Ragonese, un nastro con il Re
TRIESTE. «Se avessi davanti tutti i miei personaggi, penserei che è una bella fetta di popolazione rappresentata», sorride Isabella Ragonese. Personaggi dell’oggi e del passato, in quasi trenta film, da “Nuovomondo” di Emanuele Crialese a “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì, da “Sole cuore amore” di Daniele Vicari all’ultimo “Come pecore in mezzo ai lupi” di Lyda Patitucci, e serie amatissime, come “Rocco Schiavone” e “Il re”, girata per Sky proprio a Trieste a fianco di Luca Zingaretti, per la quale ha appena vinto un Nastro d’Argento Grandi Serie TV. Mercoledì sera, alle 19 al Teatro Miela, Isabella incontrerà il pubblico ospite di ShorTS – International Film Festival per ricevere un altro riconoscimento che descrive bene il suo percorso: il Premio Interprete del Presente. Il programma del festival inizia alle 16.30 al Miela con la sezione Shorter Kids'n'Teens (ne parliamo a fianco), alle 17 la Sala Xenia ospita la sezione ShorTS Immersive, con i corti in 3D visibili tramite gli appositi visori, mentre alle 21.15 al Giardino Pubblico continuano invece i corti della sezione Maremetraggio.
Isabella, cosa significa per lei “interpretare il presente”?
«Da attrice ho sempre fatto cose diverse cercando di uscire dal cliché: è anche un modo per restare innamorata di questo mestiere. “Nuovomondo” era un film in costume, “Tutta la vita davanti” e “Sole cuore amore” sono contemporanei, “Viola di mare” di Donatella Maiorca parlava anche del presente pur essendo ambientato nell’Ottocento. Per scelta, e perché mi è capitato, ho rappresentato la varietà delle figure umane del contemporaneo, tanti argomenti che hanno dato voce anche a chi non si sentiva rappresentato».
Tra i suoi titoli cult c’è “Dieci inverni” di Valerio Mieli per il quale qui a Trieste, al Festival Maremetraggio del 2010, ha vinto il premio come Miglior Attrice…
«Ho un ricordo meraviglioso di quel momento, ho ancora il premio con il delfino sulla libreria. “Dieci inverni” raccontava una generazione precaria anche nei sentimenti. Anche “Tutta la vita davanti” (nel quale interpreta una giovane laureata in filosofia che finisce a lavorare in un call center, ndr) è rimasto un film generazionale anche per le generazioni seguenti: mi capita ancora di essere fermata da ragazzi giovanissimi che si sono identificati».
Ha vinto il Nastro d’Argento col ruolo dell’agente di polizia penitenziaria Sonia Massini nella serie noir “Il re”, visibile su NowTV: che effetto le ha fatto?
«Un enorme piacere. Sonia ha inaugurato per me un nuovo tipo di personaggio, accomunato alla Stefania di “Come pecore in mezzo ai lupi” dal fatto di essere donne in un ambiente molto maschile. Sonia lavora in un carcere maschile e ha la necessità di far vedere una parte di sé più possibile simile agli altri, con tutti i dilemmi che la dividono. Nel suo dubbio è molto shakespeariana: agisce in un modo ma la sua voce interiore odia quello che fa».
Tutto ruota intorno al rapporto col direttore del carcere, interpretato da Luca Zingaretti…
«È come il rapporto con i propri genitori: da una parte li stimi, dall’altra vivi nel terrore di somigliargli troppo. Un continuo combattimento tra l’ideale e la realtà. In questo caso, ci sono compromessi anche delittuosi da sostenere».
Per le riprese ha trascorso diversi mesi a Trieste: come si è trovata?
«È una città che amo, si lavora bene ed è bello anche il suo lato conviviale. Ha sempre un mistero: ti sembra di averla capita, ma in fondo non la capisci mai. Abbiamo girato molto all’aperto in Porto Vecchio. Il microcosmo del carcere che raccontiamo nella serie unisce diverse comunità: è giusta l’ambientazione in una città in cui convivono molte culture».
Anche la Stefania di “Come pecore in mezzo ai lupi”, visibile su Netflix, è una donna fuori dagli stereotipi, un’agente infiltrata che si finge criminale, e parla anche serbo…
«Non è facile che si facciano film di genere con protagoniste donne: era un’occasione rara. Le donne sullo schermo sono sempre mamme, figlie, mogli, mentre per la prima volta questa è una donna senza legami famigliari, anche se poi vengono a bussare alla porta. Per interpretarla mi sono preparata con un lavoro fisico totalizzante non solo per acquisire massa muscolare, seguendo anche una dieta, ma soprattutto sul piano linguistico: alla fine ho imparato il serbo».