Olimpiadi 2024 – Perché Sara Errani è un fenomeno… contronatura
Quattro game concessi nei quarti (alle britanniche Boulter/Watson), cinque in semifinale (alle ceche Muchova/Noskova) e cinque erano stati anche al primo turno (alle kiwi Routliffe/Sun). Insomma Jasmine Paolini e Sara Errani, già finalista al Roland Garros, hanno rischiato di perdere soltanto con le francesi Garcia/Parry (battute 5-7 7-5 10-8, perché erano ancora in equilibrio nel Super Tiebreak fino al 4 pari, prima di staccarsi, 7-4, 7-6, 9-6, 9-8… e non vale ricordare che nel primo set erano state avanti 5-2 e avevano avuto 4 setpoint).
Però due finali consecutive, Slam e Olimpiadi per la coppia azzurra che si formò al bar del Roland Garros durante il torneo del 2023 quando Sara chiese a Jasmine di provare a giocare insieme, non possono davvero essere frutto di un caso.
Jasmine è il braccio, Sara è la mente. Ma attenzione, nel dire questo non vorrei incorrere in gaffe, e suggerire che Jasmine sappia solo tirar forte – quando ha invece anche lei una bella testa, seppure non la stessa esperienza della sua compagna di quasi 10 anni… meno giovane – o che Sara non sappia anche tirar bello forte quando è necessario.
Il timore delle gaffe, in quest’era dominata dal “politically correct”, è sempre in agguato. Un paio d’anni fa una “parvenu” inglese del giornalismo mi rimproverò aspramente, dandomi del sessista, perché in una domanda del giugno 2022 a Iga Swiatek (cui dopo la dodicesima domanda su un match concluso 6-2,6-1 non si sapeva più che cosa chiedere dopo 35 vittorie consecutive quasi tutte nettissime) osai chiederle se ci fosse una sua qualche motivazione per rinunciare completamente al make-up a differenza della gran parte delle sue colleghe. Eppure Jankovic, Ivanovic, Serena Williams, Maria Sharapova, e decine di altre tenniste erano rinomate negli spogliatoi femminili per come stavano davanti allo specchio prima di scendere in campo. Non ricordo se la parvenu inglese mi disse “Shame on you”, ma fu qualcosa del genere.
L’altro giorno il collega di radio Montecarlo Eric Saillot che conosco da sempre e che era fortemente ammirativo nei confronti di Sara Errani, e lo aveva detto chiaramente a noi italiani poco prima di andare in onda e presentare la semifinale con le britanniche, per elogiare la versatilità di Sara è incappato in una serie di frasi che non volevano essere critiche e tantomeno sessiste (“À gauche, il y a Sara Errani qui est la patronne, elle fait tout : la vaisselle, la cuisine, la serpillière» ”A sinistra c’è Sara che in questa coppia è la padrona, fa di tutto, lava le stoviglie, cucina, dà il cencio” è una mia traduzione un po’ grossolana), ma a seguito di quello è successo un mezzo putiferio. Radio ascoltatori hanno telefonato in radio e ne hanno dette di tutti i colori, invocando provvedimenti. E’ il collega per primo a dire che gli sono uscite male e che non voleva certo offendere né Sara né le donne che a casa fanno le pulizie e la cucina. Però è scoppiato un caso e il malcapitato cronista – da 25 anni e più – sta vivendo momenti difficili per il suo lavoro. Se non proprio come il giornalista inglese di Eurosport Bob Ballard che è stato licenziato in tronco per essersi lasciato sfuggire una battuta – ok infelice ed evitabile – sulle nuotatrici australiane che erano in ritardo ad una premiazione “Saranno a truccarsi, sapete come sono le donne…”.
Però, ragazzi, vorrei dire a difesa di telecronisti e radiocronisti che parlano ore e ore ogni giorno, è vero che oggi occorre stare molto più attenti di una volta e che se oggi un duo cult come Tommasi-Clerici cantasse “Bingo Bango Bongo stare al Congo e quanto segue” finirebbe… all’ergastolo, però nemmeno bisognerebbe esagerare. Certo lo dico io… che indubbiamente appartengo alla vecchia generazione che seguiva i film di Totò ambasciato del Catonga e mascherato di nero, Nino Manfredi “Pane e Cioccolata”, Alberto Sordi in “Amore aiutami” con la Vitti che oggi verrebbero irrimediabilmente oggetto della “Cancel Culture” con i giornalisti che finiscono, per dirla con Totò, “Sul banco degli amputati” (altra battuta assolutamente “scorrect”).
