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2024

Andrea, l’uomo che vive sotto il Ponte vecchio a Ivrea: «Una casa con quasi mille anni di storia»

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IVREA. «All’alba delle cinque e mezza di domenica 30 giugno non ce l’ho fatta più. Ho preso i miei due gatti e sono uscito, chiudendomi la porta alle spalle. Avevo trascorso le ultime ore guardando e ascoltando il fiume. In strada non c’era nessuno. Anzi, no. C’era Barbara Torra, la fotografa della Sentinella, che stava scattando le foto alla Dora ingrossata all’inverosimile. Ci siamo salutati e mi sono avviato a casa di mia madre». Andrea Sicco, 53 anni il 10 dicembre, giornalista esperto di comunicazione d’impresa, ama definirsi “l’uomo del ponte”. In realtà, è un uomo che letteralmente vive sotto un ponte (il ponte vecchio) e non è una battuta. L’alba del 30 giugno scorso era seguita a una notte difficile, con la Dora sopra i livelli di guardia ed esondata in più punti, compresa via delle Rocchette. Nessuno aveva detto a Sicco di andarsene, ma dopo una notte complicata e il livello del fiume pericolosamente alto, aveva deciso lui di allontanarsi. A casa, sotto il ponte, ci è tornato la sera, quando il livello dell’acqua nel fiume aveva da ore cominciato a scendere.

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Perché ha scelto di vivere in quella casa?

«Perché ne ho avuta l’opportunità. Tutti, a Ivrea, conoscono quel posto e tutti ci siamo fermati almeno una volta sul ponte vecchio a guardare questa casa. E questa è la mia premessa, per dire che la conoscevo. Io, in realtà, abitavo già in zona, dall’altra parte della strada, Ero in affitto, ad un certo punto ho dovuto cercare un altro posto. Conoscevo il proprietario di questa casa, sapevo che ci aveva abitato per un po’ e non ci viveva più. Gli ho chiesto di poterla vedere. Ecco, appena l’ho vista mi sono detto: mia!».

E che accadde?

«Accadde che mi piacque moltissimo. Era perfetta. Bastava entrarci ed abitarla. Ecco, il trasloco non fu una cosa facile. I mobili dovettero passare tutti attraverso la scaletta e la porticina. Mi trasferii qui il primo settembre 2019».

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E l’acqua alta in Dora?

«Quello del 29 giugno è stato il secondo episodio. Ce n’era stato uno precedente, il 3 ottobre 2020. Al piano di sotto ci sono delle finestre che, ovviamente, guardano il fiume e ci sono dei portelloni a chiusura stagna. Si chiudono dall’interno e poi si ruota una specie di volante, tipo la chiusura di un dirigibile. I portelloni, nel 2020, furono ricoperti dall’acqua. Da lì non entrò una goccia d’acqua. Uscì acqua da una presa di corrente e furono necessari dei lavori, ma dai portelloni niente. E neppure il 29 giugno è entrata una goccia in casa».

Cosa le piace di questa casa?

«Beh, la sua unicità. E, naturalmente, la sua storia. Ho cercato di saperne di più, ho dato spazio alla mia curiosità giornalistica e ho provato a documentarmi anche se è difficile ricostruire i passaggi. Alcune cose, però, su questa casa le so. So che è una casa che ha diversi secoli; qualcuno dice che possa risalire al 1.100. Pare che fosse una delle prime case del dazio, dove si pagava per attraversare il Ponte vecchio. Negli anni, questa casa è stata tantissime cose. Mi hanno raccontato che a un certo punto fu anche la sede dello Stato maggiore del Carnevale. Una volta, la Mugnaia e il Generale venivano da questo terrazzo a vedere la Preda in Dora la domenica di Carnevale. Poi questa casa fu una discoteca che forse si chiamava Snoopi. Poi una casa abitata, come ora ci vivo io. E ancora, dopo essere rimasta vuota per alcuni anni, è stata acquistata e ristrutturata».

Da fuori, pare una miniatura, una cartolina.

«In effetti, quando si entra, si rimane colpiti. Dall’esterno non ci si aspetta che sia così grande. Non ci si immagina che vada avanti, fin sotto la strada. Si scendono le scalette e si entra su un’area giorno. Poi, da una scala interna, si scende al piano di sotto, dove ci sono lo studio e la camera da letto. Uno dei bagni è un corridoio che attraversa perpendicolarmente la strada e finisce con un muro. Tra l’altro, sembra che quel corridoio, una volta univa questo posto al Castellazzo attraverso un cunicolo. Qui sotto, tra l’altro, c’era anche una piccola darsena con le barche, oggi murata. E quindi il cunicolo potrebbe essere stato, in antichità, una via di fuga fino al fiume».

Certo che pensare che queste mura possono avere una storia quasi millenaria è piuttosto impegnativo, non crede?

«Mi è capitato spesso di pensarci. Mi è capitato, quando sono qui, di riflettere: chissà quante cose sono accadute qui dentro, chissà quanti sentimenti, quante parole, quanti avvenimenti, quanta vita...»

La domanda è, a questo punto, quasi d’obbligo: c’è un fantasma in questa casa?

(Ride). «Ma certamente! Io ho l’ho chiamato Dora, fantasma gentile. Vive solo al piano di sotto. Mi accendeva le luci mentre dormivo. La prima volta pensavo fosse una mia dimenticanza. Mi sono detto avrò lasciato la luce accesa. Poi accadde di nuovo, allora pensai che si fosse guastato il relé per via dell’umidità. Due volte l’ho cambiato, ma ancora continuava ad accendersi. Allora una notte ho detto, dai, Dora, adesso togliamo la lampadina, così non si accende più e ce ne andiamo a dormire. E, in effetti, da allora la luce è rimasta spenta».

A parte i giorni di piena, come si vive accanto al fiume?

«Benissimo. A parte quando il livello è alto, si vive in estate con le finestre aperte, si sente il rumore dell’acqua placida che dà quel senso di pace e tranquillità e dei problemi che scorrono via. Il 29, invece, la Dora faceva paura. Tutti i tronchi che poi si sono visti giù, al naviglio, sono passati qui sotto dal ponte. L’acqua faceva un gran rumore e i tronchi che sbattevano contro i muri davano dei colpi tremendi. È stata una notte lunghissima, un rumore pazzesco dell’acqua, dei tronchi che colpivano la casa. Le gatte erano inquiete. E così, a un certo punto, me ne sono andato. A parte questi episodi, questa casa me la gusto proprio. Sono consapevole di essere in un posto privilegiato. La sera stare sul terrazzo fino a tardi p meraviglioso. A metà della scala per scendere in casa si percepisce nettamente un cambio di temperatura. La casa è su due livelli, di pari spazio, con gradini interni. Anche dalla camera da letto e dallo studio si vede il fiume. La casa, anche se non sembra, è molto luminosa, prende il sole da mattina a sera. Io a volte lavoro da lì. Il mio ultimo libro Vita d’eroe, omaggio a Franzetti, è nato lì».

Capita mai che si avvicinino curiosi?

«Certo che capita. Ed è stata anche location di alcuni video musicali. Tra gli aneddoti simpatici, anche due ragazzi giovanissimi che si allenano qui in canoa e ogni giorno passano qui davanti mi hanno chiesto una volta: ma possiamo vedere dentro? Oppure c’è chi pensa che sia un locale e chiede informazioni per accedere al terrazzo e mi chiede siete aperti?. Tra l’altro, il 6 gennaio, sul terrazzo, come Paladini di Sant’Ulderico facciamo sempre un bell’aperitivo».




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