Applausi e lacrime in chiesa per l’addio a Lorenzo, morto a 11 anni
Anche il cielo piangeva per Lorenzo Surian ieri, all’arrivo del feretro nella chiesa di Prata.
Ad accoglierlo, sotto la pioggia battente, l’intera comunità, in un ultimo grande abbraccio.
La piccola bara bianca dell’undicenne attraversa la folla sul sagrato, ornata dal cesto di rose scelte per lui dal papà Rudy Surian e dalla mamma Enza Piccinin e da una corona di rose candide.
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Sopra è posata la maglia della squadra giovanile del Tamai di Brugnera, società della quale il piccolo era tesserato.
«Ciao amore mio». Prima del rito funebre i genitori hanno salutato Lorenzo anche sui social. La mamma e il papà, riparandosi con l’ombrello, seguono il feretro.
Un passo dietro di loro c’è il fratello di Lorenzo con la fidanzata. Poi il sindaco e la giunta. C’è il labaro dell’Aido perché Lorenzo ha donato gli organi.
In chiesa non passa uno spillo. La gente rimasta fuori continua a sfidare la pioggia e un insolito freddo, che si accorda al clima mesto di questa celebrazione.
«Avremmo desiderato un benvenuto diverso nella casa di Dio a Lorenzo – ha detto don Pasquale Rea, parroco di Santa Lucia – Facciamo allora le cose come si deve. Tributiamogli un applauso».
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Un applauso all’inizio di un funerale è inusuale, ma don Rea rompe la tensione visibile nell’aria. Forse erano davvero tanti i giorni che i pratesi aspettavano, per liberare questo applauso cercato, voluto, sincero. Chissà, magari Lorenzo lo avrà sentito.
Il Vangelo di Giovanni trova un Gesú commosso che si avvicina a Marta, il fratello di Lazzaro. Nell’omelia poi don Pasquale spiega questo racconto. E va oltre.
«Non ci sono più lacrime per esprimere il nostro dolore. Quindi lasciamo spazio alla preghiera – piange don Pasquale Rea – è la prima volta che mi capita di vedere un ragazzo così giovane deceduto celebrandone il funerale». Poi don Rea si riprende.
«Siamo noi a Prata un cuore e un’anima soli. È il miracolo suscitato dal dolore innocente. Ogni bambino – continua – appartiene a tutta l’umanità. Prata piange lacrime condensate da un dolore immenso. Ma con in mano il Vangelo della nostra vita. La gente è stretta ai familiari. Sa compatire con loro. Prata si è fermata. È tutta qui. Lorenzo sei al centro dei sentimenti ecclesiale e civile. Questo dolore non è contenuto da dentro».
«È da domani – ricorda il parroco – che comincia il nostro compito di famiglia cristiana. È da domani che hanno bisogno del nostro sostegno e della nostra vicinanza. Si nota un paradosso. Questo dolore che non ha bisogno di essere raccontato non ha bisogno di essere spiegato. Ogni mamma e ogni papà lo comprendono bene».
«Di fronte alla disgrazia che ha segnato la loro esistenza» don Rea immagina che «nel loro animo abbia trovato spazio qualche domanda. La stessa che ci siamo posti anche noi. Avremmo preferito fosse capitato a noi.
Sono il primo a vergognarmi per non trovare le parole adatte alle domande. Dobbiamo quindi consultare il Vangelo e cercare le risposte». Ora Lorenzo «Ci guarda dalla Città Santa – dice don Rea – osserva le nostre lacrime. La comunicazione è più intensa col viadotto della comunione. L’anima di un bambino viene attirata subito verso l’alto.
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Lorenzo è stato accolto da Maria accompagnandolo da Gesù che lo ha abbracciato con tenerezza, come faceva quando Cristo era in Palestrina. Il nostro terremoto avrà scatenato subbuglio in paradiso. Con il suo sax e con il candore». Lorenzo è il nostro campione. «Come dicono i giovani oggi ci mancherai un botto. Ci mancherà la tua voglia di vivere. Ci mancherà tutto di te».
«Arrivederci in Paradiso – chiude il suo intervento ancora in lacrime don Rea –Grazie per la donazione, cari genitori. La Chiesa suggerisce questa grande opportunità. I giudizi affrettati e l’ignoranza lasciateli solo a chi trova soddisfazione nel dire la sua».