Dopo questo lungo inciso – che spero mi perdonerete – mi voglio soffermare sulla “mente” Errani. E’ un fenomeno. Sì perché si è riciclata, alla bell’età di 37 anni, in un ruolo completamente diverso da quelle che erano le sue caratteristiche naturali.
La Errani singolarista, quella che è ascesa a n.5 del mondo, che è stata finalista al Roland Garros e agli Internazionali d’Italia, era – ed è stata per tutta la sua vita – una giocatrice costretta a difendersi un game sì e l’altro pure.
Sì perché – ma che guaio! – ogni due game le toccava servire. E sul suo servizio non c’era chi non l’attaccasse. E quando a servire erano le altre, uffa, anche in quel caso, doveva – anche lì – quasi sempre difendersi.
Già, il punto d’inizio gioco era sempre delle avversarie. Il pallino del gioco? Anche. Quello restava nelle racchette delle rivali per almeno tutti i primissimi scambi. Così Saretta giocava – e ha giocato sempre – tutta una vita in salita. Dovendo rimontare lo svantaggio iniziale.
Beh, i risultati che è stata capace di ottenere dimostrano che c’è spesso riuscita, in barba a tante previsioni – io la ricordo perfino in un torneo junior qui a Parigi, quando giocava con dei pantaloni che le arrivavano ai polpacci, tipo pinocchietti e davvero non avrei mai detto che avrebbe fatto la carriera che ha fatto… ma mi sbaglio spesso eh; non l’avrei mai detto neppure di Jasmine Paolini! Ma che gioia essere smentito dai fatti. Chissà, a proposito di smentite, quanti si sono sbagliati decretando che Sinner non sarebbe mai diventato n.1 del mondo, che Berrettini non si sarebbe mai più ripreso dopo essersi fermato e sceso in classifica per quasi due anni, che Musetti non sarebbe mai stato capace di raggiungere in un mese semifinali a Wimbledon e a Parigi olimpica… Beh, questi ultimi errori previsionali non li ho fatti io, ma avrei potuto farli come ho fatto quelli su Errani e Paolini singolariste top-5. Quindi massima comprensione con chi sbaglia profezie. Non siamo tutti Mago Ubaldo…
Quanto divago, scusate! Vabbè torno a parlare di Sara e a tutti i tipi possibili di servizio che ha interpretato in un ventennio elencando quelli che ricordo e che non sono certo tutti: a) facendo girare la racchetta dietro le spalle, b) evitando di passarci ad imitazione del movimento di Andy Roddick (ben altrimenti efficace) lanciandosi la palla alta sulla destra, c) tirandosela molto dietro la testa per dare un kick liftatissimo quanto lento (soprattutto da sinistra), d) una battuta simil-volley, la più recente, con il servizio a bilanciere, e) anche il servizio alla Chang vs Lendl dal sotto… magari da giocare con effetto sorpresa sui matchpoint (come ha fatto due volte con le francesi e una con le ceche, tre punti vinti su 3!).
Questa Sara in costante difesa è quella che è stata capace di vincere, accanto a Roby Vinci che intercettava a rete l’intercettabile, cinque Slam, diventando n.1 del mondo di doppio.
Lei costruiva da dietro, Robertina chiudeva davanti pur senza avere una grande potenza. Ma che tocco però. Che riflessi. Che occhio, che intuito nel cambiare campo al momento giusto, nell’intercettare.
