Beppe Saronni: «Mi rivedo in Evenepoel. Nessuno insegna ai nostri giovani»
Due Giri d'Italia, un Mondiale su strada e altri svariati successi nel palmares. Giuseppe Saronni, oggi 66enne, è uno di quei campioni che appartengono alla storia del ciclismo. Questa sera (domenica) alle 21.30 sarà l'ospite d'onore al teatro San Rocco di Voghera nell'evento “Aspettando il Tour”, a cui parteciperanno altri volti noti del ciclismo italiano come Emanuele Bombini e Daniel Oss, e i telecronisti di Eurosport, Luca Gregorio e Riccardo Magrini. La serata sarà presentata dallo speaker Giampietro Boscani, con la collaborazione di Riccardo Crivelli della Gazzetta dello Sport.
Beppe Saronni, nella sua carriera c'è una sola partecipazione al Tour 1987. Come mai?
«Bisogna pensare al ciclismo di quegli anni, in cui non c'era la grande differenza che c'è adesso tra Giro e Tour. Le squadre erano formate da 12-14 corridori al massimo, a inizio stagione si sceglieva il programma. Io spesso partecipavo alla Vuelta di Spagna che si correva in aprile, in preparazione del Giro d'Italia, che per i nostri sponsor era l'appuntamento più sentito e importante dell'anno».
Oggi il Tour è la corsa per eccellenza. Cosa rappresenta la storica partenza della Grande Boucle dall'Italia?
«Parliamo di un evento eccezionale, non so quando capiterà di nuovo. Sono sicuro che la gente affollerà le strade. Il Tour de France è la gara più importante e ambita al mondo. Aggiungo, con un po' di rammarico, che mi sarebbe piaciuto vedere il nostro Giro d'Italia partire da Parigi».
Che momento sta attraversando il ciclismo italiano?
«Ci sono giovani volenterosi, ma vedo il movimento di base in difficoltà. Il ciclismo è uno sport faticoso, che richiede sacrifici. Mancano anche le persone che seguono gli atleti, e che si mettono a disposizione delle squadre giovanili. Poi c'è il problema della sicurezza. Le famiglie non sono tranquille nel sapere che i loro figli si allenano sulle strade. Pensi che anche il mio nipotino ha preferito il calcio, seguendo l’esempio di compagni e amici...».
Tornando al Tour, vede una lotta a due tra Pogacar e Vingegaard?
«Al via ci sono tutti i più grandi campioni, quindi mi aspetto uno spettacolo straordinario. Per la maglia gialla, Pogacar e Vingegaard sono superiori, anche se c'è l'incognita legata alle condizioni di Vingegaard. Bisognerà capire se e come ha recuperato dal brutto incidente diaprile».
A proposito di Pogacar, lei lo ha scoperto da giovanissimo. Si aspettava che diventasse il fuoriclasse di punta del ciclismo mondiale?
«Me lo aveva suggerito il ct della Slovenia, si notava subito il suo grandissimo talento. Certamente era difficile pensare che potesse diventare quello che è diventato oggi. Tadej e gli altri campioni di riferimento del ciclismo attuale sono coraggiosi e spettacolari, stanno riappassionando tanta gente a questo sport».
Chi è il nuovo Saronni?
«Difficile fare confronti di questo tipo. Per carattere, e anche a livello fisico, vedo qualche analogia con Remco Evenepoel. un bel peperino. Anche lui è spavaldo come me. Io andavo spesso controcorrente, ecco perchè non c'era troppa simpatia con Moser», sorride Saronni.