Maestra di un asilo di Ronchi ai domiciliari per maltrattamenti ai bimbi e frode sui pasti: tutti i particolari
MONFALCONE. Le auto, al mattino, continuano a entrare e uscire dallo spiazzo assolato. I genitori, ieri avvicinati, cadono dalle nuvole, non sanno nulla. Ma da venerdì, in realtà, si interrogano sull’improvvisa assenza della maestra e ne chiedono le ragioni agli altri operatori. Perché è da venerdì all’alba che quell’educatrice, legale responsabile della cooperativa che gestisce in via diretta un asilo nido privato di Ronchi dei Legionari, risulta sottoposta a provvedimento restrittivo per maltrattamenti ai bambini e frode a enti pubblici.
L’arresto cinque giorni fa
In borghese, i militari del Nucleo antisofisticazione e sanità di Udine coadiuvati nella fase esecutiva dai carabinieri del Comando provinciale di Gorizia hanno infatti eseguito cinque giorni fa un’ordinanza di misura cautelare nei confronti della donna. La maestra, poco meno di 60 anni, di cui a tutela delle piccole presunte vittime non si forniscono le generalità (al pari dei dettagli del luogo), è finita agli arresti domiciliari, nella sua casa ronchese.
Accuse pesanti: maltrattava i bimbi
L’accusa che pesa su di lei, relativamente alla frode, consiste nell’aver fatto «figurare una fornitura di pasti in quantità superiore rispetto a quelli realmente somministrati ai bambini»: a spanne veniva distribuita la metà o giù di lì della grammatura o porzione prevista pro capite. Di qui l’ipotesi dei maltrattamenti ai danni della ventina di minori affidati dalle famiglie alla struttura privata. Si affiancherebbe un secondo profilo: alcuni episodi con al centro situazioni di tipo verbale, vale a dire rimproveri troppo severi, di cui sarebbero rimasti vittima solo alcuni dei minori iscritti al nido, tutti di età compresa tra i 12 mesi e i tre anni.
La donna rigetta le accuse
L’interrogatorio di garanzia della donna, assistita dall’avvocato Fabio Zamparutti, è atteso giovedì mattina. La posizione dell’assistita, dichiarata dal legale di fiducia, è di «estraneità a ogni addebito» formulato nell’ordinanza dagli inquirenti. Formalmente le indagini hanno preso slancio a marzo e si sono protratte fino a questi giorni. Proseguiranno nei prossimi, con una serie di acquisizioni di testimonianze mancanti, per esempio da parte dei genitori. Un’attività investigativa che ha preso spunto da «alcune segnalazioni» arrivate all’Arma, non necessariamente dalle famiglie. Notizie giunte all’attenzione dei militari circa presunti maltrattamenti in danno dei bambini e frodi verso più enti pubblici convenzionati con l’asilo: la Regione, per la parte del bonus nidi, e il Comune di Ronchi per l’abbattimento delle rette.
Inchiodata da 4 mesi di intercettazioni
Sull’origine delle segnalazioni, ieri, scarne informazioni. Vige il massimo riserbo. Di certo le operazioni si sono avvalse in questi quattro mesi di attività tecnica, tradotto: intercettazioni ambientali e riprese video attraverso telecamere segretamente piazzate all’interno del nido. L’attività investigativa ha consentito di appurare «numerosi episodi di maltrattamenti», nonché «l’entità della frode commessa». Le fonti di prova e i riscontri ottenuti hanno portato alla ricostruzione di un quadro accusatorio tale da consentire al Gip del Tribunale di Gorizia, Flavia Mangiante, di emettere la misura cautelare, richiesta dalla Procura, con fascicolo affidato al sostituto Gian Marco Maffei.
Le sue vittime erano dei bambini
Destinataria appunto l’indagata, la maestra legale responsabile della cooperativa, fermo restando la sua presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva di condanna e che in ogni caso la sua responsabilità penale dovrà essere accertata nell’eventuale dibattimento. Le condotte contestate, connotate da «particolare gravità – stando ai Nas – se messe in correlazione alla tenera età dei bambini, verranno ora vagliate dai giudici».
La titolare è l’unica sotto accusa
Frattanto regolarmente continua l’attività al nido, con tre giovani educatori e una figura coordinatrice. Dipendenti all’oscuro della vicenda, che si occupano dell’accudimento, estranei dunque alle specifiche disposizioni sulle grammature alimentari: l’approvvigionamento dei pasti, come accertato ieri, avviene dall’esterno attraverso voluminosi contenitori termici, sicché il personale deputato alla gestione dei piccoli non se ne occupa direttamente, limitandosi alla somministrazione di quanto arriva sul piatto. Difatti l’indagine interessa solo la responsabile: esclusi altri coinvolgimenti.
La difesa: «Un comportamento corretto»
La difesa, con l’avvocato Zamparutti, si prepara all’interrogatorio di garanzia. In questa fase preliminare delle indagini, non ha accesso a tutte le carte in mano alla Procura. Dunque giovedì sarà anche l’occasione per approfondire gli elementi complessivi dell’impianto accusatorio. «La mia assistita si dichiara estranea agli addebiti – spiega Zamparutti – e ritiene di poter dimostrare il suo corretto operato rispetto ai singoli episodi contestati». Quanto ai maltrattamenti verbali andranno «adeguatamente analizzati all’esito della completa acquisizione degli atti d’indagine». Mentre l’aspetto dei maltrattamenti relativo alla minor somministrazione di alimenti «riguarda la ventina di bambini nel suo complesso».
Voleva “fare la cresta” o solo “evitare gli sprechi”?
Anche qui, però, una spiegazione: «Gli inquirenti erroneamente ritengono si sia in presenza di una volontà di “fare la cresta”, mentre si tratta di una razionalizzazione per evitare gli sprechi, dato che il 50% del cibo sarebbe stato altrimenti gettato». Un contenimento del surplus non condotto però a scapito della salute, cioè «senza mai compromettere il fabbisogno nutrizionale quotidiano dei bambini». In merito all’origine dell’indagine, stando all’avvocato, non si possono escludere collegamenti ai «rapporti interni alla struttura, magari il malcontento di qualche operatore». Tornando alle “aggressioni” verbali «la mia assistita ritiene di disporre di validi strumenti per ricondurre i fatti contestati a ogni singolo operato».
"Nessun maltrattamento, solo attività educativa”
Esclude recisamente «episodi maltrattanti» e rivendica un corretto espletamento dell’attività educativa, peraltro di lungo corso e che, sempre stando all’avvocato, gode anche della stima delle famiglie. Qualche informazione, nel corso delle indagini di questi mesi era evidentemente trapelata. Alcuni genitori avevano lasciato il nido, altri no. «Contiamo di portare in aula proprio le testimonianze di questi adulti, a riprova che nulla di quanto viene addebitato, in termini di violenze verbali, è avvenuto». «La maestra – conclude Zamparutti – è forte. Non è rimasta del tutto sorpresa degli arresti domiciliari. C’erano delle avvisaglie, qualche genitore s’era lasciato sfuggire mezza parola. Attende dunque il giudizio vero e proprio, per dimostrare la sua innocenza». Il legale inoltrerà a breve istanza per un alleggerimento della misura cautelare.