Monfalcone, operaio morto nell’Edificio 42 alla Fincantieri: chiesta l’assoluzione per 4 imputati
La richiesta del pubblico ministero è giunta al termine dell’esame del consulente tecnico nominato dal Servizio di Prevenzione e Sicurezza sul lavoro dell’Azienda sanitaria, Giacomo Bartelloni, nell’ambito del processo per omicidio colposo, in ordine all’infortunio nel quale il 2 marzo 2017 aveva perso la vita il 40enne di origine bosniaca Sinisa Brankovic. L’uomo, supervisore dell’impresa specializzata A.B.L. Srl, era precipitato da un’altezza di 17,5 metri, dal sottotetto della capannetta numero 2, in fase di ultimazione, all’interno dell’Edificio 42, nel cantiere navale.
Martedì in aula, davanti al giudice monocratico Caterina Caputo, il pm ha così chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste per quattro dei 13 imputati: si tratta di Giuseppe Ampollini, presidente del Cda della Carlo Giavazzi Spa, appaltatrice dei lavori, Mauro Talomona, datore di lavoro designato dalla stessa Giavazzi Spa, nonché del preposto alla sicurezza dell’impresa Francesco D’Urso, e del direttore dello stabilimento navale Roberto Olivari. Assoluzione contestuale anche per tutte le persone giuridiche, la committente Fincantieri Spa, l’affidataria della commessa Fincantieri S.I. Srl, l’appaltatrice Giavazzi Spa e la subappaltatrice A.B.L. Srl. Il pm si è inoltre riservato ulteriori istanze anche per Vincenzo Comparato, preposto alla sicurezza nel cantiere per conto di Fincantieri S.I., e per Andrea Claudio Gemme, legale rappresentante di Fincantieri S.I. Il giudice, da parte sua, ha fissato la nuova udienza il prossimo 28 gennaio per la relativa decisione.
Significativo, del resto, è stato l’esame del dottor Bartelloni, che ha ripercorso l’attività svolta all’interno dell’Edificio 42, raggiunto subito dopo il tragico infortunio assieme ad altri tre professionisti del Servizio Sicurezza sul lavoro. Nel sottotetto della capannetta 2 erano in fase di montaggio le tubazioni delle condotte dell’aria, del diametro tra i 30 e i 40 centimetri, una delle quali, quella centrale, era imbragata in attesa della giunzione. Il manufatto si trovava a ridosso del “buco” aperto del piano di grigliato, dal quale Brankovic era precipitato nel vuoto. Dall’altro lato era posato invece il cartone contenente i materiali e le attrezzature necessarie per eseguire le giunzioni delle condotte. L’apertura era dovuta al fatto che «la geometria del grigliato» non coincideva nella sua completezza con gli spazi del piano del sottotetto, tanto che per velocizzare tempi rispetto ai ritardi accumulati, si era sopperito con delle tavelle, l’ultima delle quali, non essendo dotata dell’apposito aggancio, doveva essere sostituita. E la sostituzione fino a quella mattina non era stata ancora eseguita. Il tutto, nonostante un formale ordine di chiusura del “buco” in questione, attestato da specifico verbale, datato 22 febbraio 2017.
Il consulente tecnico ha tratto le conclusioni sostanzialmente in questi termini: il tubo imbragato ostacolava il passaggio, proprio a ridosso dell’apertura, quindi, il lavoratore, nel tenare di scavalcarlo, fors’anche per la perdita dell’equilibrio stante gli spazi angusti, era caduto nel vuoto. Sarebbe, tuttavia, bastata una copertura in legno, quantomeno provvisoria, per coprire l’apertura, peraltro senza aggravio di costi, trattandosi di una spesa di poche decine di euro.
Il teste ha rilevato un ulteriore aspetto: tutti sapevano che mancava la tavella del grigliato. E ancora: nel punto in cui si trovava il lavoratore la linea vita era troppo distante, e non gli permetteva di ancorare il cavo dell’imbragatura. Sempre attraverso le domande del pm, il consulente ha passato in rassegna ruoli, competenze e relative responsabilità. Rispetto alle domande poste dalle difese, una risposta su tutte è stata indicativa: il teste ha osservato che sarebbe stato opportuno evitare la compresenza di lavorazioni, dando priorità al completamento delle tubazioni, per poi procedere con il grigliato, a partire dalla messa in sicurezza dell’apertura.