Cinghiate al bimbo, mamma e patrigno patteggiano la pena e perdono la potestà
La mamma e il patrigno non li vedrà probabilmente più: lui, nove anni appena, è già stato affidato a una famiglia che sta cercando di insegnargli come l’amore può esistere e non ha certo il sapore delle botte o, peggio ancora, delle cinghiate.
Violenze continue. Violenze normali per quei genitori di origine moldava, 38 anni lui, 34 lei, che sembrano ancora non capire il confine fra un’educazione basata sulla comprensione e l’affetto e quella ottocentesca dove il frustino era la bussola di ogni insegnamento. Ma tant’è.
Ora la giustizia ha chiesto il conto. E la coppia, che pur non ha mai ammesso o negato nessuna contestazione preferendo il silenzio, ha chiesto e ottenuto di patteggiare una pena per il reato di maltrattamenti in famiglia pluriaggravati e lesioni volontarie aggravate in quanto compiute nei confronti di un minore.
Nei confronti della madre si contesta un comportamento omissivo: non avrebbe mai impedito al marito l’aggressione fisica (e non solo) nei confronti del piccolo, restando zitta e non intervenendo.
Il rito alternativo sarà formalizzato nell’udienza prevista davanti al gup padovano Laura Alcaro il prossimo 25 novembre quando il 38enne (pena concordata di un anno e 8 mesi) e la moglie (un anno e quattro mesi) presenteranno anche un programma rieducativo – concordato con l’associazione “Psicologo di strada” imposto sempre dalla normativa del Codice rosso – cui non possono sottrarsi pena la non ammissione al rito alternativo che prevede lo sconto di un terzo della pena.
Rito che ha incassato l’indispensabile via libera del pm Sergio Dini, coordinatore dell’inchiesta. Nel frattempo sono pure intervenuti i Servizi sociali, attivando il Tribunale dei minori di Venezia che ha sospeso la responsabilità genitoriale in capo ai due (nonostante l’uomo non sia il padre biologico).
Tutto è accaduto tra il giugno e il settembre 2023. Ed è venuto alla luce grazie al fondamentale intervento del mondo della scuola. Il 19 settembre dell’anno scorso, infatti, il bambino si era presentato in classe dolorante e con un occhio nero.
È chiaro che l’insegnante non poteva restare indifferente e aveva subito cercato di capire che cosa fosse accaduto nonostante le ritrosie dell’allievo molto impaurito.
Un allievo che aveva accampato la scusa di essere caduto dal letto come imposto dalla famiglia. Così con il trucco di scrivere su “un foglio segreto” la sua esperienza, il bambino aveva raccontato di essere stato pestato dal patrigno perché non avrebbe obbedito ai suoi ordini, lavare i piatti e pulire il bagno di casa.
L’11 ottobre successivo un altro ritorno a scuola con volto e corpo massacrati da calci e pugni tanto che il piccolo non riusciva a sedersi. Era stata informata l’assistente sociale comunale che aveva avvertito carabinieri e procura.
Alla dottoressa del Suem, che era stata chiamata a scuola, il piccolo allievo, terrorizzato pure da un abbraccio, aveva raccontato in lacrime che era stato preso a cinghiate per aver rotto un vetro.
A quel punto era stato trasferito in ospedale e qui ricoverato: da quel momento non era più rientrato a casa. Il pm Dini aveva avviato l’indagine contestando al patrigno tre aggressioni e alla mamma la condotta omissiva.
Nel corso dell’inchiesta, interrogato con l’assistenza di una psicologa, il piccolo aveva spiegato che lo stesso trattamento era stato riservato ai fratellastri (i due figli che l’uomo aveva avuto dal primo matrimonio) come fosse una cosa normale.
La mamma è attualmente ospite di una comunità dove si trova con il figlioletto di appena un anno e mezzo avuto dal marito.