Femminicidio di Nicoleta, il piano del marito per eliminare ogni traccia del delitto
Nicoleta Rotaru è morta da qualche ora. Erik Zorzi, che sette mesi prima aveva formalizzato la separazione dalla moglie pur continuando a vivere sotto lo stesso tetto, ha appena perso la madre delle sue bambine. Eppure quella mattina del 2 agosto 2023, appare tranquillo.
E si preoccupa di far prendere aria e sole alle lenzuola del letto matrimoniale condiviso la notte con la moglie, appena trovata senza vita nella stanza da bagno che sarà poi risultata chiusa dall’esterno dal killer grazie a uno spago avvolto su un lato dell’elemento a scorrimento del chiavistello (non c’era la chiave), poi sfilato attraverso la fessura tra porta e stipite. Comportamento singolare per un uomo, il cui ultimo pensiero era quello di rassettare la casa. Comportamento che era stato notato dai vicini e riferito agli investigatori, i carabinieri di Abano: informazione caduta nel vuoto.
Se fossero stati esaminati le lenzuola e i cuscini dove era stata uccisa da poco Nicoleta, forse si sarebbero trovate tracce di liquidi biologici della donna. Liquidi che vengono rilasciati dal corpo quando una persona viene uccisa per strangolamento o, comunque, per asfissia. Peraltro nell’interrogatorio successivo al suo arresto, scattato il 22 marzo scorso, Erik Zorzi aveva ammesso di aver sfregato il materasso con dell’aceto quella notte d’agosto «perché c’era una macchia di sudore». Un particolare importante del tutto trascurato nell’indagine.
E, probabilmente, neppure riferito al medico legale che aveva concluso per un suicidio ipotizzando che Nicoleta, trovata rannicchiata nel piatto della doccia e con la cintura dei pantaloni del marito intorno al collo anche se non stretta, si fosse uccisa impiccandosi. Salvo poi rovesciare la ricostruzione, dopo il ritrovamento del file audio contenuto nel cellulare della vittima che aveva registrato le sue ultime ore di vita in compagnia del marito-assassino (presunto, almeno finché non ci sarà una sentenza). E, solo allora, tracciare un altro quadro della storia: Nicoleta sarebbe stata aggredita mentre era stesa prona a letto per dormire, la cintura improvvisamente stretta nella parte anteriore della gola dall’omicida che le stava a cavalcioni sulla schiena (ecco perché non c’erano segni nella parte retrostante del collo).
«Il dettaglio delle lenzuola stese in terrazzo era stato fatto presente da parte nostra» spiega l’avvocata Roberta Cerchiaro che tutela la famiglia Rotaru, «Evidentemente Zorzi ha cercato di pulire la scena del crimine: non era il tipo di uomo che si sarebbe preoccupato di mettere in ordine la casa. E a poche ore dalla morte della mamma delle figlie». Figlie di cui non si preoccupava troppo, nonostante l’affidamento condiviso, se non per ricattare l’ex tanto da essersi licenziato poco prima di definire la separazione per avere ridotto l’assegno degli alimenti.
Già perché se Nicoleta da anni viveva un inferno accanto al marito sempre pronto a umiliarla e a pestarla, l’orrore era vissuto pure dalle due bimbe picchiate in modo selvaggio e brutale di fronte alla mamma come emerge dalla montagna di file audio registrati dalla 39enne a partire dal 2017. È in quest’ultimo anno che matura la decisione di chiudere l’esperienza coniugale tenuta in piedi solo per amore delle sue bambine.
Bambine per sette mesi – dall’agosto 2023 al 22 marzo 2024, giorno dell’arresto di Erik Zorzi – alla totale mercè del padre che, dopo la tragedia, aveva loro imposto il silenzio sulla vita familiare. Di quei maltrattamenti, tuttavia, non c’è traccia nella richiesta di rinvio a giudizio che, il 17 settembre, porterà Zorzi davanti al gup padovano Elena Lazzarin, chiamata a decidere se spedire (o meno) l’imputato davanti alla Corte d’assise.
Il reato contestato dal pm Maria D’Arpa è l’omicidio volontario con una duplice aggravante, la minorata difesa della vittima (colta di sorpresa nel sonno o mentre si stava addormentando dal suo assassino) e il fatto commesso ai danni del coniuge sia pure legalmente separato. Manca la premeditazione. E tuttavia tanti dettagli inducono a chiedersi: Erik Zorzi aveva pianificato l’omicidio di Nicoleta? «L’idea di ucciderla era stata pensata e forse progettata ma non per quel giorno. Magari si trattava di trovare il momento opportuno. Quella notte Zorzi si è arrabbiato più del solito, ha ascoltato il dialogo tra Nicoleta e il compagno con il quale si era incontrata (le aveva messo un registratore nella macchina come era solito fare) e poi è esploso. Valuteremo come far emergere gli elementi che possano far contestare la premeditazione. Ma l’aggravante va poi provata in giudizio».
Attualmente Erik Zorzi, 42, si trova rinchiuso nella casa circondariale Due Palazzi: oggi incontrerà il suo difensore, l’avvocata Silvia Masiero, per discutere la strategia difensiva. Nonostante il file audio trovato nel cellulare di Nicoleta che registra ogni istante della tragedia e per sei mesi rimasto in un armadio dei carabinieri, lui ripete: « Non l’ho uccisa».