Sovraffollamento, igiene e alte temperature: il carcere di Trieste al collasso
TRIESTE Celle sovraffollate, con persone costrette a dormire a terra, e con le braccia e le gambe che portano i segni dei morsi delle cimici dei letti. I detenuti del carcere del Coroneo stanno vivendo una condizione che di umano ha ben poco e che Il Piccolo aveva sollevato pochi giorni fa.
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Situazione oltre il limite
Le testimonianze arrivate al nostro quotidiano avevano fatto emergere una situazione oltre il limite. Il caldo torrido di questi ultimi giorni non può che aver ulteriormente esasperato gli animi e le convivenza, tra l’altro già complessa. Nelle ultime settimane, a fronte di una capienza fissata a 150 posti, a sopravvivere nelle celle della casa circondariale Ernesto Mari ci sono infatti oltre 250 persone.
La situazione più pesante è quella della sezione maschile, senza contare che tra le persone detenute, come denunciato di recente anche dal sindacato Sappe, ce ne sono alcune con problemi psichici, quindi di difficile gestione. Ancor di più se le condizioni di vita esasperano gli animi.
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Capienza inadeguata
La direzione del carcere non ha mai nascosto le difficoltà, non si è mai tirata indietro nel denunciare come quella struttura non sia adeguata a contenere così tanta gente. «Il carcere di Trieste non è in grado di accogliere tutte queste persone. Abbiamo calpestato la dignità umana», commenta la Garante comunale dei diritti dei detenuti Elisabetta Burla, che testimonia «di celle da 8 metri quadrati, con wc a vista, dove sono costrette a vivere due persone». Una situazione, quest’ultima, alla quale la direzione ha cercato di porre rimedio sistemando tende e paraventi.
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I morsi delle cimici
Gli avvocati, così come i famigliari che vanno a colloquio con le persone recluse, raccontano di persone provate dalle condizioni della struttura, che presentano, come dicevamo, i segni inequivocabili dei morsi delle cimici dei letti sul corpo.
L’infestazione di questi insetti, che si annidano tra i materassi, i cuscini, le lenzuola, le coperte, i vestiti è difficile da debellare. Servirebbe un massiccio intervento, impossibile da eseguire in una struttura sovraffollata, dove non entra più neppure uno spillo e dove è impensabile chiudere per un paio di giorni alcuni spazi.
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Caldo torrido e celle aperte
Il caldo torrido, difficile da sopportare persino per chi è sereno e beato sotto la pineta di Barcola, ha certamente trasformato le celle del Coroneo in un inferno.
Da alcuni anni in molte delle strutture carcerarie italiane è attivo il sistema delle celle aperte. Una soluzione per far fronte al sovraffollamento, e che permette – salvo casi particolari – di lasciare che le persone detenute durante il giorno si muovano negli spazi comuni. Un modo per decongestionare la situazione, adottata da tempo anche al Coroneo, dove nei corridoi un sistema di areazione rinfresca almeno un po’ l’aria. Nelle celle, invece, c’è in dotazione solo un ventilatore, che deve soddisfare le esigenze di tutti.
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Un urlo di dolore
«Riconosco che la direzione e la Polizia penitenziaria stiano facendo ogni sforzo possibile per gestire una situazione così critica – constata Burla – anche concedendo telefonate giornaliere».
Sabina Della Putta, presidente della Camera penale di Trieste aveva sollevato il rischio che «condizioni simili incattiviscono le persone, fanno perdere la fiducia». All’urlo di dolore, nei giorni scorsi aveva risposto un benefattore triestino, che a breve farà arrivare al Coroneo materassi e cuscini nuovi. Uno dei pochi gesti di umanità arrivati alle persone dietro a quelle celle. —
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