L’intervento. Orsomarso: “La giustizia è alla base della civiltà, l’abuso di potere destabilizza lo Stato”
Mai come oggi parafrasare Bertold Brecht non è soltanto utile ma direi necessario. La storia del mugnaio ai tempi di Federico II evidenzia che nella nostra diffusa umanità alla fine “la giustizia trionfa sempre”. E’ difatti la Giustizia, ovvero il senso di essa, il cemento che tiene insieme a tutte le diverse latitudini della nostra civiltà occidentale, non perfetta , la nostra convivenza sociale, economica e civile.
I cosiddetti Paesi democratici, quelli come gli Stati Uniti o la nostra Italia solo per citarne alcuni, si sono dati una Costituzione,a partire dai Principi Fondamentali, ed hanno costruito in secoli di Storia dal Medioevo in avanti la nostra moderna e “secolarizzata”organizzazione statuale che a livello orizzontale e verticale organizza appunto la nostra convivenza sociale e civile che si basa sul comune e diffuso sentire, o meglio ancora sulla condivisone, di diritti e doveri, di regole scritte e non tramandate.
L’ironia socratica del “sapere di non sapere” è da sempre nella mia formazione e nella adesione ad una visione del mondo alternativa alla sinistra progressista la ricerca continua della verità che mette sempre l’uomo al centro.
Nel nostro vivere quotidiano, nello scegliere più o meno consapevolmente in base al proprio livello di cultura e più genericamente nella “convinta” adesione alle consuetudini che sono buone prassi comportamentali, aderiamo magari più al
Romanticismo che all’Illuminismo che nell’interpretare l’uomo, le sue paure, il pessimismo e l’ottimismo, ha provato a superare la ragione che non è sufficiente a spiegare la realtà nella sua complessità e a comprendere le visioni, i sentimenti: il sogno e anche la follia.
Questa lunga premessa mi aiuta intanto a parlare a noi stessi a quella cosiddetta “classe dirigente” dei conservatori che con tanto impegno e non poca fatica Giorgia Meloni sta provando a tenere insieme come alternativa alle politiche di sinistra in Italia e in Europa e che più che alimentare paure ha la non banale pretesa di rafforzare la nostra convivenza sociale e civile partendo proprio dalla nostra convinta adesione alla Costituzione, troppo spesso richiamata nel dibattito pubblico anche con qualche sproposito da una sola parte.
La Costituzione figlia dei nostri padri, dei vincitori e dei vinti, noi invece dobbiamo rivendicare con maggiore determinazione, con uno sforzo quotidiano di autorevolezza che deve prevedere ogni tanto anche qualche silenzio rispetto all’evidente a volte anche imbarazzante provocazione quotidiana che viene da alcuni rappresentanti o intellettuali, alcuni meno, della sinistra italiana.
La nostra Costituzione formale e materiale, adattabile e mutabile nei tempi per meglio aderire ai cambiamenti, comprese alcune cessioni di sovranità che abbiamo da sempre rivendicato sognando una Europa di Popoli, migliore e diversa di quella dell’ultimo quarto di secolo, che ha alla base, l’adesione ai valori cristiani condivisi, alle nostre tradizioni, alla nostra secolare cultura e anche la
definizione fisica dei suoi confini che determinano se vogliamo, più di ogni altro fattore, la tutela e il futuro dell’Europa e dell’Italia garantendo pace e che deve sempre di più tutelare crescita e benessere ai suoi cittadini.
La premessa mi aiuta ancor di più a parlare “fuori da noi” a chi non possiamo che riconoscere come interlocutore privilegiato e attrezzato per difendere insieme questa storia millenaria, la Costituzione e le nostre comuni libertà che ciascuno di noi non deve e non può “violentare” quotidianamente con le parole oltre che con i comportamenti.
La Giustizia e ancor di più il “senso” di Giustizia, del suo funzionamento e della rappresentanza delle diverse giurisdizioni e della percezione di essa da parte di tutti i cittadini dobbiamo elevare a terreno neutro e non di scontro e intorno a cui riaffermare con sobrietà, saggezza, lungimiranza come perno fondamentale della nostra libertà e della democrazia non solo per la convinta adesione ai dettami costituzionali ma più in generale per evitare il caos che indebolisce tutte le Istituzioni.
Mi sento quindi di indirizzare più concretamente un appello provando a rispondere a Donatella Stasio e al Procuratore Stefano Musolino che in tempi e in modi diversi sono intervenuti nel dibattito del rapporto tra magistratura e politica e sul confine democratico tra magistrati e partiti.
