Gli universitari pavesi a Valencia: «Che tragedia, aiutiamo i più colpiti»
PAVIA. Tra gli angeli del fango di Valencia ci sono anche gli studenti Erasmus dell’università di Pavia: «Stiamo vedendo da vicino la morte e la distruzione, aiutiamo come possiamo nella rete di volontariato che si è creata» spiegano alcuni di loro.
La regione di Valencia, martoriata dalla “Dana” la violenta tempesta che negli scorsi giorni ha provocato inondazioni drammatiche, è ancora sepolta dal fango e continua la conta dei morti che sono oltre 220.
I soccorsi, come lamentato dalla popolazione, sono frammentari e in ritardo. Manca un coordinamento centrale, al punto che persino il Re di Spagna è stato contestato. Così come il primo ministro. Intanto i volontari scavano e aiutano la popolazione. A Valencia ci sono attualmente anche 9 studentesse e studenti dell’università di Pavia, che stanno frequentando l’università valenziana nell’ambito del progetto “Erasmus” che prevede un periodo riconosciuto di studio all’estero.I 9 studenti dell’università di Pavia vivono per lo più nel centro storico della città di Valencia.
Una zona della città che non è stata colpita dalle inondazioni, in quanto il fiume Turia era stato deviato lontano dal centro dopo un’alluvione nel 1957. L’onda di fango e morte è arrivata soprattutto nei sobborghi di Valencia, i pueblos, dove ora gli studenti pavesi stanno portando il loro aiuto.
«Anche a noi è arrivato l’avviso dell’emergenza meteo però in centro a Valencia c’era stata solo pioggia, la mattina del 30 ottobre ci siamo svegliati vedendo come il resto del mondo le immagini della devastazione alla periferia di Valencia - racconta Federica Vezzoli, 21enne studentessa di psicologia a Pavia e originaria di Grumello del Monte (Bergamo) -. Dal 1° novembre fino a ieri ho aiutato portando tutto quello che serviva negli appositi centri di raccolta. Ogni giorno ci sono profili su Instagram che pubblicano dei post riguardo quello che serve. La cosa che mi ha lasciata sorpresa sono stati i supermercati del centro completamente vuoti. La gente del centro è sempre stata bene e non abbiamo capito perché si sono fatti prendere dal panico invadendo i supermercati».
Federica Vezzoli, che da alcuni mesi è a Valencia per l’Erasmus, racconta anche il clima di difficoltà nella gestione dell’emergenza: «È circolata una fake news importante sull’acqua, diceva che non potevamo bere l’acqua dal rubinetto perché non era potabile in quanto i depuratori erano rotti cosa non vera. Fino a ieri non si trovava acqua al supermercato - aggiunge la studentessa dell’ateneo pavese -. Io e i miei amici per dare una mano sul posto siamo andati a piedi, c’è un ponte che collega il centro con i vari paesi. Terminato il ponte iniziano tutti i paesini travolti dall’alluvione. Abbiamo portato casse d’acqua e cose per l’igiene intima che ci davano lungo la strada che percorrono i volontari per andare ad aiutare. Abbiamo comprato anche il necessario per pulire. Abbiamo iniziato quindi a percorrere tutti i paesi chiedendo agli abitanti cosa necessitassero. C’è moltissima disorganizzazione, abbiamo chiesto alla polizia, protezione civile, vigili del fuoco cosa potessimo fare ma non sapevano darci indicazioni precise. Ci sono zone troppo devastate dove credo che solo l’esercito possa fare qualcosa. Ci sono tantissimi giovani che aiutano a pulire case, garage o a portare acqua e viveri, perché le auto, bus, non possono circolare, ma più di così non possiamo fare. Ci sono ancora moltissime cataste di macchine. Oggi (ieri ndr) ho visto due camion grandi dell’esercito, quindi credo che stiano iniziando ad arrivare. Però, da quello che ho capito, il lavoro fatto fino ad ora è stato da parte dei volontari, della polizia e dei vigili del fuoco».
Tra i volontari c’è anche Giacomo Guandalini, 23enne studente di Medicina a Pavia e originario di Reggio Emilia. Da due mesi è a Valencia, dove si fermerà fino al giugno del prossimo anno.
«Anche io abito nella zona centrale di Valencia, quindi ho scoperto del dramma come il resto del mondo aprendo i siti di informazioni e i social media la sera dopo di quello che è in centro è stato solo un forte temporale con vento - spiega Guandalini -. Da sabato mi sono unito alla rete dei volontari che sono attivi nei pueblos intorno a Valencia, in particolare stiamo aiutando a spalare il fango nella zona di Benetússer, uno dei centri più colpiti dalla Dana dove tra l’altro le autorità stanno cercando 20 persone disperse nel parcheggio di un supermercato. La situazione è davvero difficile, non c’è stato coordinamento dei soccorsi Alcune sono rimaste a lungo isolate e senza aiuti. Non mi è capitato di vedere persone morte all’interno delle auto, però si percepisce da vicino il dramma delle persone che hanno perso parenti e amici. Ci sono ancora cataste di auto ovunque, come fosse ferraglia vecchia ammucchiata. In certe zone intorno a Valencia si può arrivare ancora solo a piedi, le strade sono ricoperte dal fango che ha creato una coltre spessa e sempre più difficile da rimuovere. L’università sarà chiusa anche questa settimana, andrò avanti ad aiutare la popolazione della zona di Valencia così duramente colpita da questa tragedia naturale. Mi ha colpito il moto popolare, migliaia e migliaia di persone, in campo volontariamente per aiutare le zone colpite».
L’ateneo di Pavia fino dall’inizio dell’emergenza è in contatto telefonico con i 9 studenti dell’ateneo che si trovano nella zona colpita: «Sono sempre stati al sicuro» spiegano dall’ateneo.