Tutti i giornali del presidente: dalla negazione alla rassegnazione, ecco chi ha dovuto ricredersi sui dubbi legati alla salute di Biden
In molte redazioni italiane e internazionali, il disastroso confronto tv tra Joe Biden e Donald Trump deve essere stato come un’improvvisa scarica elettrica ad alto voltaggio, lo schiaffo in faccia che ti sveglia da uno stato di inguaribile torpore. Fino alla notte del 28 giugno, le notizie, le indiscrezioni rivelate anche da uomini vicini al presidente e i video imbarazzanti erano stati bollati come fake news messe in giro dalla propaganda repubblicana o russa. Sul fatto che sia Mosca sia i canali che ruotano intorno a Donald Trump stiano divulgando notizie false per indebolire il candidato democratico non c’è alcun dubbio, ma altrettanto lontani dalla realtà erano i tentativi di una parte della stampa di nascondere o minimizzare quello che stava diventando il principale tema della campagna elettorale americana: le capacità cognitive del presidente degli Stati Uniti d’America.
Il Domani, da capo dei debunker a osservatore del declino di Biden
La capriola più acrobatica, in questo senso, è senza dubbio quella del Domani. Perché il 18 giugno, dieci giorni prima del disastro televisivo, aveva ben pensato di scrivere un lungo articolo in cui si elencavano una serie di episodi di cui si era parlato nei giorni precedenti in relazione alle difficoltà del presidente qui bollate come “fake a basso costo” messe in circolazione dai Repubblicani. Uno dei video citati è quello ormai celebre di Biden che, mentre i leader del G7 presenti a Borgo Egnazia applaudivano l’esibizione dei paracadutisti, si volta e saluta alle sue spalle. Nei tagli sui social sembrava che il capo della Casa Bianca si rivolgesse a dei soggetti immaginari, in realtà dietro di lui si trovavano altri militari intenti a ripiegare i loro paracadute. Ciò che però Domani non prende in considerazione nella sua analisi è che il presidente si stacchi dal gruppo e lentamente si rivolga ad altre persone mentre tutti i leader rimangono uniti ad assistere alla fine dell’esibizione. Indicativa è anche la reazione degli altri capi di Stato e di governo, con Giorgia Meloni che lo prende per un braccio riportandolo in posizione e gli altri che si compattano intorno a lui per evitare ulteriori imbarazzi. Un articolo poi rimbalzato sui social e oggetto anche di dirette di diversi giornalisti e autoproclamati debunker.
Si tratta solo di un esempio, ma di dirette video nelle quali Biden rimane bloccato in attesa che qualcuno lo aiuti a scendere da un palco, nelle quali appare disorientato o pronuncia frasi sconnesse sbagliando nomi e termini è ormai pieno il web. E non si tratta solo di accanimento dell’opposizione repubblicana o di propaganda russa: la salute mentale del presidente è un tema centrale ormai da mesi. È servito il confronto tv del 28 giugno a far cambiare posizione al giornale di De Benedetti: da quel giorno, se si scorrono gli articoli sul tema, si trovano pezzi che affrontano il tema di un ritiro in corsa del presidente. Ce n’è addirittura uno del 10 luglio, un focus sugli uomini più vicini al presidente, definiti “la setta che lo protegge“, “un gruppo di consiglieri che ha creato una realtà parallela in cui il presidente ha tutto sotto controllo”. E del consigliere Ron Klain si scrive che “per due anni è stato capo di gabinetto del presidente e più di ogni altro ha potuto toccare con mano il declino cognitivo del presidente e adesso tace, cercando di trovare un modo per cavare fuori i dem da questa impasse”. Un bel cambio di postura.
Il Foglio, che fa le pulci a Trump e ignora le crisi di Biden
Il Foglio, che più volte sulle sue pagine ha lanciato l’allarme sui pericoli legati a un ritorno di Trump alla Casa Bianca, si è ben guardato dal trattare il tema della salute mentale prima del 28 giugno. Lo ha fatto solo una volta, ma con lo scopo di sottolineare che se di problemi cognitivi si doveva parlare, lo si doveva fare soprattutto in relazione al tycoon. In quell’articolo del 15 giugno, intitolato Trump delira su squali e barche, ma certo, il rimbambito è Biden, il giornale sottolinea gli interventi strampalati, privi di senso e infarciti di propaganda del candidato repubblicano. Tutto legittimo, ma il tentativo, come si evince dal titolo e dalla contrapposizione tra i due evidenziata nel testo, è quello di sottolineare come, in fondo, il problema riguardi più il frontman repubblicano.
