Omicidio di Capodanno, a fine novembre l’udienza preliminare: la procura contesta anche i futili motivi
È stata fissata l’udienza preliminare per Anderson Dipre Vasquez, il trentacinquenne accusato dell’omicidio di Ezechiele Mendoza Gutierrez avvenuto la notte di Capodanno al termine del veglione ospitato al Laghetto Alcione. L’udienza si terrà lunedì 25 novembre alle 11.30 davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine, Giulia Pussini.
Dipre Vasquez, difeso dagli avvocati Emanuele Sergo e Oreste Dominioni, attualmente è detenuto nel carcere di via Spalato. È imputato per i reati di omicidio per la morte di Mendoza Gutierrez e di evasione per essersi allontanato da casa pur essendo in stato di detenzione domiciliare per un’altra vicenda.
Stando all’accusa l’uomo, originario della Repubblica Dominicana e residente a Tarvisio, ha ucciso Ezechiele Mendoza Gutierrez, 31 anni, suo connazionale, residente a Campoformido, al termine del veglione a cui avevano partecipato, al Laghetto Alcione di via dei Prati. Per farlo ha posto la mano sinistra sulla nuca della vittima, poi ha inferto il colpo al collo con la destra, affondando il coccio del calice che impugnava dall’esterno verso l’interno. In particolare la Procura gli contesta le aggravanti dei futili motivi, del fatto di avere agito mentre si trovava in detenzione domiciliare e della minorata difesa della vittima, avendo colpito Mendoza all’improvviso, nonostante fosse alterato dall’assunzione di alcol e sostanze stupefacenti, e in un contesto di apparente amicizia. Nel processo a carico di Anderson Dipre Vasquez sono considerate parte offese Pedro Antonio Mendoza Gutierrez, difeso dall’avvocato Roberto Mete e Daysi Maria Feliciano assistiti da Luca Umana e Antonio Todaro.
Dipre, che era stato fermato dai carabinieri a poche ore dall’omicidio in un albergo di Tarvisio (dove lavorava la madre), ha sempre sostenuto di avere colpito il connazionale per difendersi da una presunta aggressione, con il bicchiere che teneva in mano che si sarebbe rotto per una fatalità, e cioè per il contatto con la grossa pietra dell’anello che indossava.