Dalla fede nuziale alla collana: storie e frammenti di vita al Monte dei pegni di Trieste
TRIESTE Frammenti di vita, ricordi, oggetti dati in pegno in cambio di denaro per riuscire a fra fronte alle rate del mutuo, alle bollette o a una spesa improvvisa. Ogni giorno, in via Battisti, decine di triestini entrano ed escono dalla sede della società Affide, che fa credito su pegno e che ha ereditato l’attività di quello che fu il Monte di Pietà.
Gli ultimi gioielli finiti all’asta
In tasca braccialetti, fedi nuziali, spille, anelli, qualche sterlina in oro. Le immagini di alcuni di quei gioielli finiti poi all’asta – perché chi li ha impegnati non è riuscito a riscattarli – sono visibili nei lotti delle ultime vendite bandite nella sede di via Paolo Grossi a Milano. Scorrendo le immagini dei preziosi dei triestini battuti all’asta lo scorso mese di luglio, si notano un anello venduto per 114 euro, un paio di gemelli in oro aggiudicati per 215 euro, tre sterline in oro, Elisabetta II ed Edoardo VII, degli anni 1906, 1957 e 1963, con qualche imperfezione, che qualcuno si è aggiudicato per 1.232 euro. E poi collane, ciondoli, un orologio da tasca di oro venduto per 562 euro.
Le file durante la pandemia
Durante la pandemia, quando le restrizioni per il virus imponevano una distanza tra le persone e gli ingressi contingentati nelle attività, all’esterno di quel servizio di via Battisti si scorgevano quotidianamente file di cittadini in attesa di farsi stimare e poi di impegnare i loro beni. Oggi quelle scene non sono più così visibili, perché gli interni della filiale di Affide sono spaziosi, consentono di gestire con riservatezza ogni singolo caso.
La storica sede
I triestini, come ricordavamo, quando si parla di Banco dei pegni o di Monte di Pietà rimandano subito i loro ricordi alla sede storica di questo istituto in via Pellico. Lì la gestione del Monte di Pietà fu tenuta fino al 1929 direttamente dal Comune di Trieste, per poi passare alla Cassa di Risparmio prima e a Unicredit poi.
Un po’ di storia
Una curiosità, a Trieste il primo Monte di Pietà venne aperto nel 1641 nella sacrestia della Chiesa della Beata Vergine del Rosario. Restò operativo lì fino al 1846, per poi essere trasferito prima nell’ospedale comunale che si trovava sul colle di San Giusto, e poi in via Silvio Pellico, dove le triestine per anni portavano in pegno anche le pellicce: un bene che poi non rientrò più tra quelli impegnabili.
Il servizio di Affide
Ora, come dicevamo, il riferimento per questo servizio è Affide, autorizzata dalla Banca d’Italia, «nata – ci precisano dalla società – dall’acquisizione da parte del gruppo austriaco Dorotheum dei rami d’azienda del credito su pegno di Unicredit (nel 2018), dell’ex Credito Valtellinese (nel 2020) e dell’ex Banca Carige e dell’ex Banca del Monte di Lucca nel 2022».
Come funziona
Il meccanismo è molto semplice: si consegnano gioielli o altri beni di valore e in cambio si ottengono subito soldi contanti. Un sistema che non ha nulla a che vedere con quello dei compro oro, perché in questi casi l’intento iniziale di chi mette piede nella realtà di via Battisti è di tornare a riprendersi quel bene. Con la speranza di riuscire a risollevare la propria situazione economica e di rimettersi in tasca quell’oggetto legato magari ad affetti familiari, a momenti importanti della vita.
Chi necessita di contanti, quindi, impegna lì un prezioso. Al netto dei diritti di custodia, riceve i soldi e una polizza relativa al valore stimato del pegno con validità di 3 o 6 mesi. Se la polizza non viene rinnovata, e quindi il prestito prolungato, e l’oggetto non viene riscattato previa estinzione del prestito, il bene finisce all’asta. Se una persona ha bisogno di più tempo per ritirare il suo oggetto, ha 30 giorni di tempo per il rinnovare la polizza. In media, quasi l’80% delle persone che impegnano i loro preziosi rinnova la polizza, segno dell’intenzione di poter ritornare in possesso del gioiello.
Unica sede in regione
Quella di Trieste è l’unica sede in regione di Affide, quindi a varcare quegli sportelli talvolta ci sono anche uomini e donne di fuori città, che stanno attraversando un momento di difficoltà economica. Ieri, l’unica persona che all’uscita dall’istituto ha acconsentito a raccontare la sua esperienza – una donna di mezza età – sottolineando «l’umanità dell’operatore, che ha capito la delicatezza della mia decisione», testimonia come «chi viene qui non sta attraversando un momento facile, perché chi lascia in pegno un gioiello è ovvio che a quel bene ci tiene, ci è legato, altrimenti molto più semplicemente lo venderebbe».
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