Nella sonnolenta Gorizia l’innocuo cumino diventa l’arma del delitto
“Quello che è cibo per un uomo è veleno per un altro”, scriveva Lucrezio nel ‘De rerum natura’, anticipando di duemila anni la scoperta delle intolleranze alimentari. È raro che un boccone, seppur proibito per chi ne è allergico, possa mandarlo all’altro mondo e nella maggioranza dei casi tutto si risolve con pruriti, gonfiori od orticarie, ma a volte succede.
Accidente non sgradito agli scrittori di gialli come Paolo Pichierri che, sfruttando la temibile proprietà del cumino, spezia per i più innocua e profumata, di far impazzire il sistema immunitario di chi ne è ultrasensibile, costruisce il meccanismo omicida de La chiave di via Rastello (Rossini) che verrà presentato martedì 23 luglio, alle 18.30 nella sala conferenze della Pro loco a Strassoldo dalla giornalista Elisa Michellut.
Pichierri, giornalista di lungo corso soprattutto televisivo e autore di svariate opere di saggistica, dopo il “Diamante di Grado£ è alla seconda incursione nel genere poliziesco con protagonista il commissario in pensione Vincenzo Salvati. Avevamo lasciato il commissario nell’isola d’oro alle prese con il furto di un diamante, lo ritroviamo in una Gorizia invernale dove, tra spruzzate di nevischio, fiumi di ribolla gialla e donne infide e maliarde si consuma un delitto dai molti possibili sospetti.
Il morto è Siegfried Walden, autore di best seller a metà tra il giallo e lo storico, tedesco di nascita ma trapiantato in regione, che al rinfresco in occasione della presentazione del suo ultimo libro viene avvelenato da qualcuno che gli mette nel cibo una piccola quantità di cumino. Uno shock mortale per un allergico come lui.
Chi aveva interesse a far fuori Walden? Giorgio Mantelli, il suo editore che pregustava un nuovo clamoroso sold-out editoriale e copiosi diritti di vendita, ma era stato appena scaricato dal suo autore dalle uova d’oro? Le ex moglie Greta, accasatasi con Maurizio, un palestrato toy boy di vent’anni più giovane ma ancora gelosa della nuova compagna di Walden?
La quale, Monica, una goriziana fascinosa dalla “voce capricciosa e vaginale” che per mettersi con Walden ha appena scaricato Diego Persi, aspirante giallista che vivacchia facendo l’inventore di giochi enigmistici.
Anche Diego avrebbe avuto interesse a togliere di mezzo Walden per vendicarsi di chi gli ha soffiato la ragazza. Un omicidio ha sempre due moventi: passione o interesse, amore o soldi. Tocca a Salvati, che una malattia agli occhi ha reso cieco, aiutato dal fido Branko Jankovic, che al Commissariato di Trieste era suo vice e ora lavora nella security degli hotel, trovare la chiave del mistero.
Il commissario, combinando in un’alchimia originale il celerino dai modi sbrigativi di caserma e l’investigatore dal fiuto sottilissimo, risolverà anche questa volta il caso, offrendo al lettore, oltre alla soluzione del rebus, un punto di vista su una città, Gorizia, sempre un po’ marginale.
Si dice infatti che il giallo sia anche un modo per raccontare una società, e dunque quale è questa Gorizia che vuole raccontarci Pichierri? Una città all’apparenza sonnolenta ma che in realtà è una ‘bronza coverta’, come dice Bren Herzog, un oscuro faccendiere austriaco amico di Walden, che approfitta di una città “in vista ma al tempo stesso tranquilla per incontrare in maniera agevole manager e informatori che arrivano di là dell’ex cortina di ferro”. E adesso che Gorizia è investita del ruolo di capitale europea della cultura forse anche in superficie, profetizza Herzog, cambierà qualcosa.
Dunque il giallo di Pichierri vorrebbe smuovere le acque tranquille di Gorizia, far scorrere una botta di vita, seppur criminale, nelle vie semideserte di Borgo Castello, scuotere i goriziani e incitarli al crimine? Non esageriamo. E soprattutto non vorremmo che nel gioco autoironico di Pichierri su intolleranze e allergie, qualcuno approfittasse della presentazione del libro per emulare l’assassino.