Ambiente, la scrittrice francese Fatima Ouassak: “Non esiste ecologia senza lotta antirazzista”
“Siamo d’accordo nel risolvere il problema climatico, ma dal punto di vista e nell’interesse di chi? È l’umanità che vogliamo salvare, o solo la sua frazione bianca e ricca? E quale ecologia vogliamo, quella compatibile con il sistema coloniale capitalista o quella che vuole l’emancipazione anche dei non bianchi, musulmani, migranti?”. Fatima Ouassak, di cui è uscito in Italia il libro Per una ecologia Pirata… e saremo liberi! (Tamu edizioni) è una politologa e militante ecologista, femminista e antirazzista. È co-fondatrice del Front de mères, un’unione di genitori francesi – oggi presente anche in Belgio, Francia e Lussemburgo – che conduce lotta contro la violenza della polizia, la discriminazione razzista a scuola, le conseguenze del cambiamento climatico. Ed è anche co-fondatrice di Verdragon, la prima casa dell’ecologia popolare fondata nel 2021 in Francia, a Bagnolet, casa “che abbiamo dovuto difendere sia dalla sinistra locale che dall’estrema destra”.
Lei sostiene che solo a partire dai quartieri oppressi si può organizzare un progetto ecologico rivoluzionario. Può spiegarci meglio?
Dobbiamo fare il punto sull’intreccio tra il sistema capitalista e il sistema coloniale. Non possiamo immaginare la lotta ambientalista se non immaginiamo, allo stesso tempo, una lotta antirazzista e internazionalista. Ciò che meglio definisce la condizione delle popolazioni razzializzate che vivono in Europa è il fatto di essere doppiamente private di terra: non vengono più da “laggiù”, non sono considerate neanche “da qui”. Vedo uno stretto legame tra le devastazioni della terra – in particolare quella “underground”, quella dei quartieri popolari dove si concentrano svincoli autostradali, centri commerciali, data center, parcheggi, ecc. – e il modo in cui trattiamo la popolazione che la abita. Non possiamo chiedere agli abitanti dei quartieri popolari di impegnarsi contro ciò che qui distrugge la terra e, allo stesso tempo, ricordare loro costantemente che lì non sono a casa loro. Di nuovo: non siamo nella posizione di proteggere una terra in pericolo dove noi stessi siamo schiacciati e sotto controllo permanente, dove non abbiamo il potere di cambiare le cose.
Qual è la differenza tra l’ecologia neoliberista bianca e borghese, interessata a adattamento e conservazione, e l’ecologia popolare non bianca, interessata alla liberazione?
Da un lato, l’ecologia maggioritaria esprime chiaramente la preoccupazione per il cambiamento: “Vogliamo che i nostri figli abbiano la nostra stessa vita”. Il progetto ecologico maggioritario cercherà di garantire il mantenimento, per quanto possibile, di un certo livello di comfort. Mangia bene, vivi a lungo e in buona salute, in grandi case, muoviti liberamente per il mondo, viaggia, sii libero di esprimerti o manifestare, contemplare la natura, sii felice. Questo progetto ecologico è perfettamente compatibile con il sistema coloniale-capitalista. Testimonia una relativa indifferenza verso il destino del resto degli esseri viventi e degli esseri umani (malgrado la mobilitazione ipocrita dei grandi discorsi universali su “il Pianeta”, “l’Umanità”, “la Biodiversità”, “i Viventi”…). Se si tratta di radicalismo, di rottura, anche di rivoluzione, non mette mai realmente in discussione il sistema di dominazione razziale e coloniale. E non corrisponde in alcun modo alle aspirazioni di cambiamento delle classi lavoratrici, dove la preoccupazione è piuttosto che nulla cambi: “Non vogliamo che i nostri figli abbiano la stessa nostra vita”.
Perché l’ecologia non può essere “neutra” rispetto ai valori?
Oggi in Europa gli ecologisti agiscono come se fosse sufficiente mettere in movimento i dati scientifici, dall’alto verso il basso, dagli esperti alle popolazioni. Sventoliamo i riassunti dell’IPCC e avvertiamo: “Presto, ci restano solo tre anni per agire!”. Tuttavia, l’ecologia può essere fascista, reazionaria, sessista, transfobica. Nel campo ecologico troviamo sia il peggio che il meglio. Ecco perché accontentarsi del termine “ecologia” per delineare un progetto politico non basta. È necessario specificare la natura del progetto ecologico.
Nel libro parla anche dei gravi rischi nel caso in cui la destra avesse vinto le elezioni in Francia.
L’estrema destra francese difende un progetto politico chiaro e assertivo, con una dimensione ecologica sempre più importante, soprattutto intorno alla terra: l’estrema destra parla di espropriazione della terra, in particolare a causa del “grande ricambio” dell’Europa bianca e cristiana, invasa da una popolazione non bianca e musulmana che fuggirà sempre più. Allo stesso tempo, l’estrema destra parla della necessità di riprendersi la terra, in particolare attraverso una politica di “remigrazione”, che consiste nel rimandare queste popolazioni pericolose in Africa e Asia. L’estrema destra parla di clima in relazione alla demografia, alla migrazione e alla questione razziale e di civiltà. Questo progetto razzista è tanto più preoccupante perché, rispetto ad esso, non esiste un progetto ecologico antirazzista che affronti le stesse questioni. Cosa accadrà ai “senza terra” nei quartieri operai quando l’Europa resterà senza aria, acqua e spazio e l’estrema destra tornerà alla sua ossessione per lo spazio vitale?
Lei rivendica la necessità di una “ecologia pirata”: in cosa consiste?
Una certezza: in Europa solo un progetto di liberazione dal sistema coloniale-capitalista potrà contribuire a risolvere il problema del riscaldamento globale. E questo progetto di liberazione è un’ecologia “pirata”, che ha i piedi ancorati nei quartieri operai d’Europa e i suoi occhi rivolti all’Africa.
Arriva a teorizzare una sorta di “secessione”.
“Secession” è un progetto ambientalista radicale, che mira all’autorganizzazione e all’autogestione territoriale. Si tratta di un orizzonte politico: in quale società, dandole un nome che non inizi con “anti”, aspiriamo a far crescere i nostri figli, senza distinzione di razza, di classe, di genere e di religione, affinché possano essere liberi, felici e rispettati nella loro pari dignità? Per il momento è un’utopia, ma penso che sia un’utopia realizzabile se un numero sufficiente di persone in Europa ci lavorasse.
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