Baby escort a Padova, 8 clienti a processo per prostituzione minorile
Si vendeva per poco o niente, dai 50 ai 100 euro a incontro.
Un rapporto frettoloso consumato nell’auto parcheggiata in un campo alle porte della città, in via Goito o in zona industriale, oppure ancora nell’abitazione del cliente di turno o nella squallida stanza di un affittacamere.
Tra il 27 maggio e il 15 giugno 2021 sono stati dieci i clienti della quindicenne padovana che si offriva come baby escort attraverso un sito online, www.moscarossa.biz dove pubblicava foto esplicite che si era scattata nel bagno di casa all’insaputa dei genitori.
Il primo luglio otto dei dieci imputati sono stati spediti a processo per prostituzione minorile, un reato punito con la reclusione che può variare dai 6 ai 12 anni di carcere.
Gli imputati
La prima udienza è stata fissata davanti il tribunale di Padova per il prossimo 14 maggio, tra quasi un anno, quando la giovane, che nelle scorse settimane è diventata maggiorenne, sarà inevitabilmente chiamata a ricostruire l’accaduto in aula, a rispondere alle domande di accusa e difesa (oltreché dei giudici), a rivangare una storia che, passo dopo passo, sta cercando di mettersi alle spalle per costruire un nuovo percorso di vita.
Per quanto riguarda gli imputati, si tratta di quattro padovani di 28, 38, 36 e 40 anni, rispettivamente di Padova (i primi due), San Pietro in Gu e Saonara; un romeno di 22 anni di San Giorgio delle Pertiche, un moldavo di 42 anni di Padova, un altro moldavo di 21 anni di Campodarsego e un bengalese 32enne di Padova, tutti difesi dagli avvocati Paola Porzio, Paola Menaldo, Paolo Tabasso, Annamaria Beltrame, Marina Infantolino, Marco Piras e Lorena Zambello.
Il processo è stato deciso dal gup di Venezia, Maria Rosa Barbieri, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero Daniela Moroni della Dda lagunare (la Direzione distrettuale antimafia, nella cui competenza rientra il reato dal 2012).
Le difese avevano cercato di puntare sul proscioglimento, insistendo sul fatto che i loro assistiti non erano a conoscenza della minore età della vittima.
Sempre l’1 luglio, invece, è stato condannato a 8 mesi di carcere per un unico incontro a luci rosse (con la sospensione condizionale della pena) un 27enne di Padova (difeso dall’avvocato Nicola Tenerani), unico presente in aula.
Nelle scorse settimane era già uscito di scena un cittadino italiano di origine africana, sempre residente nel capoluogo, che aveva patteggiato un anno e 8 mesi (con la condizionale) per due prestazioni avvenute a 17 giorni di distanza l’una dall’altra (difensore l’avvocato Paola Miotti).
La ragazza si è costituita parte civile tutelata dall’avvocato Piero Someda.
L’indagine
Era stata la mamma della ragazza ad accorgersi che c’era qualcosa di strano nella vita della figlia.
Una figlia irrequieta con un passato di alcol e di droga, che frequentava una scuola superiore a singhiozzo, refrattaria alla disciplina e ai controlli.
Una sbirciata al cellulare ed ecco i messaggi scambiati con i clienti via whatsapp o altre piattaforme per contrattare appuntamento e prezzo (per quanto riguarda i dieci imputati), mentre un’altra ventina di uomini sono risultati solo sfiorati dall’indagine limitandosi ad apprezzamenti e commenti alle immagini pubblicate dalla quindicenne.
Lei si proponeva come diciottenne – anche se a guardare le foto sembrava difficile crederle, aveva osservato in aula la pubblica accusa – e andava subito al sodo, i soldi.
Soldi che cercava di procurarsi dopoché i genitori le avevano tagliato la paghetta settimanale.
Appena ricevuta la denuncia, Squadra mobile di Padova e Polizia postale si sono messe al lavoro, coordinate dalla Dda veneziana.