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Июль
2024

A Padova raccolte 1.500 firme per avere più consultori: «Servizio essenziale per i cittadini»

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Secondo i Lea – livelli essenziali di assistenza, divenuti famosi grazie al dibattito sull’Autonomia differenziata – dovrebbe esserci un consultorio ogni 20 mila abitanti. Il Veneto ne dichiara uno ogni 35 mila abitanti. Ma se si guarda al territorio dell’Usl6 Euganea il rapporto è un consultorio ogni 52 mila abitanti. A farne le spese sono i cittadini: il consultori sono punti di riferimento per la contraccezione, le gravidanze (anche quelle indesiderate), l’assistenza psicologica, la prevenzione, la sessualità e il benessere della coppia.

Per questo è nata “Consultiamo”, un’iniziativa di alcune associazioni – Padova Donne, Centro veneto Progetti donna, La casa delle donne, Udi di Cadoneghe, Gruppo consultorio di Coalizione civica – che hanno prima scritto al direttore generale dell’Usl 6 Paolo Fortuna e alla direttrice dei servizi socio sanitari Maria Chiara Corti per capire cosa stesse accadendo e poi, quando non hanno ricevuto nemmeno una risposta, hanno deciso di raccogliere le firme per sottolineare il depotenziamento dei consultori: in un mese hanno raccolto 1.500 firme.

La realtà padovana

Con 210 mila abitanti il Comune di Padova dovrebbe avere, secondo il Lea, ma anche secondo il decreto ministeriale del 2022, 10 consultori. Invece ne sono attivi solo quattro: via Scrovegni in centro storico; via Piovese a Voltabarozzo; via Temanza all’Arcella; e via Dal Piaz a Chiesanuova. Ci sono interi quartieri che ne sono sprovvisti, come tutta l’area sud della città, tra la Guizza, Paltana e Voltabrusegana.

Le criticità evidenziate

«Le risorse umane – riferiscono le attiviste di Padova Donne, intenzionate ad andare fino in fondo alla questione – sono assegnate su progetti e questo comporta un problema di organico. Facciamo qualche esempio: su 49 psicologi nei consultori di tutta l’Usl 6 metà sono a progetto; inoltre gli psicologi presenti dedicano il 90% del lavoro alle relazioni obbligatorie per il tribunale. Mentre i ginecologi devono dare priorità alle prestazioni ginecologiche remunerative: pap test, controlli ginecologici di routine. Infatti si accede solo su appuntamento e l’attesa è di circa due mesi». A Cadoneghe il consultorio è stato così depotenziato che c’è solo un assistente sociale, non ci sono più ostetriche, psicologi o ginecologi a tempo pieno.

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Violenza contro le donne

Il centro Veneto Donna, che è il riferimento anti-violenza della provincia euganea, dal 2005 dovrebbe poter contare su un protocollo relativo all’assistenza sociale (non sanitaria) delle donne grazie ai consultori. Ma troppo spesso quello che accade va esattamente nella direzione opposta: «Le donne che si sono rivolte ai consultori ci riferiscono di processi di vittimizzazione secondaria e obbligo alla mediazione familiare per le vittime».

Legge 405 del 1975

«Sembrano lontanissimi i tempi di una legge all’avanguardia, che metteva a disposizione della donna e della coppia un’équipe di professionisti – sottolinea Alessandra Brotto, presidentessa di Padova Donne – Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito alla chiusura dei consultori e alla riduzione del personale, senza sostituzione dei pensionamenti; limitazione per fasce di età e la legittimazione dell’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori. Abbiamo scritto all’Usl 6 Euganea per chiedere quali siano le intenzioni future, ma non abbiamo ricevuto nessun tipo di riscontro. Per questo, con altre associazioni che si impegnano sul territorio, abbiamo lanciato la campagna di sensibilizzazione». Le 1.500 firme raccolte in circa un mese testimoniano quanto sia alta l’attenzione su questi problemi.

Le storie

«Sono una malata oncologica – racconta una signora over 65 – mi rivolgevo al Consultorio per assistenza psicologica, quando ho saputo che, per superati limiti di età, venivo sbattuta fuori, mi sono seduta a terra e mi sono messa a piangere». Ma anche i giovanissimi consideravano i consultori come punti di riferimento per la contraccezione, per domandare aiuto per abuso di alcool e disagi. «Le risorse destinate alla scuola – sottolinea Mariangela Zanni, del Centro Donne – Sono 4 ore all’anno, solo per le scuole superiori, divise in due ore di ginecologia e due di affettività».

La politica

«I dati rispetto ai consultori sono allarmanti – commenta Elena Ostanel, consigliera regionale del Veneto che Vogliamo – Solo nella Uls 6 più del 50% delle donne accede ai consultori per preconcezione, gravidanza e post partum. Se non li sosteniamo però i consultori sono destinati a scomparire. Un altro capitolo da non sottovalutare è quello sull’interruzione volontaria di gravidanza, è inaccettabile farci entrare i pro-vita, come ha voluto autorizzare il governo».

«In questa partita manca la politica e l’iniziativa dal basso ne è la prova – aggiunge Etta Andreella, consigliera comunale Pd – La Regione racconta cose che non si realizzano mai: le case di comunità, i consorzi tra medici, i consultori, ma poi non ci sono né soldi né volontà per fare le cose».




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