Gentilini mister-miracolo: «Ho l’Unione nel cuore»
Prese la Triestina ultima a 4 punti di distacco dalla penultima, era il primo giorno di febbraio e fu catapultato al Gavagnin di Verona a guidare una squadra derelitta sullo stesso campo dove poco tempo prima, con i suoi ragazzi della Primavera aveva firmato una impresa in inferiorità numerica.
Augusto Gentilini, uomo d’altri tempi, sempre pacato, quella sua tranquillità l’aveva trasmessa ad un gruppo divenuto poi protagonista di una pagina di storia, la storia della salvezza a Seregno, marchiata da quel gol di Tavernelli a sigillare la serie C, e probabilmente a completare l’effettivo passaggio da Atlas alla LBK di Rosenzweig. Gentilini è rimasto a contratto con l’Unione fino al 30 giugno 2024, ha tifato a distanza e ha potuto farlo grazie a quanto da lui inciso nelle memorie.
«Con quel gruppo riuscimmo a regalare una grande gioia a tutta la città, una salvezza che poi ha permesso la vendita a questo gruppo importante e molto ambizioso. Creammo in poco tempo un grande feeling con la tifoseria, dopo una logica diffidenza iniziale visto che non mi conoscevano».
Le è dispiaciuto non restare a Trieste?
«Mi è dispiaciuto moltissimo e confesso sono rimasto molto rammaricato. Come mai? È stata chiamata un miracolo quella salvezza ed è vero, ma mi sarebbe piaciuto mettermi alla prova, convinto che da quel gruppo con 5-6 innesti avremmo potuto dire la nostra per la vittoria del campionato dopo, ne sono convinto, ma le scelte fanno parte del calcio».
C’è ancora la fiamma di allenare?
«Nonostante l’età ho ancora molta voglia di stare sul campo e poter mettere a disposizione esperienza e conoscenza ai giovani. Ho fatto tutte le categorie, dando sempre fiducia ai giovani ma allenando anche prime squadre e spero ci possa essere qualche opportunità in Italia. Ho avuto qualche approccio in C e qualche offerta estera che sto valutando, ma lì ho già fatto la mia bellissima esperienza, in Cina».
La Cina fa pensare all’amicizia con Billy Marcuzzi, amici veri.
«Molti non sapevano di questa nostra amicizia, un rapporto fraterno con Billy, mantenuto anche quando eravamo distanti. Dedicai quella salvezza a lui perché lo sentivo a fianco, e mi ha fatto molto piacere l’intitolazione della palestra».
Abbiamo nazionali giovanili che vincono fino ai 19 anni, poi qualcosa si inceppa in Italia...
«Pensate all’U21 o ai ragazzi dell’U19 italiana. Quanti ragazzi, pur bravi, giocano titolari nelle prime squadre in A, B o C? Gli unici giovani che giocano sono nelle U23. I giovani sono convinto ci sono, anche in D andrebbero seguiti, ma bisogna avere il coraggio di farli giocare e dargli l’opportunità di sbagliare».
La Triestina ha pagato a caro prezzo l’anno scorso il peso di oltre 30 trasferte, che idea si era fatto su quanto hanno subito società e tifosi?
«Allucinante, davvero allucinante. Chiaramente nel calcio si cerca sempre il risultato ma certe situazioni creano problemi. I viaggi continui ed il mancato fattore campo certamente hanno influito sui punti».
Il cuore batte ancora di rossoalabardato?
«A Trieste e alla Triestina auguro il meglio, una delle città dove mi sono trovato veramente bene, in tutto, nei rapporti, nel vivere la città, nelle amicizie. Auguro di tornare nelle categorie dove una piazza come questa merita. Mi fa piacere che si parli ancora di quella nostra impresa, è dispiaciuto che non ci sia stata forse la giusta gratitudine a quel gruppo e quello che avevamo fatto, ma rimaniamo orgogliosi di aver tenuto Trieste nel calcio che conta e di cuore auguro il meglio a questa società di poter dare tante gioie alla Triestina. E nel calcio come nella vita, mai dire mai». —