Bortolotti, innocente come Sinner: “Jannik ha la mia solidarietà. Doparsi con il clostebol sarebbe da imbecilli”
La positività al Clostebol di Jannik Sinner, riscontrata ad aprile ma annunciata pubblicamente soltanto il 20 agosto – insieme alla sua innocenza – ha destato non poco scalpore nel mondo del tennis. Una positività del tutto fortuita, come riportato nella lunga e dettagliata sentenza esaminata dal nostro Michelangelo Sottili, per di più in quantità davvero irrisorie che certo non avrebbero potuto alterare le prestazioni del n°1 del mondo.
Pochi mesi fa, ad ottobre 2023, anche un altro tennista italiano era risultato positivo ad un controllo antidoping. Marco Bortolotti, 33enne emiliano che sta vivendo il miglior momento della carriera (proprio lunedì ha raggiunto il best ranking nella classifica di doppio, n°87, mentre in singolare non gioca più da un paio di stagioni), scoprì con grande stupore a fine novembre che gli avevano trovato tracce di Clostebol, lo stesso anabolizzante cui è risultato positivo Sinner. Giocatori diversi, stesso trattamento: assunzione fortuita e conseguente innocenza provata. In esclusiva ai nostri microfoni, Bortolotti è tornato su quel brutto periodo, raccontandoci le forti emozioni di quei mesi e sparando a zero su chi ha parlato senza sapere nulla.
D: Ripercorriamo un po’ quel che ti era successo qualche mese fa?
Marco Bortolotti: “Certamente. Come ho già detto, per questioni di privacy posso raccontare qualcosa, non tutto, ma non ho nulla da nascondere. Ho avuto un controllo il 4 ottobre 2023, a Lisbona. Dopo quasi due mesi, a fine novembre, dopo un altro paio di controlli anti doping mi era arrivata la notifica che quello di Lisbona non era ok. Abbiamo cercato di capire da dove potesse provenire questa sostanza, ho fatto le mie ricerche e siamo arrivati alla conclusione, raccontando la nostra versione dei fatti che coincideva con le prove di laboratorio raccolte da ITIA e WADA. Sono poi stato scagionato a fine febbraio, con l’accordo che avrei perso i punti e i soldi guadagnati a Lisbona. Per il resto, come nel caso di Sinner, non c’era né colpa né negligenza“.
D: Il regolamento prevede che, pur una volta comprovata l’innocenza del giocatore, gli vengano sottratti punti e soldi ottenuti al torneo in cui è stata riscontrata la positività. Ma ha davvero senso?
Marco Bortolotti: “Onestamente non lo so, ma per tutto ciò che può succedere durante un caso di doping questo è l’ultimo problema. Noi abbiamo accettato questa ‘pena’, senza fare altri ricorsi. Ho avuto le mie spese di avvocato e non è che ho chiesto rimborsi, abbiamo accettato“.
D: Quanto è stato difficile a livello legale sostenere questo genere di spese non previste?
Marco Bortolotti: “Be’, sicuramente per Jannik è stato un pochino più semplice (sorride, ndr). Anche se lui spende ha perso molto di più a livello economico (325.000 dollari, ndr) e io ho perso meno di 1000 euro, per me ovviamente sono state spese grosse. Però ne è valsa la pena: il mio avvocato ha svolto perfettamente il suo lavoro, sono stato contento e va bene così“.
D: Anche nel tuo caso è stato reso tutto pubblico dopo la sentenza.
Marco Bortolotti: “Sì esatto, anche perché prima bisogna fare tutti i controlli e gli accertamenti del caso. Non si può uscire dicendo ‘è stato trovato positivo’ e basta, non si sa neanche a quale sostanza. Il giocatore poi ha la possibilità di chiedere la controprova, c’è un processo e un percorso da affrontare. Soltanto quando si arriva alla conclusione allora il caso può essere esposto“.
D: Quanto è difficile vivere momenti del genere? C’è qualcuno in particolare in cui hai trovato conforto?
Marco Bortolotti: “Subito mi è caduto il mondo addosso. Ho cercato di capire come tutto ciò fosse possibile, poi si è capito che proveniva da una crema. Nel caso di Jannik credo sia uno spray, ma è sempre Trofodermina. Le pene non erano bellissime, si passava da un minimo di due anni ad un massimo di quattro: per me sarebbe finita la carriera. Avrei avuto anche grosse macchie sul mio futuro da allenatore, che è un percorso che mi piacerebbe molto intraprendere. La mia compagna e la mia famiglia mi sono stati molto vicini, non era facile. Io mi sono chiuso abbastanza, ho cercato di risolvere il caso sperando che andasse tutto bene e per fortuna così è stato”.
D: Anche per te i tempi non sono stati troppo lunghi…
Marco Bortolotti: “Quello che c’era scritto sui giornali era sbagliato. Io ho avuto la notizia a fine novembre, quindi sono passati due mesi e mezzo. Per me è stato infinito. Anche Jannik ha ricevuto la notizia ad aprile…”.
D: Vero, però ha anche ricevuto due sospensioni provvisorie che gli sono state rimosse dopo pochissimo tempo. Sinner non ha mai smesso di giocare, come del resto non hai mai smesso neanche tu, vero?
Marco Bortolotti: “No, neanch’io ho mai smesso. A parte che quando mi è arrivata la notizia ero al mio ultimo torneo dell’anno, poi al primo torneo della stagione successiva sono stato scagionato. Non è stata una bella off season sicuramente: non ho potuto godermi la famiglia e il relax, né programmare il futuro. Non sai che cosa ti succederà“.
D: Come credi che Sinner riuscirà a gestire questa situazione? Hai magari qualche consiglio da dargli?
Marco Bortolotti: “Io credo che lui l’abbia già gestita, in teoria potrebbe essere tutto finito, a meno che la WADA non impugni nuovamente il caso. Ormai si può mettere la situazione alle spalle. Poi certo, lui è un personaggio pubblico e rispetto al mio caso lo sapranno molte più persone, ma credo e spero per lui che il peggio sia passato. È veramente una stupidaggine: parliamo di una crema per ferite che non influenza le prestazioni, anche a lui hanno trovato una quantità minima.
Ai tempi della mia accusa avevo parlato con un amico biologo che mi ha detto, testualmente: ‘se ti dopi con il Clostebol sei veramente un imbecille‘. Fa parte della famiglia degli steroidi, ma non è uno steroide vero e proprio. Se ti vuoi dopare prendi altri ‘bol’, non sicuro il Clostebol. Chi come Kyrgios, Pouille o Shapovalov parla a sproposito è perché non ha fatto analisi e non sanno bene di che cosa parlano. Leggono un titolo e parlano perché hanno la lingua o perché sono invidiosi. Jannik ha tutta la mia solidarietà e il mio appoggio“.