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Октябрь
2024

Pigafetta ritorna a Vicenza

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Domenica 20 ottobre nel prestigioso Palazzo Chiericati - Museo Civico, che fu residenza dei discendenti di Francesco Chiericati, nunzio apostolico in Spagna presso Carlo V e patrono di Antonio Pigafetta, un evento storico-letterario farà da sfondo al resoconto della prima circumnavigazione della Terra, tra il 1519 e il 1522 ad opera del navigatore vicentino a bordo del Victoria, una delle cinque nau della flotta di Magellano.

A fare da guida alla manifestazione intitolata “Settimana Pigafettiana” il libro di Vittorio Russo, introdotto dalla dotta prefazione di Franco Cardini, storico medievista tra i maggiori del nostro tempo: l’opera si distingue per i molteplici registri di lettura e la capacità di coniugare storia, costumi, avventura e riflessioni che testimoniano le curiosità culturali dell’autore e la sua capacità di raccontarle coinvolgendo il lettore fin dalla prima pagina.

Comandante Russo, lei non si limita a narrare eventi storici, ma esplora anche le motivazioni profonde che spingono gli uomini a intraprendere avventure così rischiose.

«La figura di Pigafetta emerge come espressione genuina di un'epoca in cui la sete di conoscenza era spesso accompagnata da ambizioni personali e desiderio di ricchezza. In lui prevale su tutto la smania di sapere. Questo lavoro stimola i lettori a riflettere pure sulle differenze tra gli esploratori del passato e i viaggiatori contemporanei. “Pigafetta e Magellano”, dunque, non solo come cronaca storica e racconto di viaggio, quanto piuttosto invito all’esplorazione del proprio mondo interiore attraverso il raffronto con l’esperienza entusiasmante del viaggio di scoperta di Pigafetta nella geografia e nella storia del Pianeta».

Emozione dell'avventura e meraviglia della scoperta sono le chiavi di volta dell’evento, imperdibile per gli appassionati di storia e viaggi.

«Il libro che farà da guida alla Settimana Pigafettiana è il frutto dell’esperienza di un mio viaggio faticoso e affascinante compiuto un paio di anni fa: il libro rievoca in particolare il viaggio di Antonio Pigafetta, primo circumnavigatore del Pianeta al seguito di Ferdinando Magellano, le cui orme sono quelle stesse che ho seguito io, in tempi diversi, lungo le rotte dei mari del Sud, in Indonesia, nelle Filippine e, ovviamente, lungo il fatidico Stretto di Magellano».

Lei ha calcato, per mare e per terra, le impronte del grande Vicentino…

«Esattamente lungo lo Stretto di Magellano e nel labirinto di isole e arcipelaghi della Terra del Fuoco. Fra le parentesi quadre protettive dei miei due figli, Sigfrido e Ascanio, ho ripercorso le rotte del Vicentino e con esse gli aspetti complessi della navigazione a vela del Cinquecento, quella stessa navigazione che aveva affrontato Pigafetta in quelle acque tempestose e vergini, perché mai solcate prima da chiglie europee».

Navigazione al limite della resistenza umana quella di Magellano e Pigafetta.

«Più di un mese, nel soffio di venti turbinosi e acque tenebrose, fu necessario alle residue navi di Magellano per percorrere lo Stretto, dal Capo di Santa Orsola e delle 11 mila vergini sull’Atlantico, al Capo Desiderato sul Pacifico. Un viaggio da brivido ancora oggi, anche con navi dalle potenti macchine e tecnologicamente così assistite da rendere impossibile ogni confronto con i velieri del Cinquecento».

Una navigazione ardita che era affrontata con le minuscole caracche del tempo.

«Lunghe poche diecine di metri, quelle imbarcazioni percorrevano canali angusti dai fondali traditori. Avanzavano sotto la minaccia costante di improvvisi groppi di vento, fra ghiacci vaganti e raffiche dalla velocita di centinaia di nodi capaci di strappare schegge di ghiaccio e brandelli di roccia alle corazze granitiche dei ghiacciai delle basse latitudini di quei quadranti geografici. Un viaggio, insomma, letteralmente alla “Fine del Mondo”, come si dice laggiù e come Francesco, il papa argentino, al momento della sua elezione al soglio pontificio definì quella parte del mondo».

