La lotta alla malattia e il sogno di tornare in campo. Matteo si spegne a 34 anni
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foto da Quotidiani locali
È iniziato tutto con un dolore al braccio, un gonfiore inspiegabile. Sembrava fosse una botta, una semplice contusione, invece era l’avamposto di un tumore contro il quale sono state inutili cure e operazioni.
Matteo De Lazzari è morto a soli 34 anni, dopo una malattia affrontata a testa alta, «senza mai far passare il suo dolore o le sue paure agli altri» raccontano gli amici, e cercando inoltre di frequentare fino all’ultimo il campo della sua amatissima squadra di calcio: il Postioma Porcellengo.
«Non era solo il suo sorriso a contraddistinguerlo» lo ricordano le persone che gli sono state più vicine, «ma soprattutto il suo altruismo e la sua bontà d’animo nell’aiutare il prossimo». Matteo, geometra, impiegato in una dita di ponteggi di Ponzano, era un ragazzo attivissimo, ma soprattutto sportivo, appassionato di calcio «e parecchio», sorride l’amico Marco Valcarenghi, dirigente del quel Postioma Porcellengo in cui aveva iniziato a giocare fin dalla nascita della società, dopo l’adolescenza nelle fila del Paese.
Matteo vestiva la maglia con orgoglio e impegno. Quando la malattia lo ha costretto lontano dal campo, è rimasto vicino alla società ed ai compagni di squadra, riuscendo anche a partecipare ad alcuni allenamenti nei giorni in cui, un anno fa circa, sembrava che le cure avessero fatto effetto. Poi la scoperta che il tumore si era spostato, non più il braccio, ma il polmone. Ma non ha mai smesso di lottare, di credere, di esserci, anche per i colori della sua squadra che l’ha tenuto in rosa e poi promosso dirigente.
Al suo fianco la famiglia, papà Giovani e mamma Malvina, il fratello maggiore Christian con la sua compagna Francesca e l’amato nipotino, ma anche e soprattutto la fidanzata Elena che gli è rimasta vicino fino all’ultimo, sostenendolo anche nei momenti più bui.
«Sognava di tornare in campo», raccontano la fidanzata e la cognata, «una speranza che ora è volata via con lui ma che lascerà il segno ora e sempre in quel campo da calcio dove lui si sentiva a casa e nel cuore di tutti coloro che lo hanno sempre amato».
«Eravamo tutti speranzosi dopo il primo ciclo di cure e l’operazione» ricorda dolorosamente il fratello Christian, «anche lui era contento. Quando ha capito che la malattia era tornata non ha mai perso la forza, ha continuato a combattere come un campione fino all’ultimo. Matteo era una persona buona, altruista, un po’ timida se volete ma disponibilissima e con una voglia di vivere incredibile. Stava programmando di farsi una vita con Elena, guardava avanti».
A dimostrare il suo legame con la comunità degli amici, dei giocatori, del suo paese, la famiglia e la sua società hanno condiviso la scelta di celebrare i funerali nel campo di calcio di Porcellengo, quello dove per anni si è allenato, ha sudato, ha riso e si è impegnato Matteo.
Si terranno mercoledì mattina, 31 luglio, alle 9 dopo la partenza dall’obitorio del Ca’ Foncello di Treviso alle 8.30. Anche a ringraziamento dell’assistenza di questi mesi, su richiesta dello stesso Matteo – che ha deciso di donare le cornee – eventuali donazioni dovranno essere fatte allo Iov o a favore dell’Advar.