Doping, traffico dalla Svizzera: patteggiano due culturisti pavesi
PAVIA. Due culturisti di Pavia sono finiti tra i 9 indagati per un maxi traffico di anabolizzanti tra Italia e Svizzera e hanno patteggiato la pena. Un’indagine della Finanza di Verbania che dura da mesi, coordinata dalla procura piemontese, e che ha toccato anche Pavia con un sequestro di fiale e pastiglie vietate in un palestra di Pavia. Il ramo pavese fa parte di un sistema complesso, scoperto dai finanzieri. L’indagine coordinata dalla procura di Verbania nel corso della quale sono state sequestrate 12mila tra fiale e pastiglie di sostanze dopanti non ha nessun punto di contatto con quella partita dalla morte del kickboxer di Vigevano.
La ricostruzione
Tutto era iniziato con un controllo di routine al valico di Iselle, al confine tra Italia e Svizzera in provincia di Verbania nel 2021 quando era stato fermato un 30enne di Napoli ma residente a Sion (Svizzera). Il 30enne era proprio di ritorno dal paese elvetico, attraverso il passo del Sempione dopo essere andato alle poste di Domodossola per recuperare un pacchetto. Dentro c’erano sostanze ricomprese nella lista dei prodotti proibiti dall’Agenzia Mondiale antidoping. Ne fanno parte farmaci che vengono prescritti a malati oncologici in condizioni di grave deperimento e altri di uso veterinario, che per essere acquistati in modo lecito devono avere la prescrizione medica.
Per gli inquirenti al centro dello spaccio di dopanti c’era un persona trainer romano, punto di riferimento per diversi culturisti che competono sulla scena nazionale e internazionale. Tra le migliaia di anabolizzanti sequestrati ce ne sono di preparazione artigianale e poi 700 fiale di Nandrolone, derivato dell’ormone del testosterone, dai pesanti effetti collaterali e 400 pasticche di Rivotril, farmaco che agisce sul sistema nervoso centrale, elencato nella tabella delle sostanze stupefacenti e conosciuto come “droga dello stupro”, utilizzato per cancellare tracce dell’effetto doping. Con l’indagine avviata i finanzieri presso la Procura hanno ricostruito oltre 3600 spedizioni sospette, arrivando anche alla palestra di Pavia. Gli ordini avvenivano sotto falso nome, mediante messaggistica istantanea criptata, con schede telefoniche intestate a persone inesistenti. Si pagavano in contanti, con carte prepagate, alcune attivate all’estero.
I risvolti giudiziari
Già durante l’indagine c’è chi tra i nove messi sotto inchiesta - bodybuilder, loro istruttori e qualcuno che semplicemente tentava di guadagnare con lo spaccio di dopanti - ha chiesto di patteggiare. Sono stati condannati - con lo sconto di un terzo - a pene comprese tra un anno e un anno e otto mesi. Qualcuno ha potuto avvalersi della messa alla prova, estinguendo la pendenza penale con lavori di pubblica utilità. Tra chi ha patteggiato ci sono il 30enne di Sion e la moglie, che per approvvigionarsi facevano la spola con Domodossola, l’indagato di Novara, due di Pavia e uno di Ascoli. Tre romani, con il rinvio a giudizio, hanno scelto di andare a dibattimento. Il pm titolare del caso, Sveva De Liguoro li ha segnalati alla procura nazionale antidoping.