Mestre, allarme temperature: in fabbrica già all’alba per evitare i picchi di calore
Allarme caldo, la Camera del lavoro della Cgil di Venezia, per bocca del suo segretario, Daniele Giordano, invoca indicazioni chiare e uniformi da parte della Regione rispetto alle condizioni di lavoro a causa del protrarsi di temperature elevate, oramai all’ordine del giorno. La Camera del Lavoro chiede un provvedimento sulla scia di quello emesso dalla regione Lazio a fine giugno che va a mettere dei paletti all’«attività lavorativa nel settore agricolo e florovivaistico, nonché nei cantieri edili e affini, in condizioni di esposizione prolungata al sole a tutela della salute e igiene pubblica finalizzato a ridurre l’impatto dello stress termico ambientale sulla salute». Il punto più forte è quello in cui si vieta «il lavoro in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle 12. 30 alle 16». Evidente che se il dettame fosse rispettato nel nostro territorio, sono molti i cantieri che dovrebbero rivedere orari e turni.
Lavoratori a rischio
«Le aziende più grosse e strutturate» spiega Giordano, «non sono il problema maggiore, che riguarda quelle più piccole, con tre, quattro lavoratori, non sindacalizzate». E il vasto e variegato universo degli appalti. «Servirebbe una indicazione netta e forte dalla regione nella quale si dice che con determinate temperature bisogna attivare strumenti di salvaguardia della salute dei lavoratori». Basta pensare ai cantieri edili, alle asfaltature, un tema generalizzato. «Nelle piccole aziende c’è la convinzione che ridurre o rallentare la produzione possa creare un danno, specialmente in quelle artigiane». Fa sapere il segretario della Camera del Lavoro – purtroppo avere una fotografia dettagliata è difficile.
Cassa integrazione
«Nei casi di picchi di calore, i datori di lavoro devono utilizzare tutti gli strumenti possibili per tutelare i lavoratori» chiarisce «compresa la sospensione della lavorazione e l’utilizzo della cassa integrazione, consentito in questi casi». Ricordiamo – precisa – che qualche settimana fa Poste Italiane ha chiuso la sede di Rialto per il troppo caldo. Chiude: «È una scelta politica, come nel caso del Covid, anche se non paragoniamo le situazioni, ma bisogna decidere se si mette davanti la salute o il profitto».
Il caso della Sait
Ci sono aziende che hanno ascoltato le richieste delle Rsu, come la Sait Spa, che gravita su Fincantieri, specializzata nel settore delle coibentazioni e installazione di isolamento termico industriale. «L’azienda» fa sapere l’Rsu per bocca di Sumon Sadek «ha spostato i turni, anticipando l’orario di lavoro alle 6 del mattino. Ci danno delle bottiglie di acqua, abbiamo prolungato le pause e se per caso ci sentiamo male, dobbiamo smettere di lavorare».
La stessa cosa ha fatto la Zago Spa (Gruppo Ferretti) di Scorzè, che ha deciso di cambiare l’orario di lavoro sulla scorta di un protocollo per gestire l’emergenza avanzato da Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil di Venezia unitariamente alla Rsu aziendale. A fronte dell’istanza, l’azienda ha deciso d’intervenire fornendo agli operai dei distributori di acqua fresca e ghiaccioli, e ha autorizzato delle pause supplementari per rinfrescarsi. È stato modificato l’orario d’ingresso e uscita dei lavoratori.
Da una decina di giorni la maggior parte degli addetti alla produzione si reca in fabbrica alle 6 anziché alle 7. 30 e termina alle 13. 30 invece delle 16.30. Questo perché per completare le 8 ore di lavoro giornaliere nel turno normale (7. 30-16. 30) è prevista un’ora di pausa (non retribuita) per il pranzo, mentre con l’orario in vigore adesso (6-13.30), la pausa è stata sposata a fine turno. In busta paga ci sono sempre otto ore di lavoro. Infine sono state aggiunte altre due piccole pause da dieci minuti l’una.