La mia teoria sui giovani persi e perdenti: chi di noi trasgredisce viene zittito col manganello
di Patrizio
Perché i giovani ignorano la realtà politica? Perché l’indifferenza è una pandemia potente nei giovani? Perché veniamo raccontati come la generazione dei persi e dei perdenti? Domande complesse, intrise di dure realtà su cui ci si interroga il minimo indispensabile. Le mie risposte sono prive di ogni fondamento scientifico, bensì analizzate nel mero osservare i miei coetanei e me stesso.
Alla prima domanda affermo che le realtà politiche sono miseramente poco popolate, desertiche e disprezzate perché “il cambiamento non è importante”; molti infatti pensano che la politica nel senso totale sia inutile e non influenzi in alcun modo il privato; cosa che è logicamente falsa. Questa menzogna come tutte le menzogne non nasce dal nulla, ma da un dato ovvero che il 50% dei cittadini aventi la possibilità ad esercitare il voto non lo fa, perché si ha sfiducia nella politica: qualcosa su cui ho sfiducia mi illudo che non abbia minima influenza su di me e sul privato. Da ciò nasce la credenza: ma allora, se non nutro fiducia nella politica parlamentare, perché non entro nella spazio di politica extraparlamentare? La risposta è perché siamo una generazione disinibita da colui il cui nome è innominabile o che almeno non si sente nominare ovvero il termine Potere non il poterino, ma il Potere vero che disinibisce e, perciò cheta i pensieri omologandoli a quello che il potere esercita e desidera. Chi trasgredisce e non è omologato invece sarà messo a tacere con la violenza, con il famoso manganello, che appartiene a tutti da destra a sinistra: tutti coloro che assimilano in loro il potere del capitale.
I disinibiti dicono “Tanto se fai le manifestazioni non cambia nulla” e perciò invece di ribellarsi si alleano con il potere che come l’ala di un grande uccello li custodisce dicendo loro che un giorno voleranno con lui per i cieli del mondo, ma l’aquila se ne andrà lasciando i disinibiti a terra alcuni ancora illusi di un ritorno, altri frustrati per la vita intera.
Alla seconda domanda, la risposta è insita nella precedente descrizione: l’indifferenza è sinonimo di cecità e nessuno guarda o perde tempo nell’informazione di un qualcosa che seconda la retorica del privato è inutile e perciò non sprechiamo il tempo nell’informazione (quella vera), ma preferiamo intanto produrre e poi – chi ne ha le possibilità – consumare, altra azione fondamentale per il mantenimento del potere.
Infine arriviamo alla ultima questione, come siamo raccontati? Diciamo che le narrazioni come in tutto sono molteplici e opposte chi ci da dei fannulloni, chi invece accusa questi e ci loda. Per me sono entrambe posizioni inesatte, poiché semplificano il problema; come se la nostra generazione e il resto delle persone non facciano parte di uno schema maggiore, pensando che le azioni che compiamo siano decise soltanto dalla nostra coscienza e non che siano causate da forze maggiori. Forse come diceva la Morante: salveremo il mondo noi ragazzini, un giorno ci ribelleremo a questo sistema e lo faremo insieme coscienti finalmente che non ci serve stare su un’aquila per volare, noi stessi possediamo ali e che la chiave per queste catene è nella collettività.
Perciò esorto di fare una cosa soltanto: avere la capacità di evadere, sognando e trascendendo i desideri della produzione e del consumo.
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