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Июль
2024

Mamme da sole o in difficoltà, in regione arriva la prima Culla per la vita

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PORDENONE. Contrastare il fenomeno dell’abbandono dei neonati in strada o in luoghi non protetti, garantendo alle mamme in difficoltà o che non intendono riconoscere il proprio bambino la possibilità di lasciarlo in un posto sicuro e, al tempo stesso, di tutelare la propria privacy mantenendo l’anonimato.

Il Friuli Venezia Giulia si prepara a ospitare la prima Culla per la vita, che sarà attiva entro l’anno negli spazi del nuovo ospedale di Pordenone, in corso di realizzazione. A oggi, in Italia sono una cinquantina le culle in funzione e il Fvg era una delle poche regioni che mancava all’appello, oltre a Calabria, Molise, Sardegna e Trentino Alto Adige.

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Il progetto

Si tratta di un progetto atteso da tanti anni, come spiega il dottor Salvatore Tumolo, membro del Centro aiuto alla vita e padre di questa iniziativa. «Se ne parla da tanto di portarne una anche in regione – racconta –. Tuttavia, finora sembrava un’impresa impossibile. Potremmo definire la culla per la vita la versione moderna della ruota degli esposti. Fortunatamente devo dire che in regione non si sono mai verificati tanti abbandoni di neonati; tre che io ricordi, di cui due a Trieste».

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Cogliendo l’occasione dei lavori del nuovo ospedale, Tumolo ha presentato nuovamente il progetto al direttore generale dell’Asfo, Giuseppe Tonutti, che ha deciso di accogliere e approvare. Sarà l’azienda sanitaria, infatti, a sostenere i costi per l’installazione della culla, dal valore di circa 30 mila euro.

Soddisfazione è stata espressa anche dal direttore Tonutti. «Abbiamo aderito fin da subito a questo importante progetto – rileva –. L’abbandono dei neonati è un tema molto sensibile. Tuttavia, ritengo che poter contare su questa stanza innovativa sia un modo per garantire un futuro migliore al piccolo, evitando, come spesso accade, che si verifichino i fenomeni degli abbandoni in luoghi non protetti».

Il funzionamento

La culla, dotata di sistema di climatizzazione a seconda della stagione in corso, è inserita all’interno di uno spazio protetto. Premendo un apposito pulsante si alzerà la saracinesca per accedervi e, allo stesso tempo, verrà lanciato un segnale anche al reparto di pediatria. Dopo aver lasciato il bimbo la saracinesca si riabbasserà premendo nuovamente il pulsante o autonomamente in caso contrario. Dopo aver ricevuto l’alert, i medici autorizzati preleveranno il piccolo e gli forniranno l’assistenza necessaria.

Nel caso in cui il bimbo non venga riconosciuto entro i primi dieci giorni di vita, l’ospedale dovrà comunicarlo al Tribunale per i Minorenni, che dichiarerà lo stato di adottabilità del bambino, nelle modalità e tempistiche previste dalla normativa.

Limiti normativi

Le culle per la vita, nonostante si configurino come uno strumento socio sanitario lodevole, a oggi presentano dei grossi limiti, considerando che non sono normate dalla legge. Chiunque, infatti, anche chi non possiede competenza in materia, può decidere di aprirne una, anche sul perimetro di casa propria. Il grido d’allarme lo lancia la presidente nazionale del Centro di ascolto alla vita Odv, Teresa Ceni.

«In Parlamento – spiega – giacciono ben cinque proposte di legge che ho seguito in prima persona». La prima risale al 2009 presentata dall’allora senatore leghista Massimo Garavaglia. «Ognuno di noi, quindi, può aprirne una – prosegue –. Pertanto, risulta difficile capire quante siano effettivamente quelle attive e, soprattutto, se siano tutte funzionanti, considerando che non c’è nessuna norma che dia indicazioni in merito alla manutenzione».

Attraverso il sito www.culleperlavita.it, Ceni ha censito gran parte delle culle attive e offre supporto concreto alle tante donne che si trovano in difficoltà.

Il commento

Anche l’assessore alle Politiche Sociali di Pordenone, Guglielmina Cucci, accoglie con favore questa iniziativa.

«L’installazione della culla per la vita nel nuovo ospedale è un passo avanti nella tutela della vita e della maternità – dichiara –. Si tratta, infatti, di un dispositivo che permette alle donne di usufruire di un diritto purtroppo poco conosciuto, ovvero quello di partorire in anonimato, rinunciare al riconoscimento del bambino e affidarlo alle cure dei sanitari. Il bambino potrà, successivamente, essere adottato da una nuova famiglia. Uno strumento di solidarietà, quindi, nei confronti di donne in difficoltà e di supporto alla vita dei più fragili e indifesi, ovvero i neonati, che devono essere tutelati adeguatamente».




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