Il Veneto vuole le tasse: un’agenzia regionale per la riscossione tra le richiesta a Meloni
Una maggiore autonomia sulla gestione delle entrate, della spesa tributaria e della riscossione. Il Veneto vorrebbe creare una sua società di riscossione, trattenendo direttamente le risorse che spettano.
È una delle istanze contenute nella lettera inviata a tempo di record dal governatore Luca Zaia e indirizzata al governo Meloni.
Insomma, una soluzione che ricalca in buona parte lo schema in vigore nelle regioni a statuto speciale, come per esempio la Sicilia o la Sardegna.
La scelta di Zaia parte da un assunto: il contributo netto del Veneto in termini di solidarietà verso gli altri territori regionali è pari a circa 20 miliardi annui, cioè 4 mila euro per abitante, in media nel periodo 2016-2020. Tale contributo è pari al 12,3% del Pil del Veneto.
Dunque è questo progetto del presidente veneto a mettere in allarme ministri meloniani del calibro di Nello Musumeci, Adolfo Urso e Francesco Lollobrigida. Proprio Nello Musumeci aveva giudicato assolutamente precoce la richiesta di Zaia sulle 9 materie non sottoposte a Lep, suscitando l’indignazione del governatore della Regione Veneto, sicuro di aver solamente applicato una legge approvata dallo Stato.
Nasce da questa preoccupazione dei ministri di FdI la proposta di istituire un tavolo di “coordinamento sull’autonomia” a Palazzo Chigi, con i governatori di centrodestra pronti a chiedere competenze: oltre a Zaia ci sono anche Attilio Fontana per la Lombardia e Roberto Cirio dal Piemonte.
Dietro alla lettera inviata dal Veneto per avviare la cessione delle nove materie non Lep (tra i quali giudici di pace, commercio estero, protezione civile, tributi, ordini professionali, rapporti Ue), Zaia ha già pronti dossier curati con un pool di esperti costituzionalisti e il parere della consulta regionale.
Per quel che riguarda la Protezione civile (di cui proprio Musumeci è ministro): il primo obiettivo di Zaia è quello di avere competenze sulla gestione emergenziale, con la possibilità di emettere lui stesso ordinanze in materia, senza passare dal via libera di Roma. Questa competenza potrebbe essere ceduta senza aggravio di costi: la contropartita sarebbe però una perdita di ruolo politico per il ministro in questione.
Zaia nella lista dei desideri ha messo competenze che attualmente afferiscono al ministero del Made in Italy di Adolfo Urso e pure dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida. C’è la promozione all’estero di aziende e prodotti veneti ma il governatore chiede anche funzioni in materia di commercio estero e accordi con Paesi esteri, per contrattare direttamente la partecipazione della Regione Veneto a fiere internazionali tematiche, sempre in raccordo con i ministeri competenti, ma con una certa autonomia di rapporti.
Restando in tema di commercio, un’altra funzione che ha chiesto Zaia è quella di poter avviare accordi con Paesi transfrontalieri, come Slovenia e Austria, per commercializzare prodotti e definire i controlli.
Sempre sul fronte dell’Autonomia, venerdì 12 luglio si è fatta sentire anche la Federazione degli Ordini dei medici, invocando «una norma che rafforzi il ruolo del ministero della Salute proprio per bilanciare le istanze dell’Autonomia con la garanzia uniforme della qualità e della competenza».
«Il governo, impegnato nell’attuazione delle nuove disposizioni di legge, ascolti il Paese che chiede che il rinnovamento si accompagni a certezze e a sicurezza sociale, evitando il rischio di un'ulteriore deriva del nostro servizio sanitario nazionale», chiede la Federazione, a fronte di un documento approvato all’unanimità da 106 Ordini territoriali.
Torna a farsi sentire anche Vincenzo De Luca, governatore della Campania, proponendo tre emendamenti per andare oltre il referendum e cambiare la riforma Calderoli. «Il primo: che nessuna regione possa fare contratti integrativi regionali, altrimenti passa il principio che chi ha più soldi si accaparra i medici», spiega il presidente campano.
«Il secondo è che le risorse devono essere pro capite per tutti i cittadini italiani, dal Piemonte alla Sicilia. Il terzo: il numero di medici e infermieri deve essere lo stesso per tutti. Se si prendono queste tre decisioni possiamo eliminare qualunque referendum. Siamo pronti ad assumere una decisione del genere? Noi siamo pronti se si combatte ad armi pari».