La maturità di Andrea: «Il mio esame durante la chemioterapia»
Andrea Giuseppe Falcone è un diciottenne che ha appena concluso l’esame di maturità dopo aver frequentato per cinque anni il liceo scientifico, indirizzo Scienze applicate, all’Istituto Canossiano Madonna del Grappa di Treviso, città in cui vive.
Alla maturità Andrea è arrivato con una materia tutta sua, che ha studiato - da molto vicino - per tutti i cinque anni di scuola superiore. Sarcoma di Ewing.
Un tumore raro, bastardo. Fa soffrire, richiede interventi chirurgici, chemioterapia, radioterapia, settimane, mesi interi in ospedale.
È di questo che ha parlato nell’esame di italiano, scegliendo la traccia che aveva come tema le imperfezioni. Che sono -dice Andrea - una sfida con se stessi prima che con gli altri.
In questi giorni il diciottenne fresco di maturità - con un bel 92 su 100 di punteggio finale - sta frequentando il Day Hospital della Clinica di Oncoematologia pediatrica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, la sua quasi seconda casa da cinque anni a questa parte.
Sta facendo l’ennesimo ciclo di chemio: «Avevo iniziato prima della maturità» racconta, «poi con i medici abbiamo fatto in modo di essere libero i giorni degli esami e ora devo recuperare».
Tatuaggi sulle braccia, piercing alle orecchie e al naso, vispi occhi color nocciola, un sorriso contagioso e l’accento che tradisce le origini pugliesi di mamma Grazia e papà Vincenzo, Andrea racconta come la malattia sia finita per diventare “protagonista” del suo esame di maturità: «Il tumore è la mia imperfezione e quando ho visto la traccia proposta sentivo di poter calare la mia esperienza in questo concetto. L’imperfezione è di per sè qualcosa di negativo, come la malattia. Questa, però, mi ha portato ad affrontare un percorso di crescita, in cui sono maturato e diventato consapevole, imparando ad apprezzare quelle che normalmente chiamiamo piccole cose, ma che piccole non sono. Solo che le diamo per scontate. In particolare a me è successo di non poter più camminare, finendo in sedia a rotelle. Una cosa pesantissima che mi ha atterrito perché per me è sempre stato importante rendermi autonomo. In quel periodo ho conosciuto una fisioterapista, Karen, e con lei, impegnandomi ogni giorno, sono riuscito pian piano ad alzarmi, poi a fare qualche passo, tirare un calcio a un pallone. Quattro mesi è durata e per me è stato come tornare bambino e imparare di nuovo a camminare. Mi ero imposto di tornare sulla mia moto e così è stato e ho subito mandato un video a Karen, era la nostra vittoria. E in moto sono andato a fare l’esame di maturità, per ricordare a me stesso il lavoro fatto e il valore del mio impegno».
Ovvio che la “traccia” dell’esame si è scritta da sola.
Di forza Andrea ne ha da vendere. In cinque anni ha subìto otto interventi chirurgici e ripetuti cicli di chemio e radio terapia: «Il primo anno» ricorda, «sono stato ricoverato per un periodo lunghissimo, entravo e uscivo di continuo dall’ospedale. Ho sofferto molto, e ancora mi capita, a livello fisico: ho anche una sindrome cardiaca per la quale non posso assumere i farmaci contro la nausea e il vomito così le terapie sono ancora più pesanti. Sono grato ai miei genitori che mi sono sempre vicini e con me condividono ogni gioia e ogni dolore».
Tanti giorni di scuola saltati, ma la sua forza di volontà e la complicità dei compagni hanno tenuto Andrea “sul pezzo”: «A scuola sono sempre andato bene, sono di natura curioso e ho sempre avuto buona memoria che un po’ le terapie hanno compromesso, ma ho avuto grande aiuto dai compagni. È anche cambiato il mio rapporto con la scuola: sentivo che non avevo bisogno di dimostrare che ero bravo, perché ero consapevole del mio valore».
Andrea non si ferma e i suoi progetti corrono con lui: «Con i compagni di scuola stiamo organizzando una vacanza a Barcellona e nel frattempo ho fatto il talk per l’ammissione a Psicologia all’Università di Padova: non avevo studiato, ma sono passato ugualmente, però il voto è basso e credo che ripeterò la prova».
Più avanti c’è anche un appuntamento a Roma, con una terapia sperimentale: «Non so se fidarmi della medicina e della scienza» dice Andrea, «io so che mi fido delle persone qui, il professor Gianni Bisogno e la dottoressa Simona Affinita che si sono presi cura di me dall’inizio e che si mettono in gioco per trovare nuove soluzioni. Se mi dicono che una cura va provata io li voglio ascoltare».
C’è infine un messaggio che Andrea vuole dare a chi si trova nella sua situazione: «Parlarne, con tutti, dire quello che si ha e cosa si prova. Sapere cosa stiamo affrontando e come lo affrontiamo farà sì che non ci siano compassione e commiserazione, ma complicità. In fondo, ciascuno a modo suo, tutti siamo imperfetti».