Sciopero alle Ferriere Nord dopo un infortunio sul lavoro: adesione al 40 per cento
OSOPPO. Meno della metà dei lavoratori delle Ferriere Nord ha aderito, nella giornata di venerdì 12 luglio, allo sciopero proclamato da Fim Cisl e Fiom Cgil.
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Stando a una prima stima delle rappresentanze sindacali a incrociare le braccia, dopo l’infortunio sul lavoro che giovedì è costato a un 30enne di Trasaghis ustioni di secondo e terzo grado a braccia e torace, è stato circa il 40% dei lavoratori a libro paga dell’azienda. Non una sorpresa, va detto.
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Le azioni di protesta indette all’interno della realtà siderurgica di Osoppo non hanno mai raccolto grandi numeri. Ne avevano consapevolezza già alla vigilia i sindacati che tuttavia hanno ritenuto necessario mandare un segnale forte: «Lo sciopero voleva essere un messaggio chiaro e inequivocabile del fatto che così non si può andare avanti» hanno detto David Bassi (Fiom Cgil Udine) e Fabiano Venuti (Fim Cisl Fvg) durante il presidio fuori dall’azienda che ha visto radunata una piccola rappresentanza di lavoratori fuori dai cancelli dello stabilimento durante il primo turno, dalle 5 alle 8, e poi appena prima dell’inizio del secondo, dalle 13 alle 14.
«Ora – proseguono Bassi e Venuti – chiederemo a Confindustria un incontro con l’azienda per approfondire le dinamiche dell’infortunio e le procedure di primo soccorso che sono state messe in atto».
L’incidente si era verificato nella mattinata di giovedì 11 luglio, all’interno dell’acciaieria. Per cause ancora in fase di accertamento un dipendente è stato colpito da uno schizzo di acciaio liquido a braccia e torace. Il materiale rovente ha fatto sì che la tuta indossata dal dipendente gli si incollasse alla pelle causandoli importanti ustioni, di secondo e terzo grado, per le quali l’uomo – come detto un giovane 30enne di Alesso di Trasaghis – è ricoverato all’ospedale di Udine nel reparto di chirurgia plastica.
Da qui i sindacati intendono avviare l’interlocuzione con l’azienda, ma l’ambizione è quella di andare oltre, di costruire un modello da esportare per la sicurezza e il benessere dei lavoratori. «Pittini ha saputo interpretare meglio di chiunque altro il motto del post terremoto: prima le fabbriche, poi le case poi le chiese. Per il Friuli è stata un faro di speranza, la dimostrazione che la ripartenza si poteva attuare. Oggi, a 50 anni dal sisma, dopo una tremenda pandemia, abbiamo ancora una volta la necessità di ripartire e di farlo dal tema della sicurezza. Noi ci mettiamo in gioco – ha detto Venuti – e tendiamo una mano all’azienda per confrontarsi con noi al fine di creare un modello che possa essere preso a riferimento per la tutela della salute».
Allo sciopero non ha aderito la Uilm Uil, «non avendo – ha spiegato il segretario di Udine, Giorgio Spelat– ancora elementi e certezze né sull’accaduto e tanto meno sulle condizioni del lavoratore, ma bensì di richiedere all’azienda un tavolo permanente in materia di sicurezza».