Texas, oltre al petrolio c'è anche l'eolico
Lo Stato americano petrolifero per eccellenza ha scoperto una vocazione «rinnovabile». Qui il solo eolico produce 17 volte più elettricità della California. Le ragioni di un simile sviluppo? Una legislazione che favorisce e accelera i progetti e i profitti facili per i proprietari delle terre su cui si costruiscono gli impianti.
È lo Stato americano che estrae dalla sue viscere più petrolio di tutti, da solo copre il 43 per cento della produzione di greggio degli Stati Uniti. È una terra di cowboy duri e puri, che disprezzano le scelte green dei «fighetti» californiani e odiano il Deep State di Washington, il potere con le sue politiche favorevoli alle energie pulite. È lo Stato dove la figura maschile di riferimento è il ranger calci-e-pugni Chuck Norris e dove i pick-up che superano una Tesla la ricoprono di fumo nero con una bella sgasata. È il Texas. Che, incredibilmente, è diventato anche il campione nazionale delle fonti rinnovabili. «Le mucche adorano le turbine eoliche, ci girano intorno tutto il giorno e seguono le ombre che proiettano» racconta Louis Brooks Jr., gestore dell’omonimo ranch nella contea di Nolan, sperduta nel cuore dello «Stato della stella solitaria». «Ora abbiamo buone strade sulla nostra terra grazie al parco eolico che rendono più facile prenderci cura del bestiame. La mia esperienza con questa industria dell’energia è stata fantastica... Non è perfetta, ma vorrei che qui avessimo ancora più turbine». Parole che farebbero inorridire J.R. Ewing, il cinico petroliere protagonista della serie tv Dallas...
I parchi eolici texani generano ormai circa 17 volte più elettricità di quelli della California. E in marzo, per la prima volta nella sua storia, lo Stato della stella solitaria ha generato più elettricità dal solare che dal carbone. Da quest’anno ha anche superato la California distribuendo con i suoi impianti di grossa taglia 23,6 gigawattora di energia solare contro i 21,2 dello Stato più progressista e ambientalista d’America. Un boom straordinario, verificatosi in un pugno di anni: nel 2019 il Texas poteva contare su poco più di 2 gigawatt di parchi solari su larga scala contro i 13 della California. Oggi, lo Stato guidato dal repubblicano Greg Abbott genera più di un terzo della sua elettricità grazie a centinaia di impianti eolici e solari, di cui alcuni posseduti dalle italiane Enel Green Power e Plenitude (Eni). Ma il record dei cowboy travalica i confini statunitensi: secondo il think-tank energetico Ember, il Texas avrà aggiunto nel 2024 più capacità solare pro capite in un solo anno rispetto a qualsiasi Paese del mondo. La ragione di questa svolta? Money, i soldi.
Ogni resistenza ideologica alle fonti pulite crolla di fronte ai vantaggi economici offerti dalle rinnovabili. I parchi eolici e solari rappresentano infatti una ricca fonte di entrate fiscali e di redditi per le contee e per i proprietari terrieri in tutto il Texas, in particolare nelle zone rurali. Un rapporto realizzato da Joshua Rhodes, esperto di politica energetica e ricercatore presso l’Università del Texas ad Austin, stima che nel corso della sua vita l’attuale sistema di progetti eolici, solari e di stoccaggio dell’energia su larga scala genererà tra i 7,2 e gli 8,8 miliardi di dollari di nuove entrate fiscali per le comunità locali. Un solo parco eolico da 100 megawatt potrebbe rendere dai 16 ai 33 milioni al proprietario terriero, a seconda della durata del contratto e dell’ubicazione nello Stato. Mentre da un impianto solare della stessa taglia, nel tempo in cui resta in attivita, il ranch potrebbe ricavare da 5 a 27 milioni di dollari.
Ma che cosa ha fatto accelerare la corsa del Texas alle rinnovabili, visto che lo Stato gode da sempre di ottima insolazione ed è piazzato nella cosiddetta «cintura del vento»? La risposta è legata all’orgoglioso spirito indipendentista di chi lo abita. Spieghiamo. La rete elettrica dell’area è storicamente una delle meno collegate del Paese e tende a utilizzare soprattutto la produzione interna di elettricità, basata in origine su carbone, nucleare e gas. Eventi meteorologici estremi hanno però messo in crisi tale modello: le tempeste invernali del 2011 e 2021 hanno congelato i gasdotti e interrotto l’attività delle centrali a combustibili fossili, provocando la morte di centina di persone. Da notare che, durante la crisi energetica del 2021, Abbott ha criticato le rinnovabili, attribuendo a queste ultime parte della colpa per i blackout. Salvo poi dover fare retromarcia... Inoltre, negli ultimi anni le frequenti ondate di caldo, compresa l’ultima del 2023, hanno messo a dura prova la produzione di elettricità a fronte di un’impennata di richiesta per il funzionamento dei condizionatori d’aria. In questi casi, invece, gli impianti eolici e solare hanno lavorato senza problemi.
Ecco che la Ercot (Electric Reliability Council of Texas), società che gestisce la rete elettrica, ha investito in nuove linee di trasmissione per unire meglio la ventosa metà occidentale dello Stato all’est molto più popolato. Negli ultimi 12 anni sono state posate 3.600 miglia di cavi ad alta tensione per una spesa di quasi sette miliardi di dollari. Spesa compensata dal minor costo dell’energia verde: secondo uno studio dell’Università del Texas, grazie agli impianti di rinnovabili, nell’ultimo decennio lo Stato ha risparmiato 12 miliardi di costi energetici. Inoltre a facilitare la costruzione di impianti green è una legislazione estremamente semplice: ottenere l’autorizzazione, realizzare il parco e collegarsi alla rete richiede circa la metà del tempo rispetto agli altri Stati americani. Tanto che la Federal Energy Regulatory Commission degli Stati Uniti sta cercando di seguire un approccio simile per accelerare la transizione a livello nazionale.
E la ciliegina sulla torta è stata l’Ira (Inflation Reduction Act), la legge sulla riduzione dell’inflazione dell’amministrazione Biden che con i suoi incentivi per l’energia verde sta regalando al Texas miliardi di risparmi fiscali legati ai parchi eolici e solari. La cavalcata delle rinnovabili in Texas non è tuttavia priva di ostacoli. I politici locali hanno in diversi casi cercato di bloccare nuovi parchi eolici e solari, ma per ora i tribunali statali si sono schierati con gli sviluppatori di impianti verdi. E all’orizzonte si staglia la minaccia di altri blackout, che potranno essere scongiurati solo costruendo nuove centrali: nella testimonianza del 12 giugno scorso davanti alla commissione per l’energia e il commercio del Senato texano, il ceo di Ercot Pablo Vegas ha spiegato che la precedente stima dell’agenzia secondo cui la capacità di generazione della rete avrebbe bisogno di espandersi dai suoi attuali 85 gigawatt a 110 gigawatt entro il 2030 è stata rivista. Per tenere conto delle richieste aggiuntive dell’Intelligenza artificiale e delle operazioni di «estrazione» dei Bitcoin, la rete del Texas dovrà espandersi di circa il 75 per cento a ben 150 giga nei prossimi sei anni. E vento e sole forse non basteranno.