“Un’ulteriore prova che dovremmo radere al suolo la civiltà umana”: l’affondo del Guardian contro la serie Netflix sul donatore seriale di sperma

La serie esplora la controversa vita del donatore di sperma che ha generato oltre 1000 figli

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Il solitamente educato Guardian nel recensire The man with 1000 kids ha titolato: “Un’ulteriore prova che dovremmo radere al suolo la civiltà umana”. Già perché nella serie in tre parti in onda su Netflix, con protagonista il donatore di sperma Jonathan Jacob Meijer, l’ex insegnante di scuola superiore, musicista e trader di criptovalute di 42 anni è ritratto come un fanatico determinato a diffondere il suo seme senza limiti quantitativi e morali. In pratica le riceventi sperma, madri di ogni angolo del mondo che dal 2007 hanno avuto un figlio da lui, la maggior parte con una donazione diretta (rapporto sessuale), esprimono in modo veemente la propria rabbia per il raggiro subito.

Le olandesi Natalie e Suzanne, ad esempio, sono una coppia di testimoni intervistate nella docuserie diretta da Josh Allott. Hanno avuto un figlio da Meijer undici anni fa. Ed erano rimaste talmente soddisfatte – Meijer è un ragazzo biondo, muscoloso, aitante e a quanto pare anche un brillante oratore – tanto da far frullare loro in testa l’idea di un secondogenito. Poi una delle due, tre anni fa, legge sul giornale le prime inchieste su un donatore seriale di sperma che sarebbe responsabile di almeno un migliaio di bambini fatti nascere grazie al suo seme tra i Paesi Bassi, gli Stati Uniti, l’Australia, il Messico, la Germania, e perfino l’Ucraina. “Merda!”, pensa tra sé e sé Suzanne guardando la foto a corredo del pezzo e riconoscendo Jonathan. La donna ricorda che Meijer pareva tanto modesto e gentile, intento al massimo, aveva detto lui di “fermarsi a 5 famiglie” a cui donare il suo seme.

Nel documentario si menziona un altro donatore fuori di testa pure lui, tal Leon, che ha generato circa 415 figli. Si dice che abbia segretamente gareggiato con Meijer per vedere chi avrebbe potuto avere il maggior numero di figli. Insomma, dal documentario di Netflix ne esce un essere umano spregiudicato e senza scrupoli attorniato dalle mille preoccupazioni di chi ha avuto un figlio da lui e ora non pensa ad altro che uno di questi ragazzini o ragazzine in futuro si incontri, abbia una relazione senza sapere sostanzialmente, e geneticamente di essere fratello e sorella. Tutte accuse smentite dall’interessato. “Non ho mai avuto l’idea di avere 100 figli o 500 figli”, ha spiegato Meijer in una intervista esclusiva all’Indipendent.

“È successo un passo alla volta. Molti donatori vogliono essere al centro dell’attenzione, ma per me se nessuno sapesse di me sarebbe assolutamente perfetto. Ora sanno di me, quindi voglio spiegare la mia versione dei fatti”. Il viaggio di Meijer per diventare uno dei donatori di sperma più prolifici al mondo è iniziato quando era al college, dove ha iniziato a parlare con un amico che non era in grado di avere figli. “È stata la prima persona a farmi venire in mente l’idea della donazione di sperma”, ha ricordato Meijer. Un anno dopo, nel 2007, all’età di 25 anni, si è iscritto a una banca del seme. “All’inizio è stato davvero fantastico. Sapevo che le persone che avrebbero ricevuto il mio campione sarebbero state super felici e avrebbero creato una famiglia”. Ma a quel punto l’uomo non sembra essere più soddisfatto dell’anonimato, vuole farsi conoscere, entrare in sintonia con le riceventi sperma. Così si iscrive a dei siti web dove si può fare una “donazione privata” e decide che quello era finalmente ciò che voleva. Pubblica annunci con fotografie dove mostra i suoi lunghi capelli biondi, spiegando chi era e le sue motivazioni. Fin dall’inizio, dice, la risposta è stata travolgente. “Dal momento in cui ho pubblicato l’annuncio, un’ora dopo c’erano già quattro o cinque e-mail. Andavo avanti così per tutto il giorno”, spiega.

“La gente pensa che avessi questo piano fin dall’inizio, ma pensavo che forse avrei aiutato una o due persone”. Invece, dice, si è ritrovato a filtrare masse di risposte. “So che la gente pensa che io sia pazzo e che aiuti troppo, ma secondo me sono stato super selettivo”, dice. “La gente non capisce davvero la carenza di donatori”. A quel punto Meijer letteralmente non si ferma più, perché si allarga ben oltre l’Olanda, e soprattutto non è più solo una questione di masturbarsi in salottino e lasciare il proprio sperma in un bicchiere. Meijer funge da vero e proprio toy boy. Abbandona le cliniche private e si dà alla riproduzione artigianale vis a vis: nessuna richiesta di pagamento per carità, ma signore, almeno le spese di vitto e alloggio. Come scrive Independent: “L’inganno di Meijer potrebbe essere seriamente pericoloso a causa dei rischi di disagio psicologico, incesto o consanguineità tra fratellastri che non hanno idea di essere imparentati. Nel 2017, questi timori hanno portato la Società olandese di ostetricia e ginecologia a inserirlo nella lista nera dei donatori dopo aver scoperto che aveva generato almeno 102 bambini tramite più cliniche olandesi. Ciò violava le linee guida nei Paesi Bassi che stabiliscono che i donatori di sperma non devono generare più di 25 bambini. Altri paesi hanno le loro regole: il limite nel Regno Unito è di 10 famiglie (di bambini illimitati), mentre in Germania il limite è di 15 bambini”. Morale della favola? Di fondo Meijer mette a nudo che sul tema donazione di sperma c’è poca o addirittura è nulla la regolamentazione internazionale sul tema.

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