Idea per l’Appennino pistoiese in crisi da neve: 16 milioni per la nuova funivia. “Unirà Abetone e Corno alle Scale”. Ecco perché non sarà così
C’è un settore dell’Appennino pistoiese costituito da brughiere e prati umidi, da praterie che a primavera fioriscono e da lembi di boschi. Luoghi del cuore immortalati nel 1861 da due macchiaioli, Raffaello Sernesi e Odoardo Borrani, raccontati anche da Boccaccio. Siamo tra la Doganaccia, dove esiste un comprensorio sciistico con 15 km di piste e il Lago Scaffaiolo. Lì la Provincia di Pistoia, con il supporto determinante della Regione Toscana, vorrebbe realizzare una nuova funivia. La Doganaccia-Corno alle Scale, che dovrebbe collegare con un tracciato di oltre 2 chilometri da quota 1512 a 1780 metri, Doganaccia – frazione del Comune pistoiese di Abetone Cutigliano – e Prato alla Nevosa, alle pendici del Monte Cupolino, nel territorio di San Marcello Piteglio. Così sarebbe favorito, sottolinea la relazione dello studio di fattibilità, il raggiungimento del comprensorio del Corno alle Scale, che è nel territorio di Bologna. Il finanziamento, stabilito prima ancora che lo studio fosse realizzato, ammonta a quasi 16 milioni di euro.
“Soldi buttati al vento” dice il comitato “Un altro Appennino è possibile – Versante toscano”, nato nel 2023 per opporsi alla costruzione dell’ennesimo impianto sciistico. Un intervento “anacronistico e insensato, dannoso per l’ambiente, fortemente alterante e inutile a rilanciare l’economia della Montagna Pistoiese”. In nome di queste motivazioni a settembre 2023 è stata lanciata in rete una petizione e a luglio inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella un appello per la tutela del paesaggio, firmato da numerose personalità del mondo della cultura. Da Salvatore Settis, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, a Carlo Sisi, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. “Un’opera che va nella direzione della valorizzazione della montagna e che consente di collegare Toscana ed Emilia. Un obiettivo perseguito da decenni che ora è realizzabile grazie alla disponibilità delle risorse finanziarie e delle autorizzazioni necessarie, compresa quella della soprintendenza”, ha dichiarato recentemente al Tirreno il presidente della Regione Eugenio Giani.
L’idea del collegamento Doganaccia-Corno alle Scale ha fatto capolino già negli anni Novanta nel Piano provinciale delle aree sciistiche attrezzate, ma è rispuntata fuori nel 2016 in un “piano di rilancio” dell’Appennino tosco-emiliano. Al momento l’ultimo atto è stato l’avviso di proposta di variante urbanistica che alla metà di luglio l’area tecnica della Provincia è stata inviata al Comune di Abetone Cutigliano. Gli amministratori locali sono sostanzialmente favorevoli. Per Luca Marmo, sindaco di San Marcello Piteglio, “la funivia è uno strumento: non è buono o cattivo in sé. Dipende dall’uso al quale lo pieghiamo. La realizzazione dell’opera rimane subordinata alla Conferenza dei servizi che dovrà essere avviata immediatamente a valle del completamento della progettazione”. Per Gabriele Bacci, sindaco di Abetone Cutigliano, “la realizzazione della funivia oggi è utile”.
Utile davvero? Non è convinto il comitato per il quale “nessuna menzione sul fatto che in realtà l’impianto funiviario non collegherà le due località sciistiche, in quanto la funivia terminerà la sua corsa poco dopo il Passo della Calanca, ben prima del Corno alle Scale, non raggiungendo neppure il Lago Scaffaiolo”. In pratica, spiegano gli attivisti, chi prenderà la funivia, una volta scesi dalle cabine, dovrebbero camminare per 800 metri in condizioni magari anche proibitive e lungo sentieri ricoperti di ghiaccio per raggiungere il rifugio più vicino, al Lago Scaffaiolo. Lì non ci sono piste da sci, ma si dovrebbe prendere un altro impianto – una seggiovia – per scendere ai piedi del Corno alle Scale, e ancora salire su un altro impianto per salire in vetta al Corno e poter finalmente scendere il pendio. Sciando finalmente. Questo lungo tragitto, tra l’altro, inizierebbe con la salita sulla nuova funivia in una zona nella quale si verificano particolari condizioni atmosferiche che hanno portato al record europeo di velocità del vento, con raffiche che hanno raggiunto i 270 km orari, registrate dalla stazione meteo di Sestola.
Nell’appello rivolto al capo dello Stato il comitato scrive che il progetto non solo minaccia il paesaggio e rischia di stravolgere completamente l’area ma sconfessa anche il piano d’indirizzo territoriale della Regione che vieta la costruzione di nuovi impianti di risalita. “Le caratteristiche naturali di questi luoghi, ancora miracolosamente preservate, rischiano di essere irrimediabilmente compromesse” recita l’appello. Nello studio di fattibilità gli interventi previsti sono descritti come “poco invasivi“: “Lungo tutto il tracciato della linea non sono previsti movimenti terra, ad eccezione degli scavi necessari per la realizzazione dei plinti dei sostegni di linea, né interventi sulle colture arboree con la sola eccezione di un breve tratto prossimo alla stazione di partenza”. In compenso interventi rilevanti sarebbero necessari per la costruzione di una strada di soccorso e poi l’abbattimento di qualche centinaio di alberi vicino alla stazione di partenza, lo spianamento, la regolarizzazione e il consolidamento di una striscia di terreno ampia almeno 4 metri e lunga quanto il percorso della funivia. Tutti interventi che andrebbero ad interessare un’area che è stata inserita nella Rete europea Natura 2000 e che dal 2016 costituisce parte della zona speciale di conservazione “Monte Spigolino-Monte Gennaro”. Non è tutto. “Il tracciato della funivia ricalcherebbe sostanzialmente un sentiero Cai”, sostiene a ilfattoquotidiano.it Manuela Geri, che fa parte del comitato.
Sullo sfondo, come sempre, la cecità degli amministratori – Comuni, Provincia e Regione in questo caso – rispetto ai cambiamenti climatici che sotto gli occhi di tutti stanno trasformando la fruizione della montagna e in modo particolare sull’Appennino. “I gestori degli impianti sciistici – sottolinea il comitato in un documento inviato nei mesi scorsi alla Soprintendenza – faticano anche a garantire un innevamento minimale con la neve artificiale, date le temperature sopra lo zero”. Anche da queste parti la neve cade in quantità sempre minore. E’ inequivocabile. A dimostrarlo ci sono i contributi pubblici. I 900mila euro riconosciuti nella primavera 2023 dalla Regione Toscana agli impiantisti dell’Abetone come indennizzo per coprire le mancate entrate causate dalla scarsità di neve della stagione 2022-23. A sottolineare la mancanza di neve all’Abetone c’è il mancato svolgimento quest’anno per la prima volta dopo 41 edizioni, della fase finale del tradizione e prestigioso “Pinocchio sugli sci”.
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Le foto in pagina sono pubblicate su concessione del comitato “Un altro Appennino è possibile – Versante toscano”
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