Chi ha ucciso Simonetta Ferrero? Dalle ultime ricostruzioni sul mostro di Milano emerge la sagoma di un sacerdote
Oggi sono trascorsi 43 anni da quando Simonetta Ferrero, passata alla storia come la protagonista del delitto della Cattolica, trovò la morte letteralmente svoltando l’angolo, mentre camminava in centro a Milano. Quel giorno d’estate, l’ex studentessa dell’ateneo milanese che aveva frequentato fino a due anni prima, e dove si era laureata in Scienze Politiche trovò il suo assassino nei bagni dell’Università. Simonetta ci entrò perché era di strada, mentre sbrigava delle commissioni in centro e probabilmente aveva necessità di utilizzare una toilette. Da lì a poche ore, destino beffardo, la 26enne milanese avrebbe preso il volo per la Corsica per trascorrere le vacanze insieme alla sua famiglia. Ma Simonetta in Corsica non c’è mai arrivata perché pugnalata a morte da un killer ancora ignoto. A distanza di tutti questi anni, il suo è diventato un altro delitto irrisolto eppure negli ultimi tempi stanno emergendo nuovi tasselli che collocano l’uccisione di Simonetta in un macabro progetto più ampio, quello del “Mostro di Milano”.
Il mostro
Nella truce Milano degli anni ’70 si è mosso un assassino seriale autore di otto femminicidi, anche se all’epoca non esisteva ancora un termine per indicare l’assassinio di genere. Quest’uomo è annoverabile tra i killer missionari, i quali si sentono investiti dalla missione di pulire il mondo dai peccatori, certi di uccidere perché animati da un intento nobile e giusto. In questo caso il mostro di Milano voleva liberare il mondo dalle prostitute poiché quasi tutte le vittime erano coinvolte in questa attività. Tutte sono state uccise con la stessa furia per mano di un killer mancino. Successivamente, nelle comparazioni effettuate dal dottor Franco Posa, criminologo e medico legale, è stato riscontrato che è stata sempre utilizzata la stessa arma negli otto omicidi compiuti dal mostro. Ovvero un’”arma bianca, forse un pugnale, delle dimensioni comprese tra i 3 centimetri al massimo di larghezza e i 15 centimetri al massimo di lunghezza”. Ecco altri tratti comuni: ogni volta il killer ha avviato l’attacco contro le donne in posizione frontale, non cogliendole pertanto mai di sorpresa con colpi alle spalle. Le stesse vittime presentavano ferite da difesa; come se fossero state aggredite da una persona della quale si fidavano. Nessuna delle donne è stata aggredita sessualmente e tutte avevano dei tagli nella stessa area della mandibola e del mento: la firma dell’assassino.
Simonetta
Non tutte le donne assassinate erano coinvolte in questi loschi giri di certo non lo era Simonetta Ferrero che era una ragazza senza ombre dedita allo studio e al lavoro. Simonetta era davvero la classica brava ragazza. Di certo è stata solo sfortunata nel trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato. L’unico legame tra Simonetta e le altre vittime è il fatto che la ragazza era solita frequentare un cineforum in via Vitruvio che rientra in pieno nella piccola area di Milano teatro di altre uccisioni del serial killer. Per tutti questi omicidi, ci furono solo sospetti.
Il sacerdote
Negli anni, Decine di mitomani si sono autoaccusati dell’assassinio di Simonetta Ferrero: detenuti, studenti. Sono arrivate anche delle lettere anonime di cui una nel 1993 al dottor Achille Serra, il questore di Milano di allora. In questa lettera è stato accusato un sacerdote ma non furono trovati riscontri rispetto al delitto. Per il mostro di Milano si ipotizzò all’epoca si trattasse di un uomo non oltre i 35 anni, intelligenza, di estrazione medio-borghese, che aveva accesso diretto alle abitazioni delle sue future vittime. (fonte: Il Corriere). Ma c’è di più. Come emerge da un’inchiesta del Corriere sull’autore degli otto brutali omicidi, potrebbe trattarsi davvero di un sacerdote. Dopo l’omicidio di una delle otto vittime, Adele Margherita Dossena, un prete che compariva in un elenco di nomi sulla sua agendina, si uccise lanciandosi sotto un treno. Inoltre, sulla scena del crimine dell’omicidio di Valentina Masneri, venne isolata l’impronta di un tacco che aveva maldestramente calpestato il sangue della vittima. Una scarpa che di certo fu stabilito non fosse da donna, perché dalle modalità e dalla forza impiegata risulta poco credibile se non impossibile che l’assassino fosse di sesso femminile. Quindi, resta l’ipotesi che fosse una scarpa da sacerdote. Tutto questo ci riporta alla lettera anonima sulla morte di Simonetta indirizzata all’epoca al questore di Milano: e se il contenuto della missiva fosse vero?
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