Quattro autrici per l’estate: dal ‘taccuino’ alle voci degli expat, ecco i libri da portare con sé
Quattro libri per l’estate, quattro libri scritti da donne.
Poesia, racconti, e un insolito vademecum, un oggetto ibrido da mettere in borsa quando si va al mare. Quest’ultimo si intitola BookSunLover, l’ha scritto la giornalista Isa Grassano ed è uscito in primavera per Giraldi. Un “taccuino per chi ama leggere, viaggiare ed esplorare il mondo attraverso le parole e i luoghi da ricordare”. Le sue pagine sono costellate infatti di schede di lettura dove annotare appunti personali, riflessioni o recensioni estemporanee. I libri da portare in vacanza, quelli già letti da rimembrare, i proverbi, le frasi sottolineate e le citazioni fondamentali di libri. E non mancano gli elenchi delle mete visitabili o visitate, delle attività da svolgere, dei piatti locali sine qua non, dei posti instagrammabili. E ancora, testi disseminati qua e là con location di serie tv, musei laterali e rari, giochi, pillole di storia e geografia, curiosità e wishlist assortite.
Che siate in spiaggia o al lago, in montagna o in un parco, un’idea assolutamente originale, questa di Grassano; una sorta di carnet de voyage che rimanda al Grand Tour dei Goethe e ai viaggi con la v maiuscola di gente come Herman Hesse e Bruce Chatwin. D’altronde un certo Oscar Wilde asseriva di non viaggiare mai senza il suo diario per avere sempre qualcosa di sensazionale da leggere.
Sempre in primavera è uscito, per Radici Edizioni, E c’erano gerani rossi dappertutto (sottotitolo “Voci femminili della diaspora italiana in Nord America”), un’antologia di racconti di sole autrici donne contemporanee ed expat negli States. Tutte di origini italiane, tutte chiamate a confrontarsi con le proprie radici. Una delle due curatrici (l’altra è Michela Valmori) è Valentina Di Cesare: abruzzese ma trapiantata al nord, Valentina è una delle migliori scrittrici del tempo presente. Ha alle spalle tre romanzi, uno più bello dell’altro (“Marta la sarta”, “L’ anno che Bartolo decise di morire” e “Tutti i soldi di Almudena Gomez”).
Vanta natali abruzzesi anche Ada Sirente (il nome è d’arte), autrice di un libro straordinario come Dura mater (Miraggi Edizioni), sperimentale e intriso di un post-stream of consciousness, palpitante di preziosa poesia. Mariella è nel letto numero 5 della terapia intensiva. Una cicatrice demarca il confine tra un limbo di visioni e la realtà che le sfugge. È in coma farmacologico, operata al cervello. Dubita di sé, non riesce a ricostruire gli eventi. Una cicatrice separa anche i suoi due luoghi: Roma, un fondale di carta, e l’Abruzzo, la sua terra antropologica. Miscelando un affilato argot medico e corruschi tratti lirici, alla fine la strada da percorrere è una sola: quella del capetiempe dei contadini abruzzesi. Il ripartire sempre daccapo insieme al volgere delle stagioni, sublimando il dolore delle sciagure: quelle individuali, quelle collettive di terremoti e frane.
Last but not least, una raccolta di poesie di una ragazza bresciana, Arianna Galli. Il suo Il deserto di Milano (edizioni Ensemble) è una suggestiva rêverie, una rapsodia in tre movimenti che attingono dal cinema, dalla musica jazz, dalla pittura, dall’esistenzialismo francese e da uno dei principali genius loci metropolitani, l’haute couture. Brand arcinoti e amore in privata piazza, alchimie di profumi e scintillanti mise per l’anima. Sullo sfondo, l’ex capitale morale rarefatta della pandemia. Elitaria al naturale, poco prima di tornare al “volgare” brulicare. Tutto molto seducente, mesmerico. “I cunicoli di valvole/di tubature/città di fango/un’ampolla verde/piove/sanguina a Milano”.
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