Passano gli anni e Sara in singolare, passata attraverso varie vicissitudini assai sofferte e mai troppo ben chiarite che non vale comunque la pena di ricordare in questo contesto olimpico, ma che non le hanno offuscato minimamente mai la voglia di combattere, di non arrendersi mai, di continuare a… difendersi per aggrapparsi a posizioni ben diverse nel ranking WTA da quelle sulle quali si era arrampicata, incontra Jasmine Paolini e, più di Arturo Brachetti e Lady Gaga si trasforma in quella che non era mai stata. Attaccante a tutta. Una trasformazione quasi contro natura. Usava il lob, con grande maestria, come arma difensiva? Beh, non più: ora lo usa per scavalcare la ragazza a rete (e lo fa con una precisione da metronomo) e poi buttarsi in avanti. Le tirano addosso? Lei non trema. E i riflessi non le mancano. Sembrano anzi, dopo tante sollecitazioni ravvicinate, in continuo ipersviluppo. Sara reagisce, replica, ribatte. Spesso con una drop-volley. Così costringe chi le ha tirato addosso a correre in avanti, a piegarsi, a raccogliere una palla che rimbalza poco o nulla, e tirarla su è difficilissimo se ci si arriva con il rovescio bimane di quasi tutte (ci sono 25 cm in meno a farlo con due mani) o se invece la palla affonda dalla parte del dritto ci vuole un grandissimo colpo di polso per far partire una frustata che dia sufficiente velocità alla palla: ma lì ci vorrebbe un Rafa Nadal!
L’intelligenza tennistica di Sara Errani non è mai stata messa in discussione. Né prima, né ora, né poi. Ma riuscire a giocare… contro natura (!) non era mica semplice. Per questo dico e sostengo che è un fenomeno. Perché lei non si limita a giocare volée sempre piazzate, quando stoppate e quando no. Lei ha imparato a far… la Vinci. E quasi meglio della Vinci. Perché ha sviluppato uno straordinario intuito nel prevedere le mosse delle avversarie, nell’intercettare loro intenzioni e loro colpi.
Questa è virtù da attaccante, non da “difensora” quale è sempre stata. Guardatela quando sta a rete. E’ rarissimo che la sorprendano, e sì che tirano tutte forte oggi come oggi, quando lei si sposta. Sara coglie il tempo giusto. Cambia nel primo quindici di un match…perché le altre pensano “Beh, mica cambierà subito”. Se una le tira addosso una prima volta e lei sa di aver volleato corto capisce prima se l’avversaria insisterà a tirarle addosso più da vicino, oppure se scoraggiata dalla sua prima volée cambierà obiettivo e cercherà la Paolini. E allora Sara è già lì, pronta a ghermire quella palla.
Sara, che si protegge il gomito con quella fascia lunga può dare l’impressione di non aver abbastanza forza. Certo non tira forte come Jasmine quando la “toscana” picchia forte il dritto (meglio in cross vero?), però Sara ha più forza – anche con lo schiaffo e lo smash a bilanciere (e non) – di quanta ne avesse la Vinci. Se può evitare l’opzione potenza e può giocare sull’angolazione delle sue traiettorie lo fa, naturalmente. La lucidità nelle scelte da operare non le manca mai. Non capita mai di dire: ma guarda che incredibile sciocchezza ha fatto Sara. Se sbaglia sbaglia perché l’hanno travolta con una pallata di risposta al servizio, la cui seconda palla tradisce spesso l’inevitabile insicurezza accumulata in 20 anni di sofferenze, oppure approfittando di un colpo venuto corto a lei o a Jasmine, ma non sono mai errori stupidi, di quelli che ti fanno dire (ma per altri giocatori e giocatrici) “ma che gli è saltato in mente, come ha potuto?”.
Certo è stato più facile, meno difficile, affrontare giocatrici non straordinarie come Boulter e Watson, o non così affiatate come Muchova e Noskova – giocavano il primo torneo insieme – piuttosto che le sorellone Williams, con le quali si imbatterono a suo tempo a Wimbledon Sara e Roberta, però oggi tenniste della forza, dello strapotere atletico delle Williams non ci sono, e allora una tennista con la visione, l’intelligenza, il cervello tennistico di Sara, ben coadiuvata da una Paolini che ha sempre tirato forte ma soltanto da qualche mese le mette molto più dentro che fuori e le mette a pochi centimetri dalle riga di fondo, può fare la differenza.
Stefano Tarantino, l’altro inviato qui a Parigi con Vanni Gibertini – tutte le sere dopo mezzanotte facciamo Radio Olimpiadi, il riassunto di una giornata olimpica, tennis e extratennis che potete trovare al mattino su Ubitennis – è andato a vedere e a studiare le russe che hanno vinto facilmente l’altra semifinale. Al Roland Garros Sara e Jasmine avevano dato 6-3 6-3 alla Shnaider che però giocava in coppia con la Navarro. Leggete il suo articolo se volete saperne di più. Anche Sara e Jasmine sono andate a studiarle. Ci mancherebbe. Non sono mica qui a pettinare le bambole! (ma si può dire?)