Alice Cooper, il padrino dello shock rock: «Adoro calarmi nel mio personaggio»
«Tutti amano venire in Italia, è il posto preferito da visitare. Certo, se pensiamo alla musica, guardandoci indietro, non è che il vostro paese fosse proprio la patria del rock’n’roll! Ricordo un periodo in cui da voi andava forte la dance. Adesso, invece, devo dire che il pubblico si è orientato su rock e metal, mi sembra grandioso e mi dà più occasioni di suonare. Quindi torno ancora più volentieri».
Alice Cooper, il padrino dello shock rock e intrattenitore del metal, è il protagonista del finale d’eccezione del Pordenone Blues Festival, mercoledì alle 21.30 al Parco di San Valentino, unica data italiana per il leggendario cantante nato a Detroit nel 1948.
Mr Cooper, cosa vedremo al Pordenone Blues?
«Lo show completo. Non ho timore a sostenere che ho la live band migliore in circolazione. Nita Strauss è una chitarrista pazzesca, Ryan Roxie non è da meno. Poi è tutto molto teatrale, con il mio armamentario di costumi, camicia di forza, ghigliottina… Il pubblico vedrà qualcosa di enorme».
In scaletta, oltre alle hit immancabili, c’è spazio per l’ultimo album “Road”?
«Ne faremo un paio, sicuramente “Welcome to the show”. Ma poi giustamente tutti vogliono sentire “I’m eighteen”, “School’s Out”, “Poison” e noi li accontentiamo».
Alcune di queste le ha scritte molti anni fa. Con il tempo hanno cambiato significato?
«L’hard rock ha la fortuna che non cambia con il tempo. Il grunge, il punk, sono legati a delle epoche. Brani miei, degli Aerosmith, Guns N’ Roses, Rolling Stones non vanno mai fuori moda. Possono risuonare in eterno».
La diverte ancora impersonare “the villain”, il malvagio?
«Oh sì, io adoro sempre calarmi nei panni di Alice Cooper. Perché è un personaggio che interpreto, spero non ci siano dubbi. Ogni sera non vedo l’ora di truccarmi, mettermi il costume da Alice e divertirmi a essere lui».
Quando i fan la incontrano e la trattano come un idolo come reagisce?
«Sul palco sono Alice Cooper, ma giù dal palco no. Quindi incontrano una persona, per altro molto abbordabile. Se sono in strada, in un negozio, al ristorante e mi avvicinano per una foto o un autografo io dico sempre sì. Non dico mai di no, davvero. Alice Cooper vive solo durante il concerto, poi cessa di esistere».
Ci rivela una cosa sorprendente?
«Vado a messa tutte le domeniche. Leggo e studio la Bibbia e prego ogni giorno. Insegno anche la lettura della Bibbia. Non credo che il diavolo si sia preso tutta la buona musica. Se la merita anche il Signore. Non sono un rappresentante di Satana, gioco nell’altra squadra. Mio padre, mio suocero, mio nonno: erano tutti pastori».
È stato un pioniere. Chi ha influenzato?
«Dee Snider, i Kiss, David Bowie… non è mai stato un problema, nessuno è stato un nemico: ognuno ha preso spunto da me ma ha inventato il suo personaggio. Oggi Rob Zombie è il mio fratellino e caro amico».
La cosa più folle che ha visto dal palco?
«In estate suonavamo a Dallas, in Texas, c’era anche Ozzy e altre band. 50 mila persone, 40 gradi all’ombra: ogni ragazza era a cavalcioni sulle spalle di un ragazzo. Ma che diamine…».
Il rock può veicolare la rivoluzione?
«Politica e rock’n’roll non vanno assieme. Rispetto Springsteen, Bono, Sting, ma a me non va che una rockstar mi dica per chi votare. Quello che possiamo fare con la musica è portare alla luce le storture del mondo, ma preferisco usare lo humour, la satira piuttosto che sputare sentenze».