Piano anti-degrado in Borgo Stazione a Udine, cittadini contrari al taglio delle siepi: «Progetto inutile, i problemi restano»
UDINE. Motosega al lavoro, il cassone del camion che va pian piano riempiendosi. Di foglie, rami ed arbusti. Rami, radici, tutto. Via, non lascian nulla gli operatori incaricati dal Comune di Udine. Tagliano, ordinati puliscono, come da precise istruzioni.
Il verde, a bordo carreggiata, cede così il passo a un deserto di asfalto e terra battuta dal sole agostano. Niente più siepi: è il primo risultato della strategia scelta da palazzo d’Aronco per dare scacco matto al degrado in Borgo Stazione. Allo spaccio e alla sporcizia. Ma ai “pedoni”, ai cittadini, molti dei quali residenti in loco, la mossa non piace. Anzi.
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È quindi mentre passeggiamo su viale Leopardi, al fianco degli addetti ai lavori in azione, che incontriamo Daniela Zilli: «Sono senza parole – ci rivela, guardando lo scenario che le si para di fronte –. I passi da fare per migliorare la situazione generale sono ben altri. Ci vuole il dialogo: togliere quei pochi rami che abbiamo non serve a nulla. Ritengo sia giusto intervenire, ma non in questo modo».
Al tavolino di un bar, ci accostiamo a Carmen Pappalettera, il suo fido cagnolino al guinzaglio: «Abito qui da sempre – ci racconta – e in vent’anni ho visto il quartiere peggiorare sempre di più. Siepi o non siepi, qui non si può più uscire, non si può vivere. Tempo fa, di sera, ero solita fare quattro passi nella zona: adesso tocca ritirarsi. Di notte si sentono gli schiamazzi della gente che litiga. Mi fa pena anche la Polizia, che ha le mani legate. Difficile che la situazione cambi».
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Al riparo dalla calura anche Enrico San Marco, a cui il recente “disboscamento” non pare una soluzione utile a ridurre il traffico di stupefacenti nel borgo: «Chi ha quei problemi non li ferma neanche il diavolo. Se non ci sono le siepi, trovano di certo un altro modo per condurre i loro affari. Quando ero piccolo, le siepi erano belle alte e non c’era alcun problema. Piuttosto che togliere le siepi, sarebbe da mandare via certa gente con cattive idee in testa». Da qui l’aneddoto: «L’altro giorno ero seduto a farmi gli affari miei, mi si avvicina uno di questi ragazzi e mi chiede se volessi del fumo. Ogni angolo è buono».
Sono venuti apposta per osservare la situazione, Gioia Urbanet e Gianni Freschi: «È una porcheria – concordano i due –. Così come sono, le siepi non sono belle, ma andrebbero curate, non rimosse, assassinate. Così siamo noi che dobbiamo adattarci a “loro”. La pianta non ha nessuna colpa. E se la droga venisse messa sugli alberi? Tagliamo pure quelli?».
Sull’argomento, Paolo Sacco, presente nel quartiere con la sua attività, ha già il proprio pensiero in merito, frutto di testimonianze dirette: «Radici e copri radici vengono già utilizzate per lo spaccio. Così come le serrande dei negozi. Ogni giorno ci sono povere persone che si siedono sulle nostre vetrine, anche a dormire. Ogni tanto qualcuno ha degli istinti violenti: la mia macchina l’hanno ammaccata con un pugno».
Ci imbattiamo quindi in Gabriele Cragnolini, dell’Associazione Italia Nostra. «Temiamo che questo modello venga replicato in altre aree verdi di Udine. Diventa un precedente drastico».
E ancora, la residente Mimoza Myrtezai: «Ogni sera questi ragazzi vengono a litigare, lasciano lì la droga, rifiuti, che ci siano le siepi o meno». Mentre ce ne andiamo, assistiamo a quello che sembra uno scambio fra compratore e acquirente, di fronte a un marciapiede già spoglio. L’opera che intanto continua.
«Questo – ricorda l’assessore a Polizia locale e sicurezza partecipata Rosi Toffano – è solo il primo passo di un progetto più ampio che proseguirà, per esempio, con l’installazione dei cestini anti-intrusione, con una più frquente pulizia delle strade. Con ciò che era emerso da un confronto con i cittadini, i quali avevano espresso le loro perplessità e chiesto quindi che venissero applicate determinate misure».
Lasciamo il borgo, fra polvere e rami strappati. Chi passeggia, chi continua a lamentarsi. Chi fa Dio solo sa cosa.