Nulla sulle concessioni balneari. Sul tavolo del cdm che si riunisce il 7 agosto, ultimo appuntamento prima della pausa estiva, nonostante le promesse della maggioranza c’è alcun provvedimento che intervenga sul caos delle gare previste dalla direttiva Bolkestein e avviate in ordine sparso dagli enti locali dopo che il Consiglio di Stato ha sancito l’illegittimità […]
Per il 9 agosto è stata annunciata una sorta di serrata – due ore di ritardo nell’apertura degli stabilimenti – per protesta. Nei giorni scorsi Antonio Capacchione, presidente di Sib-Confcommercio, ha attaccato l’esecutivo dal sito Mondobalneare dicendo che “non è in grado di gestire il problema” e contestando la premier: “Meloni ci ha promesso qualcosa che non ha saputo mantenere. Non ha avuto nemmeno l’umiltà e la serietà di ammetterlo. Se non è in grado di arrivare a una soluzione diversa, sarebbe opportuno portare a compimento la legge di Draghi. Invece non ha fatto nemmeno questo, e ciò è paradigmatico della sua incapacità“.
L’attendismo del governo sembra suggerire che Chigi intenda di fatto rimettersi alle decisioni di Bruxelles, che come è noto ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata applicazione della Bolkestein. Al parere motivato arrivato a novembre l’Italia ha risposto con la mappatura delle coste di cui sopra, secondo cui solo il 33% dei litorali sarebbe occupato da imprese balneari. Risultato a cui si arriva però solo annoverando nelle aree costiere anche aree militari, aeroporti, parchi naturali, porti e aree industriali. Il prossimo passo potrebbe essere il deferimento del caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, come ha ricordato martedì un portavoce della Commissione.
“Il governo sulle spiagge non ha preso in giro solo i balneari ma tutti gli italiani”, attacca il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra Angelo Bonelli. “La premier Meloni, con la sua proposta di mappatura che ha aumentato la lunghezza della costa italiana da 8mila a 11mila km, ha anche ridicolizzato l’Italia in tutta Europa. Giorgia Meloni, dopo aver bloccato la riforma del governo Draghi che prevedeva l’indennizzo per i gestori di stabilimenti balneari che avessero deciso di non partecipare alle gare, ha proposto di mandare in concessione le ultime spiagge libere del nostro paese. La sua strategia di privatizzare gli ultimi tratti di costa liberi si lega all’inerzia colpevole della premier di non adeguare i canoni di concessione che hanno generato privilegi inaccettabili. Dalla spiaggia dello stabilimento Bagni Fiori di Paraggi che paga allo Stato 5840 euro l’anno di concessione, cifra che viene incassata in meno di mezza giornata, al Twiga di Briatore di Forte dei Marmi che paga allo Stato poco meno di 20mila euro l’anno ma fattura oltre 9,5 milioni l’anno. Ricordo che lo stesso Briatore ha ammesso i ‘canoni demaniali troppo bassi, dovremmo pagare molto di più”.
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