La Provenza in Canavese grazie ai campi di Agrisole a San Giusto Canavese
San Giusto Canavese
Per chi ama passeggiare in mezzo a campi di lavanda, avvolto in una soave fragranza in mezzo a un dolce paesaggio,non sarà più indispensabile recarsi in Provenza, perché in Canavese l’azienda Agrisole di San Giusto Canavese offre le stesse emozioni. A gestirla sono Fanny e Riccardo Bertot, fratello e sorella, che quattro anni fa hanno deciso di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia e apportare qualche cambiamento.
Come nascono le idee dell’azienda Agrisole e della coltivazione della lavanda?
«L’azienda è sempre esistita – racconta Riccardo Bertot, 47 anni –, apparteneva ai nostri nonni e poi è passata ai nostri genitori. Era un’azienda agricola come ce ne sono molte in Canavese e coltivava principalmente cereali e mais e negli ultimi anni abbiamo prodotto soprattutto foraggio. Nel 2020, poi, io e mia sorella abbiamo deciso di rilevarla da nostra madre, Caterina Naretto, e per me la scelta da fare è stata quella di tornare alla natura. Abbiamo improntato l’attività come un secondo lavoro e ristrutturato gran parte dell’impresa. Abbiamo cominciato con la piantumazione e la coltivazione di piccoli frutti, quali more, ribes, mirtilli e poi, siamo passati alla lavanda. Abbiamo circa un ettaro coltivato a lavanda, suddiviso in due appezzamenti».
Quali sono i prodotti che si ricavano dalla lavanda e qual è il lavoro richiesto? «La lavanda raggiunge il pieno della fioritura tra i mesi di giugno e luglio. A quel punto la raccogliamo a mano e dal fiore si ricavano gli oli essenziali e l’idrolato, un’acqua aromatica. Gli olii si prestano a vari usi in erboristeria, come balsami, decongestionanti, antisettici, cicatrizzanti e altri infusi con funzione sedativa. L’idrolato ha anche un’applicazione nella medicina per la cura dell’emicrania, nell’aiuto in caso di problemi respiratori, di ansia, stress e nervosismo. Si usa molto anche nella cosmesi, per la pelle e i capelli. Per la vendita dei nostri frutti lo facciamo direttamente qui in azienda, anche per la lavanda, ma abbiamo avviato collaborazioni con erboristerie e laboratori di cosmesi, come la Nobis di Montalenghe».
Oltre alla produzione, recentemente Agrisole ha avviato una serie di iniziative collaterali alla coltivazione: quali?
«Uno dei motivi per cui abbiamo aperto la nostra azienda era anche la prospettiva di creare una realtà diversa per il territorio, un luogo che potesse diventare pure un punto di riferimento turistico. Quest’anno per la prima volta abbiamo sperimentato l’iniziativa delle visite nel campo di lavanda, in due giornate durante la fioritura, domenica 14 e domenica 21 luglio. Il primo appuntamento è stato un successo, con molta gente che è venuta a trovarci, e per noi un’esperienza del tutto nuova. Non avevamo mai ospitato altre persone nella nostra azienda. Tra le collaborazioni avviate, inoltre, ci sono quelle con strutture ricettive del territorio, associazioni di mountain bike ed e-bike, che mandano qui da noi i loro ospiti per delle visite. All’interno dei campi di lavanda si svolgono, inoltre, sessioni di yoga e meditazione e, infine, con Bianco, produttore di miele di Caluso, abbiamo messo a punto una novità per entrambi: lui ha portato qui le sue api e quest’anno si produrrà per la prima volta un miele fatto completamente con la lavanda. Infine, i campi di lavanda saranno anche set per fotografie e matrimoni. Il nostro obbiettivo è promuovere il turismo esperienziale e portare la gente a conoscere anche questa parte di Canavese, che ha le sue eccellenze, sia sul piano enogastronomico che storico e culturale da far conoscere».
Riccardo Bertot, oltre che imprenditore, è anche segretario di zona per la Confagricoltura. Contrariamente alla diffusa coltivazione di mais, grano e soia tipiche del Canavese, voi avete scelto la lavanda: perché?
«Volevamo provare qualcosa di diverso, adatto al terreno caratterizzato da rocce e acidità. Il fatto che il terreno abbia poca acqua si prestava a questa coltivazione, meno dispendiosa dal punto di vista idrico rispetto a quelle tradizionali. Nonostante richieda molto impegno, ci permette di coniugare il lavoro con questa attività e di coinvolgere tutta la famiglia in ritmi di vita più naturali. Abbiamo ancora molto da imparare su queste coltivazioni, ma ci sono state molto di aiuto due realtà: il servizio fitosanitario regionale e Agrion, una fondazione a partecipazione regionale che si occupa di sperimentazione e studio sulle colture».
Nel suo ruolo di rappresentante di Confagricoltura, come commenta l’attuale situazione del settore nel nostro territorio?
«È stata una stagione molto piovosa e le precipitazioni hanno ritardato molte colture. Il mais e la soia sono stati seminati in ritardo e questo avrà delle conseguenze. Per la fienagione non è da escludere che possa avere ripercussioni sulla qualità. Il grano e molte altre coltivazioni hanno subito ingenti danni, sia per la grandine sia per le esondazioni, come nel caso dell’area del pignoletto rosso a Banchette, che hanno subito gli allagamenti causati dalla Dora Baltea. Anche per le viti la molta pioggia non ha portato bene per il momento. Insomma, gli eventi estremi come lunghi periodi di siccità, per esempio quelli vissuti lo scorso anno, ma anche lunghi periodi di pioggia come quelli sperimentati quest’anno non sono un toccasana per il nostro settore».