Tajani dice che Forza Italia non arretra sullo Ius Scholae e a destra cresce la tensione
È sempre più frontale lo scontro tra Lega e Forza Italia sullo ius scholae. Ancora sul ring Matteo Salvini e Antonio Tajani che, a distanza di 24 ore, si prendono l’abbraccio del Meeting di Rimini, finiscono al centro di foto-clou (il primo ieri su un trattore di Confagricoltura; il secondo con una bimba di colore in braccio, che la Farnesina ha aiutato per l’adozione) e non smettono di sfidarsi. Appena arrivato dagli amici di Comunione e liberazione e già incalzato dai cronisti, il leader forzista rivendica anche qui la libertà di discutere di una riforma della cittadinanza. Ma, guantoni ben saldi, affonda il colpo: «Non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualcosa a me, quindi sono libero di parlare».
Insomma la Lega è avvisata. Ma il partito di Salvini non ci sta e va al contrattacco. Nel pomeriggio rilancia sui social un video di Silvio Berlusconi che, ospite di Fabio Fazio, diceva no allo ius soli e in parte allo ius scholae, per paura di invasioni di migranti in Italia. Fino alla chiosa leghista: «Ascoltate le parole inequivocabili del grande Silvio».
Una mossa che spiazza FI. In molti nei padiglioni del Meeting non esitano a definirlo un colpo basso ed eccessivo. Tanto che Tajani risponde secco: «Credo di conoscere bene il pensiero di Berlusconi e non credo che Berlusconi debba essere utilizzato per fare polemiche politiche». E rispolverando il passato, 15 anni dopo torna pure il sì allo ius scholae di Gianfranco Fini. «Sulla cittadinanza io non ho cambiato idea e confermo tutto quello che dicevo allora», assicura l’ex presidente della Camera che nel 2009 fu portavoce battagliero di una legge per i nuovi italiani.
A proporla erano due deputati di Pdl e Pd (Fabio Granata e Andrea Sarubbi) ma lo scontro altrettanto acceso e sostenuto dalle stesse argomentazioni non è nel programma di governo e non è un’urgenza. Contrarissima la Lega di Bossi, per Fini invece era «una questione di civiltà politica».
Quindici anni dopo, la saga sullo ius scholae ha una nuova puntata. Sull’ipotesi di una legge che possa cambiare requisiti e condizioni per diventare cittadini italiani, a partire dai figli di stranieri nati o cresciuti in Italia, da giorni il match è tutto nel centrodestra. E con i palazzi della politica ancora chiusi, ogni occasione o location è buona. Così ne approfitta Tajani che a Rimini, facendosi scudo dei cattolici di Cl – così vicini agli elettori di Berlusconi e sensibili a solidarietà e integrazione – cerca una sponda con loro.
«Essere italiano, essere europeo, ed essere patriota non è legato a sette generazioni, ma a quello che sei tu», scandisce. E insiste su formazione, identità e cultura, perché se «accetti di essere europeo nella sostanza, sei italiano ed europeo», è il suo assioma. Che poi traduce con parole più pop: «Io preferisco quello che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli all’italiano da sette generazioni che non lo canta».
Gli applausi dalla platea non mancano e l’obiettivo di distinguersi – come forza moderata e cattolica – rispetto alla destra sovranista e anti migranti, sembra centrato. Parallelamente, e nonostante le stoccate reciproche, il segretario azzurro dà prova di equilibrismo garantendo lealtà agli alleati. Parte dal personale: «Io ho tanti difetti, ma la lealtà è uno dei pochissimi pregi che ho». E vira sul partito: «Il governo può dormire sonni tranquilli. FI è parte integrante del centrodestra e vogliamo allargare i confini per far avere più voti al centrodestra». Lega e Fratelli d’Italia restano freddi. A parte sciorinare il no allo ius scholae perché non è nel programma di governo (ma Tommaso Foti di FdI ammonisce pure dal rischio di «creare confusione nella maggioranza») o ricordare che oggi «i diritti dei minori sono assolutamente garantiti» (parola del governatore leghista Massimiliano Fedriga).
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