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Июль
2024

Cento storie sulle canzoni, con Luica Barbarossa un viaggio nella musica per scoprire cosa c’è dietro

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È al suo secondo libro, dopo l’esordio nel 2021, in occasione dei suoi 60 anni, con il romanzo autobiografico “Non perderti niente” e scrivere, ci confessa, gli piace molto.

Da quasi 15 anni conduce con successo, fra garbo e ironia, il programma radiofonico “Radio Due Social club” e anche intrattenere lo diverte e lo appassiona, oltre a riuscirgli molto bene. “Non preoccupatevi , sotto la brace la cenere continua ad ardere – ci rassicura, quando gli chiediamo che ne è del Luca Barbarossa cantautore, amato da più di una generazione, che giovedì 4 luglio sarà ospite a San Vito al Tagliamento del festival internazionale Piccolo violino magico, in corso fino a sabato.

Alle 21, nel corso dell’incontro che si terrà sulle gradinate del castello, organizzato in collaborazione con Pordenonelegge e condotto da Valentina Gasparet, presenterà Cento storie per cento canzoni, uscito da pochissimo per La nave di Teseo, un viaggio nella musica per scoprire cosa c’è dietro, attorno, dentro canzoni che tutti abbiamo cantato: da Frank Sinatra a Vasco Rossi, da Lucio Battisti a David Bowie, dai Beatles ai Radiohead, da Franco Battiato a Michael Jackson.

Con quale criterio le ha scelte? Sono le sue preferite, o hanno piuttosto lasciato un segno nella storia della musica?

«Certamente mi piacciono, hanno un significato e soprattutto volevo che avessero alle spalle una bella storia da raccontare, spesso collegata alla Storia con la s maiuscola, magari legata alle guerre, ai diritti civili, all’immigrazione».

Ce n’è una particolarmente sorprendente, o inaspettata?

«Direi “Someday my prince will came”, del 1937, di Frank Churchill, autore (morto suicida a 40 anni) americano che compose molte colonne sonore per i film di maggiore successo di Walt Disney e che scrisse questa canzone per il primo lungometraggio d'animazione della Disney, “Biancaneve e i sette nani”. Dopo l’uscita del film, il pezzo diventò popolare come standard jazz, ma l’aspetto straordinario e commovente della storia è che fu suonato dal vivo, per la prima volta, in un campo di concentramento, precisamente a Theresienstadt nel 1943, da una band di musicisti ebrei conosciuta, i Ghetto Swingers, costretti dai nazisti ad allestire un concerto-farsa per ingannare gli osservatori stranieri. E’ bello pensare che per una sera questo pezzo sospese l’orrore, portando un po’ di bellezza in un luogo di sterminio. Ci sono poi canzoni che potremmo definire patrimonio dell’umanità, che si cantano in tutto il mondo, pensiamo a “Tanti auguri”...Pochi sanno che fu inventata da due giovani maestre del Kentucky per accogliere i bambini in classe e si intitolava “Good morning to all”, fino a quando un anonimo cambiò il titolo in “Happy birthday”... Ecco, direi che lo spirito con cui ho scritto il libro è scoprire l’alone che si sviluppa attorno alla scintilla della canzone».

Scrittore, conduttore, cantautore...

«Diciamo che non mi annoio e comunque faccio tutto mosso dal desiderio di ricerca. Per scrivere il libro ho letto, studiato e indagato più di un anno».

A “Radio Due Social club” lei dà molto spazio ai giovani artisti italiani, a quelli che possiamo definire i “nuovi” cantautori”. Qualche consiglio d’ascolto? E che musica piace a Luca Barbarossa?

«Ospito molta musica e mi sembra ogni volta di imparare qualcosa da ognuno. Non mi faccia fare nomi...diciamo che ci sono molti giovani autori che mi sorprendono. Nella vita privata ascolto molto jazz».

È nota anche la sua passione per il calcio, la lunga e feconda militanza nella Nazionale cantanti...Che batosta questi Europei per l’Italia!

«Sono dispiaciuto, naturalmente. L’Italia era irriconoscibile, perché sappiamo che in squadra ci sono valori indiscutibili, a partire dal mister. Sono fiducioso che da queste ceneri riuscirà a ricostruire un tessuto competitivo. Non voglio fare il tecnico e addentrarmi in campi che non mi competono, ma il problema va oltre la partita Italia-Svizzera, è necessario creare un’identità calcistica».

E adesso per chi si tifa?

«Per la Turchia? Visto che è allenata da Montella... Ma in realtà direi per la Spagna, che ha un livello molto alto proprio perché ha saputo creare un sistema che ha permesso di costruire un’identità calcistica».




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