Tragedia in Serbia: 14 morti alla stazione di Novi Sad per il crollo della tettoia in cemento
Esterno della stazione ferroviaria di Novi Sad, in Serbia. È una bella giornata di sole, caldo fuori stagione, molti viaggiatori vi giungono e ripartono per Belgrado, altri attendono amici e familiari in arrivo, altri ancora chiacchierano o leggono il giornale prima di salire su un autobus. E sono tanti anche quelli seduti sulle panchine, a godersi il bel tempo. Poi, alle 11.15, un tonfo e un rombo, come fosse esplosa una bomba.
È il fragore che dà il la a una strage, quando all’improvviso sulle persone inconsapevoli crolla l’intera, pesantissima tettoia esterna in cemento della stazione. Il bilancio è drammatico: almeno quattordici morti, tra cui un bambino, tre i feriti gravissimi e in pericolo di vita, mentre dovrebbero essere una trentina i feriti leggeri, secondo il sindaco di Novi Sad, Milan Djuric. Sono questi i contorni della tragedia di ieri a Novi Sad, un evento che ha scioccato un intero Paese che si chiede, ancora senza risposta, come tutto ciò sia potuto accadere.
Di certo, è stato «un venerdì nero» non solo per Novi Sad, capoluogo della Vojvodina, «ma per tutta la Serbia», ha detto turbato il premier Milos Vucević, che ha assicurato che Belgrado «farà di tutto per trovare i responsabili, coloro che dovevano assicurarsi che la struttura fosse sicura».
Le operazioni di soccorso «sono state estremamente difficili», coinvolgendo un centinaio di soccorritori e macchine operatrici, ha reso noto da parte sua il ministro degli Interni, Ivica Dacic, mentre il presidente Aleksandar Vučić ha detto che pretenderà di conoscere le «responsabilità penali e politiche» dell’incidente.
Ma oltre al dolore, ieri, è stato anche il giorno delle prime – e sicuramente non ultime – polemiche. Il governo della Vojvodina, a guida Progressista come quello a livello nazionale, «si dimetta», il crollo è effetto della «corruzione», ha stigmatizzato la Liga socijaldemokrata Vojvodine, mentre il Movimento dei cittadini liberi ha sostenuto che la tragedia sia la conseguenza di contratti «segreti», magari con imprese extra-Ue come quelle cinesi.
«La stazione era stata inaugurata solo il 5 luglio» e ora questo, ha attaccato anche Dobrica Veselinovic, dello Zeleno Levi Front. «La corruzione uccide», ha fatto eco anche la direttrice esecutiva dello European Fund for the Balkans, Aleksandra Tomanic.
Polemiche che inevitabilmente, viste le proporzioni della tragedia, continueranno a lungo. Il luogo della tragedia, infatti, è uno degli snodi ferroviari principali in Serbia, sull’asse che da Belgrado porta al confine ungherese e poi da lì verso Budapest, in fase di modernizzazione con intervento della Cina, che vuole usare anche la rete serba per trasportare merci dal “suo” Pireo verso l’Europa centrale.
Non solo la tettoia, anche la stazione di Novi Sad – che risale al 1964, alto esempio di modernismo jugoslavo – era stata sottoposta a lavori di ristrutturazione e modernizzazione durati anni, nell’ambito del progetto a traino cinese, con l’inaugurazione a luglio.
Le due imprese coinvolte nei lavori alla stazione di Novi Sad erano la China Railway International e la China Communications Construction Company Ltd, hanno informato i media serbi, con alcune testate che hanno suggerito che persino il costo dell’appalto sia stato tenuto segreto.
Infrastruktura zeleznice Srbije, il gestore della rete ferroviaria del Paese balcanico, ha tuttavia tenuto subito a precisare, mentre ancora erano in corso le operazioni di soccorso e non si sapeva dei morti, che la parte crollata «non era stata sottoposta» a interventi nell’ambito della costruzione della «ferrovia veloce Novi Sad-Subotica», che avevano interessato solo «gli interni della stazione, il tetto e la facciata al di sopra e al di sotto» della tettoia di cemento crollata sui presenti.
Forse proprio quei lavori all’interno hanno intaccato la stabilità della tettoia esterna, ha però replicato alla televisione N1 l’ingegnere Vladimir Tijanic. L’inchiesta dovrà ora far luce su cause e colpevoli. Oggi, invece, sarà lutto nazionale. —
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