I “carnielli”, un viaggio nel Friuli del 1871
«Sono pochi, testardi e resistenti. Difendono la loro piccola Patria: la Carnia». È la sintesi efficace, in quarta di copertina, del libro “I carnielli” (edizioni Storie, 264 pagine a colori e molte illustrazioni), che da sabato 20 luglio sarà in edicola con il Messaggero Veneto (al prezzo speciale di 12,90 euro).
I carnici, dunque, ma raccontati nel 1871 dal bellunese Angelo Arboit, sacerdote, etnografo e scrittore, che si prese la briga, alla fine del Regno Lombardo Veneto, di trascorrere diverse settimane nella piccola Carnia per poterla far conoscere agli italiani. La girò tutta, paese per paese, frazione per frazione, spesso a piedi, qualche volta a cavallo o in carrozza. Incontrò sindaci, preti, farmacisti, allevatori, gente comune…
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Ne venne fuori un resoconto dettagliato, pubblicato dalla Tipografia Carlo Blasig di Udine e, come spiega l’editore del volume, il pordenonese Giovanni Santarossa, «quello che intriga il lettore è il fatto che Arboit non descrive le bellezze naturali, ambientali o architettoniche della Carnia, ma cerca di far capire chi sono i carnici (soprattutto ai carnici stessi, perché, come sappiamo, spesso chi vede le cose da fuori le vede meglio) e li presenta agli italiani, a una popolazione per la quale, all’epoca, gi abitanti della Carnia erano un popolo dimenticato da Dio e dagli uomini».
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E non fa sconti, Arboit. Pur con benevolenza, descrisse i “carnielli” senza risparmiare loro ciò che non funzionava.
Da cosa nasce l’interesse per questo libro? «La prima edizione l’ho scovata nell’infinità di volumi – racconta Santarossa, che dopo aver fondato e guidato per 40 anni la Biblioteca dell’Immagine di Pordenone, un anno e mezzo fa ha dato vita alla piccola casa editrice “Storie” – che negli anni ho acquistato nelle biblioteche o librerie specializzate. Da tempo cercavo qualcosa sulla Carnia, terra alla quale devo molto. Nel corso della mia lunga attività editoriale – continua – ho conosciuto e lavorato con molti autori nativi, residenti o studiosi della Carnia (fra i quali Furio Bianco, Gina Marpillero, Leonardo Zannier, Gigi Maieron) e mi sembrava d’obbligo ospitare un nuovo titolo dedicato a un’area geografica il cui territorio in realtà è stato poco descritto».
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«E se molto è stato pubblicato sull’occupazione dei cosacchi o sulla Repubblica libera della Carnia – prosegue – sulla Carnia di fine ’800 e dei primi del ‘900 non si trova quasi nulla. Il libro mi offre inoltre l’occasione di ringraziare di cuore Giuseppe Beltrame e suo figlio Alessandro, che nel tempo molto mi hanno aiutato a promuovere e distribuire i libri, perché gli autori sono indispensabili, gli editori forse, ma i distributori e i librai sono fondamentali».
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Il libro è impreziosito dalle illustrazioni di tutti i paesi carnici realizzate dall’architetto veneziano Pierfranco Fabris (che collabora con Santarossa da tempo, mentre la copertina è del grande pittore russo Ivan Shishkin (eseguita nel 1889), considerato il pittore dei boschi. Contiene inoltre una vera e propria curiosità nella parte finale: una ventina di pagine che offrono un’altra chiave di lettura della Carnia di fine Ottocento, ovvero le informazioni, Comune per Comune – da Amaro a Treppo Carnico - tratte dalla monumentale opera editoriale intitolata “Dizionario Corografico dell’Italia” curata dal professor Amato Amati e pubblicata in ben otto volumi nel 1868. “Volumi di cui conservo la prima edizione in casa editrice – spiega Santarossa – ventimila pagine che contengono la storia di tutti i Comuni d’Italia.
Furono realizzati da 150 storici dell’epoca coordinati da Amati, a ognuno fu affidato un territorio. E consegnati al re, per offrigli un’idea concreta sulla realtà che andava a governare”.
Due “fotografie” della Carnia e dei “carnielli”, dunque, più o meno risalenti allo stesso periodo, attraverso le quali, come sottolinea Santarossa, «vorrei dire ai carnici che qui possono trovare una storia bella e curiosa di ciò che sono stati e che sono ancora: un popolo forte, tenace, magari difficile, anche scontroso, che voleva e vuole difendere strenuamente il proprio territorio e la propria identità, allora come ora»