Mi occupo quotidianamente di altre materie nell’esercizio della mi funzione di Parlamentare Italiano ma essere tutti insieme classe dirigente ci impone di contribuire con attenzione ed equilibrio al dibattito pubblico che è anche quello che informa e indirizza l’attività legislativa.
Entrambi e a diverso titolo mettono in evidenza “ l’acqua calda “ , che ci sono cioè idee diverse di Stato e quindi di Governo e di rapporto di istituzioni che si confrontano. In termini generazionali e con la tutta serenità che uno scritto non può trasferire vorrei a loro, ricordare che questo è il dibattito incompiuto che dal 1992 in avanti rispetto al tema dell’equilibrio tra poteri e quindi della nostra libertà e democrazia e più in generale al funzionamento del nostro Stato non ha trovato ancora risposte e necessita di riforme e di rassicurazioni per tutti i cittadini e non solo per le élite.
Ho letto con attenzione quanto affermato da Musolino che premette , in parallelo a noi, di un “sistema che peraltro non funziona” e fa riferimento all’utilizzo dello strumento penale per la gestione del dissenso e i conflitti che il dissenso crea, su cui potrei essere anche d’accordo se il Procuratore che aderisce alla corrente di Magistratura Democratica non omettesse nella premessa anche le tante derive rischiose per la libertà anche del nostro di dissenso democratico e sostenuto da diversi milioni di cittadini italiani, che non è stato solo percepito nel dibattito ma ha operato in tanti anni con oggettiva esondazione e abnorme esercizio, anche questa legittima valutazione critica nelle parole non di un pericoloso eversore ma di un collega Magistrato del calibro di Nordio.
Trovo altresì abnorme, o meglio un po’ forte e poco equilibrata l’analisi che consegna in un suo editoriale su la Stampa la giornalista e scrittrice Donatella Stasio, che ho sempre letto con attenzione già dai tempi del sole 24 ore.
Giusto il suo richiamo alla critica civile della nostra azione legislativa e di governo che deve legittimamente avere anche un dura opposizione in parlamento e fuori dal parlamento.
Vorrei però tranquillizzare la giornalista che nel suo ragionamento si sente addirittura angosciata e ci definisce “stranieri in Patria” che per 50 anni e più abbiamo vissuto accanto a Lei e non siamo dei pericolosi marziani ma cittadini italiani noi, e i diversi milioni di italiani che, quotidianamente a vario titolo fanno l’Italia ogni giorno e che in termini più semplici e meno articolati del suo ragionamento si sono fidati e si fidano attraverso il dibattito democratico di alcuni progetti di riforma e dell’azione di un governo e della sua Premier, che ieri era all’opposizione, che provano a dare risposta ad ansie di famiglie, imprese e cittadini la cui visione del mondo non coincide con quella di altri cittadini ma che devono convivere e trovare il miglior compromesso verso l’alto e mai verso il basso.
Do quindi ideale adesione ad alcuni richiami, non già ai toni o alcune parole che accompagnano i ragionamenti della Stasi e del Procuratore Musolino che devono essere per noi un monito a migliorarci e crescere in valore per provare ad essere impeccabili nella difesa della nostra azione legislativa e del nostro programma di Governo che insieme alla maggioranza degli italiani che ci ha sostenuto sappia poter interpretare anche tutte le altre posizioni.
L’esercizio del potere deve tornare ad essere un valore condiviso e un’opportunità della nostra democrazia che ha tutti gli elementi per stare in equilibrio.
Le tante cronache di questi giorni e degli ultimi anni evidenziano che l’abuso di ogni potere, il derogare di ciascuno di noi a quello che è giusto, molto spesso per interessi legati al denaro più che alle convinzioni ideologiche, alla fine trova sempre un giudice a Berlino nel nostro Stato che punisce chi ne ha abusato e ne abusa.
La “mentalità costituzionale” gentile dottoressa Stasi è anche e soprattutto avere senso della misura, che tutti insieme dobbiamo ricercare nei nostri ruoli, nell’esercizio dei poteri e suggerirei sommessamente anche nella critica al potere che in questi primi due anni si sta manifestando con una intensità che non viviamo a differenza sua con nessuna angoscia perché sappiamo che continueremo a contribuire anche domani, come oggi e ieri, alla nostra vita democratica di cui ci sentiamo un pilastro civile e politico.
* Senatore FdI
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