ha intrapreso la carriera di tecnico di laboratorio biologico.
La sfida dell’Outback australiano
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Nonostante la distanza hanno mantenuto i rapporti, tanto che Davide, dopo aver passato un paio di anni in Australia, prima di ritornare in Nuova Zelanda ha chiesto a Michele di raggiungerlo e di intraprendere con lui un’avventura: sfidare l’inospitale Outback australiano e seguire le orme dei cercatori d’oro e pietre preziose.
Partiti da Childers con scorte di cibo e acqua, piccozze, metal detector, hanno cominciato il loro viaggio a bordo di una Nissan Navara usata, comprata sul posto.
Due chilogrammi di Opali e due pepite
Il loro lungo viaggio li ha portati prima sulle tracce degli zaffiri a Rubyvale e Tomahawk Creek, purtroppo con scarsi risultati, proseguendo sulla via degli opali, più fruttuosa, con un bottino di circa 2 chilogrammi di opale grezzo, sia di tipo Boulder che opale bianco, passando per Opalton, Sheep Station, Duck Creek, Port Augusta e inoltrandosi fino nella miniera abbandonata di Coober Pedy, per poi raggiungere la zona aurifera di Horseman, Kargoolie e Yerilla, dove i due triestini sono riusciti a trovare due piccole pepite del peso di 10 grammi, del valore di circa mille dollari australiani.
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Ambiente ostile e desolato
Il viaggio non è stato privo di imprevisti; l’ambiente, vastissimo, estremamente ostile e desolato. Diverse le strade bloccate e le lunghe deviazioni sul loro percorso, causate da allagamenti torrenziali. Pochi gli altri cercatori d’oro che hanno incontrato lungo il loro cammino, alcuni nomadi come loro, altri che del deserto australiano hanno fatto la loro casa, ma tutti disponibili a condividere non solo un pasto e le loro limitate riserve, ma anche consigli ed esperienze con i due giovani neofiti.
Magro bottino ma esperienza ricca
Un bottino forse materialmente magro, ma ricco da altri punti di vista. «Abbiamo visto spazi immensi e selvaggi che ridimensionano l’immagine e l’idea che avevo del mondo fino a oggi - sono le parole di Michele Bonetti -. Un’esperienza che ti rimette in connessione con te stesso e con il mondo. La cosa che mi ha colpito di più è stata la particolare sensazione di risvegliarsi da un’ipnosi, in cui ero caduto senza accorgermene per via del ripetersi di giorni sempre uguali. Il mio mondo, tra casa e lavoro, si è di colpo aperto ed è stato come prendere una boccata d’aria fresca o ricordarsi di colpo di qualcosa di importante. Di certo non siamo diventati ricchi come speravamo grazie ai ritrovamenti- commenta ancora Michele sorridendo - ma ci siamo sicuramente arricchiti di connessioni, esperienze e conoscenze».
Vita del deserto aspra
Opinione condivisa da Davide: «La vita nel deserto è aspra. La mia aspettativa era di trovare oro e opale, e in parte ci siamo riusciti. Ma questa avventura spartana mi ha dato molto di più. Il nulla del deserto mi ha rafforzato fisicamente e mentalmente. Rivedere dopo mesi prati verdi, specie diverse di animali e piante, avere una doccia calda, un contatto umano, mi stanno facendo apprezzare la felicità nelle cose piccole e semplici».