Lei è stato affascinato dal profilo di Antonio Pigafetta, come stregato da un’ondata di fumo odoroso di spezie.

«Magie dei libri letti, da Emilio Salgari a Bruce Chatwin passando per il mio ammirato “compagno d’acque” Joseph Conrad! Affascinato poi, proprio da quelle spezie sulla cui rotta erano orientate le prore delle navi di Magellano e su una delle quali visse e navigò il Vicentino in un viaggio che fu come un dantesco “folle volo”, il più avventuroso di tutti i tempi. Mi sono andato pian piano convincendo che non sono sempre gli autori a scegliere i loro personaggi, perché avviene spesso il contrario. Sono talvolta i personaggi che fissano nella mente dello scrittore curiosità coinvolgenti, magari attraverso spunti subliminali di intrigo e di fascinazione che costituiscono la più potente ragione della loro capacità seduttiva».

Saprebbe individuare gli elementi di questa seduzione?

«Difficilmente! Essa abbraccia qualità misteriose del personaggio, un qualcosa di lui che innamora lo scrittore, quasi un colpo di fulmine per un impercettibile nonnulla della sua personalità. Per l’interesse di cose di mare, forse, o per una ciocca dei suoi capelli ribelli sulla nuca, per il suo desiderio di ignoto o per la penna d’oca fra le sue dita. Difficile scoprire la ragione. So però che si stringe fra il personaggio e lo scrittore un legame vigoroso, quasi un patto d’onore. Magari poi, è più opportuno chiamarlo atto di subordinazione alla personalità del personaggio, che all’autore chiede solo visibilità e sottrazione della sua impresa all’oblio».

Non sono pochi, poi, in questo lavoro, i riferimenti agli antichi abitatori della Terra del Fuoco e della Patagonia,

«I Teuelche, i Selk’nam, gli Haush, gli Alakaluf , gli Yàmana e altri ancora. Ora tutti estinti. L’ultima propaggine umana di quelle misere genti, Cristina Calderon, morì a 92 anni, proprio nel corso del viaggio che effettuai nel febbraio del 2022 nella Terra del Fuoco. La signora Calderon era una yàmana, un popolo che forse per quindicimila anni -se non più- avevano vissuto nell’impossibile ambiente glaciale di quelle regioni, senza contatti col mondo civile, privo praticamente di tutto, perfino di pochi stracci con cui coprirsi. Incredibile che con i climi rigidi di quei territori, quelle genti vivessero praticamente nude, in capanne fatte di sprocchi, su barche costruite con corteccia d’albero, senza conoscere utensili se non quelli scheggiati di ossidiana, roccia e ossa».

Di queste genti che, come detto, per un lungo ordine di millenni erano sopravvissute alle avversità e al clima più rigido del Pianeta, lei scrive pagine di notevole interesse antropologico.

«Senza tacere riflessioni sulle responsabilità dell’uomo bianco che, adottando lo “specchietto per allodole” del suo etnocentrismo culturale, portò fra quelle popolazioni, con la smania di proselitismo e di “civilizzazione”, malattie inesorabili contro le quali i nativi non avevano alcuna difesa. Furono proprio le malattie la ragione autentica della rapida estinzione dei fuegini. Ancora una volta, come prima con aztechi, inca, taraschi, mochicas e una miriade di popolazioni amerinde di antichissima cultura, gli europei hanno decapitato la civiltà la cui conoscenza è perduta per sempre».

Pubblicato da Sandro Teti Editore con la presentazione dello storico Franco Cardini e la prefazione della studiosa vicentina Laura Peretti, “Pigafetta e Magellano. Viaggio alla fine del mondo” è il racconto di un viaggio ricco di scoperte, di contatti con culture diverse, di curiosità, di narrazioni di tradizioni, di costumi e religiosità di genti diverse. Ma anche di geografie ignorate e di luoghi scoperti per misteriosa serendipity, come il conte Horace Walpole aveva definito l’invenimento casuale di qualcosa che non si sta cercando e che diventa sensazionale per le curiosità che sa suscitare. Insomma, luoghi magici che, come scrisse il premio Nobel per la letteratura Iosif Brodskij, sono pure quelli in cui la storia è inevitabile e dove la geografia provoca la storia.




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