Bloccare le piattaforme del Dragone
Dalla Cina arrivano sempre più prodotti di moda a basso costo. Protagonisti Shein e Temu, che stanno sbaragliando persino Amazon. E la Ue pensa a tasse più alte.
C'è un fattore che sta sconvolgendo l’e-commerce. E ha origini cinesi. È il fast fashion a prezzi stracciati, un settore in crescita esponenziale, dove due colossi cinesi stanno dando battaglia a colpi di ribassi. Shein e Temu hanno attirato l’attenzione globale grazie a modelli commerciali innovativi e spregiudicati. Al punto da minacciare anche un gigante come Amazon, fino a poco fa considerato padrone incontrastato del settore.
Hanno una storia abbastanza simile, anche se Shein è più concentrata sull’abbigliamento. Fondata nel 2008 da un imprenditore e specialista nell’ottimizzazione dei motori di ricerca per il marketing, Chris Xu, usa l’intelligenza artificiale per anticipare le tendenze di moda ed è in grado di produrre articoli appena tre giorni dopo l’identificazione di una nuova linea. Inoltre, limita i suoi ordini a piccoli lotti di circa 100 articoli per misurare l’interesse dei clienti, mentre altri concorrenti, come Zara, ordinano quantità maggiori (circa 500), aumentando il rischio di perdere soldi se poi le vendite sono inferiori alle aspettative.
Temu - che sta per «Team up, Price down» - è ancora più aggressiva. Nata nel 2022, ha raggiunto oltre 50 milioni di utenti attivi in meno di un anno. Un’esplosione di popolarità che ha portato il settimanale Economist a chiedersi «quanto dovrebbe essere preoccupata Amazon di Temu?». Per offrire sconti elevati e consegne iper veloci, ha abolito gli intermediari e lavora direttamente con produttori e fornitori. Così è in grado di accedere a milioni di aziende cinesi, spesso alle prese con problemi di sovrapproduzione e quindi con la necessità di liberarsi del magazzino che vendono a prezzi stracciati. Temu utilizza una strategia di coinvolgimento «omnicanale», ovvero raggiungibile ovunque, da qualunque dispositivo, che unisce pubblicità digitale e televisiva. Per guadagnare visibilità ha perfino fatto costosi spot pubblicitari in eventi di grande richiamo come il SuperBowl, la finale del campionato di football americano, o il Festival di Sanremo.
Tra le innovazioni di Temu c’è quella di ricorrere alla «gamification», una strategia per invogliare i consumatori ad acquistare articoli di cui non avrebbero mai avuto bisogno con un’azione di convincimento subliminale. E i risultati si vedono: i 4,6 milioni di utenti dell’app di shopping nel 2022 si sono moltiplicati in un anno fino ad arrivare a 82 milioni. La casa madre, quotata al Nasdaq, nel terzo trimestre 2023 ha annunciato ricavi per 9,4 miliardi di dollari e profitti per 2 miliardi di dollari (+94 per cento).
Mentre Shein è focalizzata sulla moda, in particolare quella femminile, e sugli articoli per la casa, Temu spazia dall’abbigliamento ai piccoli elettrodomestici da cucina. Marca quindi da vicino Amazon anche se, a differenza del colosso Usa, si rivolge essenzialmente a un consumatore a basso reddito. Gli analisti di JP Morgan hanno stimato che il sito di ecommerce cinese spenderà, per le sue attività di marketing, quasi tre miliardi di dollari nel 2024 rispetto agli 1,7 del 2023.
Entrambi i gruppi del Dragone, però, sono incappati in una serie di problemi legati alla sicurezza dei dati personali dei clienti e alla qualità dei prodotti. Le associazioni europee dei consumatori hanno presentato alla Commissione Ue una denuncia in cui accusano Temu di manipolazione dei consumatori e di violazione del regolamento europeo sui servizi digitali. Il big asiatico, che conta più di 75 milioni di utenti mensili in Europa, «è pieno di interfacce ingannevoli per incoraggiare i consumatori a spendere di più sulla piattaforma», ha spiegato Monique Goyens, direttore generale dell’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC). Il meccanismo è «offrire ai consumatori versioni diverse e più costose dopo aver cliccato su un determinato prodotto».
Un altro punto oscuro è la qualità di ciò che viene venduto online. Altroconsumo ha testato 13 cosmetici presenti sulla piattaforma Temu e ha scoperto che nove di essi non specificavano, o lo facevano solo parzialmente, l’elenco degli ingredienti.
Le grandi piattaforme cinesi rappresentano una minaccia anche per altre catene di fast fashion come Uniqlo, Primark e Zara. «Dato che la logistica ha costi esorbitanti, Amazon sta cercando di contrastare Temu con la creazione di una sezione di prodotti a basso prezzo, ma con consegna a 9-10 giorni. La logica è: ti faccio risparmiare, ma aspetti qualche giorno in più» commenta a Panorama Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano. «Zara al momento non dovrebbe risentire dei prodotti a basso prezzo perché si è creata un profilo fashion e si colloca su una fascia di utente più alta».
Shein e Temu hanno rivoluzionato pure il mercato delle consegne. I prodotti vengono spediti ai clienti, direttamente dalle fabbriche in Cina, via aerea. Secondo un report di Reuters, il fast fashion rappresenta la metà delle spedizioni transfrontaliere di e-commerce della Cina e un terzo degli aerei cargo a lunga percorrenza. Cargo Facts Consulting ha calcolato che Temu fa partire circa quattromila tonnellate di prodotti al giorno e Shein cinquemila. Flussi che stanno monopolizzando il traffico cargo aereo.
Con questi numeri, con queste strategie, arginare la valanga cinese sembra una battaglia perduta per chiunque. Un fenomeno simile al mercato delle auto elettriche. E Bruxelles è convinta che, come per l’automotive, i dazi possano fare da sbarramento.
Per questo il piano allo studio della Commissione Ue prevede di colpire i prodotti che costano meno di 150 euro, attualmente in regime di duty free, offerti dai colossi del commercio tech. Secondo la Commissione Ue, nel 2023 sono stati importati 2,3 miliardi di articoli al di sotto della soglia in esenzione doganale. Le importazioni del commercio elettronico sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 350 mila articoli in aprile, ovvero quasi due consegne a famiglia.
Noci è scettico sull’efficacia dei dazi al Dragone. «Possono essere facilmente aggirati. Basta vedere cosa è successo con le sanzioni alla Russia messe per l’invasione dell’Ucraina: semplicemente le merci passano tramite i Balcani. O con il traffico di prodotti cinesi attraverso il Messico per eludere i dazi americani. Con i cinesi la soluzione più efficace è negoziare, minacciando anche di interrompere le esportazioni di prodotti a loro necessari. Ma trovare accordi su vari tavoli è complesso perché c’è il rischio di danneggiare gli interessi di singoli Stati. Proprio quanto sta accadendo con l’automotive, dove i balzelli alle industrie cinesi hanno messo in difficoltà le industrie tedesche di auto».
Si tratta di una guerra difficile anche per un altro aspetto. «Questi provider del commercio elettronico» conclude Noci «sono il braccio armato di Pechino rispetto al surplus produttivo che non riesce a essere assorbito a livello nazionale». Un altro fronte dello scontro tra il blocco europeo, debole e frammentato, e quello cinese, compatto e agguerrito.