Caldo e afa fanno crescere lo smog, a luglio scatta già l’allerta ozono
PAVIA. Qualità dell’aria, è allarme ozono in città, dove le centraline hanno rilevato uno sforamento dei parametri da inizio luglio, con picchi massimi registrati proprio negli ultimi giorni. Lo dicono i dati di Arpa Lombardia che monitora costantemente i livelli degli inquinanti presenti nell’aria. Un tipo di inquinamento, quello da ozono, che tende a manifestarsi con maggiore insistenza soprattutto nel periodo estivo, complice le alte temperature soprattutto nelle ore centrali della giornata.
Quattro giorni di sforamento
Secondo le linee guide dell’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, non dovrebbero essere superati i 100 µg/m³ nelle otto ore. Ma per tre giorni consecutivi i livelli sono stati superati, in alcuni casi anche di molto . Ad esempio il 10 e 11 luglio (ultimi dati disponibili) le centraline hanno superato i limiti, toccando i 123 µg/m³, picco massimo registrato fino ad ora. Ma anche nei giorni precedenti non era andata molto meglio. Per esempio il 9 luglio il monitoraggio aveva segnalato 116 µg/m³. Altro sforamento, qualche giorno prima, vale a dire il 5 luglio. In questo caso l’ozono aveva toccato i 117 µg/m³. Appena sotto la soglia invece, ma non di molto, nei restanti giorni di luglio: 87 µg/m³ il 4 luglio, 97 µg/m³ il 6, 95 µg/m³ l’8. Poi la crescita inesorabile, fino a toccare quota 123 mercoledì scorso.
«L’ozono è un potente ossidante con molte applicazioni industriali – spiega Arpa sul suo sito ufficiale –. In natura più del 90% si trova nella stratosfera (fascia di atmosfera che va dai 10 ai 50 km) e serve come naturale barriera ai raggi Uv. Nella troposfera invece (fino a circa 12 km di altezza) l’ozono si forma a seguito di reazioni chimiche tra ossidi di azoto e composti organici volatili, favorite dalle alte temperature e dal forte irraggiamento solare. Si tratta, quindi, di un inquinante secondario i cui precursori sono generalmente prodotti da combustione civile e industriale e da processi che utilizzano o producono sostanze chimiche come solventi e carburanti. Assieme ad altri composti costituisce il tipico inquinamento estivo detto smog fotochimico».
Va da sè, quindi, che la Lombardia, per la sua particolare conformazione geografica e la massiccia presenza di industrie, sia come per gli altri inquinanti fra le zone più a rischio, soprattutto in questo periodo.
Un inquinamento tipicamente estivo
«Si tratta di un classico effetto inquinante legato alle alte temperature che si registrano durante il periodo estivo, soprattutto nei mesi più caldi come luglio e agosto – spiega Renato Bertoglio di Legambiente Pavia –. L’aria nei giorni più caldi, è stagnante spesso. E questo determina l’innalzamento dei valori registrati. In questo caso parliamo di livelli legati alla max media mobile, vale a dire il rilevamento della media nelle otto ore. Non il valore di picco, ma quello che dura di più. Diciamo che, durante l’estate, è un fattore inquinante che si aggiunge di solito agli altri ben più noti, come il Pm 10 e il Pm 2,5, più insistenti durante l’inverno. La presenza poi degli insediamenti industriali presenti nella pianura Padana, che comunque non cessano ovviamente la loro attività nemmeno nel periodo estivo, fa il resto».
Come sempre le fasce più a rischio per questo tipo di inquinamento sono anziani, bambini o chi già soffre di problemi polmonari. Anche se, spiega il professor Angelo Corsico, pneumologo del San Matteo, questo tipo di inquinamento non ha effetti immediati sulla salute: «Ovviamente non bisogna valutare solo l’ozono come fattore inquinante. Il problema vero è che i fattori si sommano e non si elidono. Quindi se nell’arco dell’anno ci sono stati sforamenti di lungo periodo di altri inquinanti, si aumenta l’esposizione nell’arco del lungo periodo».