In cucina o nella logistica: per otto detenuti di Pavia e Voghera una seconda chance con il lavoro
VOGHERA. È una goccia nell’oceano, ma è qualcosa. Perché avere un lavoro, imparare una professione, può essere tutto per chi ha sbagliato, sta scontando una pena e cerca una seconda possibilità. Per reintegrarsi nella società, per un nuovo inizio. L’occasione, per quattro detenuti del carcere di Voghera, si è concretizzata ai fornelli e tra i tavoli dei McDonald’s gestiti da Looping Srl di Fabio Calabrese tra Stradella, Montebello e Voghera. A marzo hanno firmato il contratto da “banconieri di tavola calda”, contratto collettivo nazionale “Turismo e pubblici esercizi”. «Siamo molto soddisfatti di loro e del progetto», spiega Calabrese. Altri quattro detenuti sono stati assunti negli stabilimenti di Fiege Logistics a Stradella e, anche lì, la soddisfazione è palpabile: per tutte e tutti.
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Una seconda chance
Looping gestisce sette ristoranti della catena statunitense nelle province di Piacenza e Pavia e impiega circa 270 persone di 20 nazionalità diverse. «Ho sentito parlare del progetto Seconda Chance - spiega Calabrese - e delle possibilità di reinserimento dei detenuti. Mi ha incuriosito, ho preso contatti con l’associazione e velocemente è stato organizzato un incontro con il direttore del carcere di Voghera e le educatrici».
Seconda Chance è un’associazione fondata nel 2022 da Flavia Filippi, giornalista di La7 che fa da ponte tra carceri e imprese per agevolare il reinserimento in società. Per la Costituzione italiana, infatti, la pena ha una funzione rieducativa: l’obiettivo non è sbattere qualcuno in una cella e buttare via la chiave, ma provare a recuperare chi ha commesso un reato, tramite percorsi che permettano di cambiare vita. Strade difficili, fatte anche di lavoro. Lo Stato ha dunque ideato strumenti per favorire l’attività lavorativa dei carcerati con la legge Smuraglia. che prevede anche sgravi contributivi e fiscali per le imprese o cooperative che li assumono.
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I colloqui in carcere
Il primo passo sono stati i colloqui in carcere. «A metà marzo abbiamo avuto il primo contatto e poco dopo abbiamo iniziato la selezione - spiega Calabrese - . Abbiamo trovato persone molto motivate, umili, con tanta voglia di mettersi in discussione e rimettersi in gioco». «Varcare la soglia del carcere, sentire i cancelli chiudersi è stato difficile - spiega Maria Antonietta Vommaro, risorse umane -. Ma ai colloqui ho trovato persone aperte al lavoro, disponibili e per un attimo ho dimenticato dove ci trovassimo. Una voglia di riscatto che mi ha colpita». L’iter, d’altra parte, spiega Vommaro, non è stato più complicato del solito, nonostante la necessità di stilare una convenzione tra il carcere e l’azienda. I quattro assunti hanno un’età compresa tra i 30 e i 55 anni, sono operativi con turni fissi per rispondere ad alcune condizioni burocratiche. Uno, a luglio, finirà di scontare la pena: «Ci ha chiesto di assumerlo, noi siamo disponibili », spiega Calabrese. I quattro, infatti, si sono integrati benissimo col resto del personale: «Era la mia preoccupazione, all’inizio - conferma l’imprenditore -. Dopo averli conosciuti, i dubbi sono svaniti. Coi dipendenti abbiamo mantenuto la massima trasparenza, fatto due riunioni e gli assunti hanno mostrato correttezza, collaborazione e disponibilità».
Inclusione nel dna
Ma quali sono i vantaggi, per l’impresa? «La possibilità di reperire risorse motivate - spiega Calabrese -. E poi l’inclusione fa parte del nostro Dna come McDonald’s: nessuna barriera di genere, provenienza, religione, qui bastano voglia e capacità di lavorare e di mettersi in gioco. Un magistrato permette a queste persone di uscire dal carcere per lavorare: noi le valutiamo per quel che fanno sul lavoro».
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