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Сентябрь
2024

Gli industriali a Villa Manin: l’export italiano in Germania vale 80 miliardi ma c’è un calo strutturale

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Il made in Italy vale 625 miliardi di euro di vendite all’estero. «Sono i dati del 2023, ma penso che, se tutto andrà per il verso giusto in questo ultimo scorcio dell’anno, potremmo eguagliare quel risultato, che è di molto superiore ai 480 miliardi di export del pre Covid», dice il presidente dell’Ice, Matteo Zoppas, alla platea di industriali del Nord Est riunitasi a Villa Manin per il convegno organizzato da Confindustria Udine intitolato “L’economia verso il domani”.

Ma c’è un convitato di pietra, come l’ha definito il moderatore della tavola rotonda il giornalista Sebastiano Barisoni. Ed è la Germania, che di fatto è in stagnazione, o meglio si è impantanata.

Eppure Berlino è il più importante canale di approdo del food, del fashion, della meccanica, della farmaceutica, della siderurgia e di mille altri prodotti realizzati dalle menti e dalle mani di friulani e veneti. «L’export italiano in Germania è pari a 80 miliardi ed è in calo - conferma Zoppas -, quello negli Stati Uniti è arrivato a 60 miliardi ed è in forte ascesa. Le difficoltà della Germania, con meno 5% strutturale, non saranno temporanee. Si vede che c’è una rottura degli schemi, settoriale e geopolitica. Per esempio va molto bene la cosmesi, così come alimentare e farmaceutica che fanno segnare un +20% rispetto all’anno scorso, mentre la metalmeccanica è in negativo. Tra i Paesi la Turchia cresce a doppia cifra, ma le preoccupazioni, appunto, riguardano la Germania di oggi e di domani».

Non è infatti all’orizzonte, secondo quanto prevedono gli analisti, un’inversione di tendenza della congiuntura tedesca, con la quale le aziende nordestine dovranno fare i conti probabilmente a lungo. Cercando, nel frattempo, nuove strade per esportare, per tenere in equilibrio i conti e garantire l’occupazione, che ormai in Friuli ha raggiunto livelli di eccellenza bavaresi, come rimarcato dal presidente della Regione Massimiliano Fedriga.

«Il rapporto Draghi - osserva il vice ministro delle Imprese e del Made in Italy Valentino Valentini nel suo contributo video ai lavori - mette in evidenza come le vecchie regole del commercio mondiale siano ormai superate. C’è una riaggregazione regionale di Paesi che si riconoscono negli stessi valori, ma in questo contesto l’Occidente non è più preponderante. Le fratture con Russia e Cina permarranno anche dopo la fine dei conflitti in corso. Tra le priorità vi sarà la sicurezza dei Paesi che condividono i medesimi valori. L’Unione europea, poi, ha un gap aggiuntivo, cioè la perdita di competitività nei confronti degli Stati Uniti, almeno un 30% rispetto a 20 anni fa. E l’introduzione dell’Intelligenza artificiale nei processi produttivi rischia di far aumentare il divario competitivo con Washington. L’Europa deve prendere coscienza delle proprie debolezze e far fruttare al meglio i fondi del Pnrr, che è stato rivisto e snellito, con 6 miliardi di investimenti su green e digitale. Questa è la vera sfida che ci attende».

«La situazione globale, con le sue complessità, ci impone di guardare con maggiore attenzione - osserva il presidente del Fvg, Massimiliano Fedriga - al rafforzamento dei rapporti con gli alleati strategici che sono quei Paesi che mantengono la stabilità democratica e ci permettono la continuità. Il Friuli Venezia Giulia non può influenzare la geopolitica, ma può vantare una posizione geografica strategica all’interno dell’Europa: possiamo proporci come un’unica piattaforma logistica che si collega al sistema austriaco e ungherese e dà risposte anche ai collegamenti stravolti dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina. Dobbiamo guardare in prospettiva allo sviluppo del porto di Trieste che può essere lo snodo tra il Far East e il Centro-Est Europa ma possiamo svolgere anche un ruolo rilevante nel comparto energetico. Ritengo che, come sistema Paese, dobbiamo raccontare e valorizzare le nostre differenze regionali, coordinare le diversità e non annullarle».

A illustrare la situazione attuale degli approvvigionamenti energetici è stato l’Ad di Snam, il manager udinese Stefano Venier. «Il tema va visto in tre dimensioni - afferma - : sicurezza, sostenibilità e competitività dei costi. L’importanza del Tap, oggi, è fondamentale, perché abbiamo 5 connessioni con altrettanti Paesi fornitori di gas, siamo gli unici in Europa, mentre un 40% del fabbisogno arriva dall’import di gas naturale liquefatto, Lng. L’energia costa di più in Italia rispetto ai competitori? Il prezzo del gas è stabile sui 35 centesimi, ma ci sono altri problemi, come le interconnessioni».




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