Da come i due mondi, quello repubblicano e quello democratico, stanno gestendo la questione, non sembra però essere così. E se ne è accorto pure il Foglio, alla fine. Mentre il 6 giugno veniva citato il “roccioso discorso di Biden per il D-Day” e il 15 giugno, come detto, si evidenziavano gli strafalcioni di Trump, il 28 giugno è l’ex direttore Giuliano Ferrara a gettare la maschera con un pezzo dal titolo che sembra quasi un appello: Solo Michelle Obama ci salverà. E il testo è altrettanto esplicito: “Biden doveva provarci, ma ora è urgente il cambio di cavallo e l’investitura di una donna universalmente conosciuta che può scatenare una riscossa di cui l’America e il mondo hanno bisogno”. Un’urgenza, quella evidenziata da Ferrara, arrivata proprio all’improvviso.
Repubblica, tra Riotta e quei repubblicani del Wsj
Repubblica fa ancora meglio. A scrivere alcuni articoli sul tema è Gianni Riotta che ormai abbiamo conosciuto nelle vesti di colui che stila blacklist di persone che criticano il (suo) pensiero comune additandole come filo-qualcosa. Con Biden la firma del quotidiano fondato da Scalfari, però, non usa lo stesso rigore. Fino al 28 giugno praticamente non tratta il tema, già ampiamente discusso su tutti i media internazionali, della salute mentale del presidente. Nemmeno il 23 giugno, nell’articolo con il quale presenta lo scontro tv che, raccontavano tutti i giornali, era soprattutto un importante stress test per l’inquilino della Casa Bianca, si pone mai il problema delle capacità cognitive di Biden. Mette in fila una lunga lista di punti e strategie di entrambi i candidati, ma la questione della salute mentale non compare. Spulciando sui suoi social, però, si trova un repost che ha l’ambizione di smentire le difficoltà di Biden nel corso della dimostrazione coi paracadutisti dell’Esercito al G7 e un altro in cui effettivamente si tratta il tema delle difficoltà cognitive. Ma sono quelle di Donald Trump. Dopo il 28 giugno, è calato di nuovo il silenzio.
Ma il colpo di classe Repubblica lo mette a segno quando è chiamata a citare un articolo del Wall Street Journal, testata americana non certo imputabile di legami con la Russia, dato che un suo reporter si trova al momento nelle carceri del regime di Putin con l’accusa di spionaggio. Nel pezzo vengono raccolte le testimonianze di 45 persone che hanno assistito personalmente a incontri riservati, o ne sono state messe a conoscenza, con Biden. Il racconto che ne viene fuori è quello di un uomo stanco, che spesso si isola, si distrae, come se fosse in un mondo tutto suo, che cede alla stanchezza dell’età e al sonno già dal primo pomeriggio. E Repubblica titola così: “Biden? Non è più la stessa persona”. Smemorato e stanco, sul Wall Street Journal l’attacco dei repubblicani. Cita le parole di alcuni esponenti del Gop che testimoniano di aver assistito a scene del genere. Ciò che non dice, e che nell’articolo del Wsj è però precisato, è che non si tratta di un attacco dei Repubblicani: “Questo articolo – spiega il quotidiano americano – si basa su interviste con oltre 45 persone nell’arco di diversi mesi. Le interviste sono state con repubblicani e democratici che hanno partecipato a incontri con Biden o ne sono stati informati, inclusi funzionari dell’amministrazione e altri democratici che non hanno trovato difetti nella gestione degli incontri da parte del presidente. La maggior parte di coloro che hanno affermato che Biden ha avuto una prestazione scadente erano repubblicani, ma alcuni democratici hanno dichiarato che ha mostrato la sua anzianità in diversi scambi”.
Iacoboni fedele alla linea
Infine, c’è un giornalista che ha avuto il coraggio di rimanere fedele a se stesso e alle sue convinzioni, Jacopo Iacoboni de La Stampa. Non sono bastati i video imbarazzanti e le gaffe, non è bastato il confronto tv con Trump, dal quale Biden è uscito, per sua stessa ammissione, penalizzato. Nemmeno la decisione di molti membri del Congresso democratici di chiedere pubblicamente un passo indietro al presidente e il congelamento dei finanziamenti da parte di tantissimi donatori, compreso il fedele George Clooney. No, per Iacoboni quello della salute mentale di Biden è un non-problema, come ha scritto su X: “La storia di Biden rimbambito è propaganda russa assecondata stolidamente in Occidente. Biden ha problemi e è vecchio, certo. Forse sarebbe stato meglio uno più giovane. Ma è stato (è) un grande presidente americano, il resto sono operazioni ibride contro l’Europa e l’America”.
L'articolo Tutti i giornali del presidente: dalla negazione alla rassegnazione, ecco chi ha dovuto ricredersi sui dubbi legati alla salute di Biden proviene da Il Fatto Quotidiano.