La destra attacca Khelif, esclusa dai mondiali di boxe dopo il gender test ma presente alle Olimpiadi. Abodi: “Non garantita la sicurezza”
Diventa un caso politico l’incontro di boxe tra Angela Carini e Imane Khelif, l’atleta algerina iperandrogina che era stata esclusa dai mondiali di boxe per non aver superato i test d’idoneità di genere, noti come test di verifica del sesso. La 25enne – che aveva già gareggiato a Tokyo 2020 – è stata ammessa a Parigi 2024 dopo una nuova verifica dei livelli ormonali che rispettano i parametri del Comitato olimpico internazionale.
Il presidente di Gaynet, Rosario Coco, ha spiegato che Khelif “non è una donna trans” ma una “persona intersex” che “si è sempre socializzata come donna e ha una storia sportiva nelle competizioni femminili”. Un caso, insomma, molto simile a quello di Caster Semenya. Ma le sue prestazioni non sono passate inosservate e, da quando è entrato in calendario il combattimento contro Carini, la destra si è scatenata.
“Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi europei, mondiali e Olimpiadi. Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico”, ha detto il ministro per lo Sport Andrea Abodi. “Domani, per Angela Carini non sarà così”, ha sottolineato.
Lo scorso anno l’Iba, la federazione internazionale di pugilato, aveva escluso Khelif rintracciando nel suo Dna “cromosomi XY”, come riferì alla Tass. Fu dura la contestazione del Comitato olimpico algerino che ha sempre difeso l’atleta perché “è donna e deve gareggiare con le donne”. “Dobbiamo distinguere la pratica sportiva dall’agonismo che deve poter consentire di competere ad armi pari, in piena sicurezza – ha detto ancora Abodi – È del tutto evidente che la dimensione dell’identità di genere in ambito agonistico pone il problema delle pari opportunità o delle stesse opportunità”. Negli scorsi giorni si era mosso anche il Coni che, come riporta lo stesso comitato guidato da Giovanni Malagò, “si è attivato col Cio affinché i diritti di tutti gli atleti e le atlete siano conformi alla Carta Olimpica e ai regolamenti sanitari”.
Il Comitato – aveva già detto Malagò – “ci ha assicurato che sono state fatte verifiche ormonali e scientifiche e che pertanto Imane Khelif può gareggiare da donna”. La destra, in ogni caso, è scatenata. Con tanta confusione linguistica si è espresso perfino il presidente del Senato Ignazio La Russa: “Boxe: un transgender algerino contro una donna italiana ai Giochi olimpici. È politicamente scorretto dire che tifo per la donna?”. Molteplici gli esponenti di Fratelli d’Italia e della Lega che hanno attaccato l’atleta algerina. Martedì aveva iniziato Matteo Salvini in un tweet, quindi è stato del presidente della Commissione dello Sport della Camera Federico Mollicone, di Rossano Sasso, Elisabetta Lancellotta e Marco Perissa. Un solo refrain: “Questo incontro non sarà ad armi pari”.
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