Primo incarico a 65 anni e 130 chilometri al giorno per la montagna: la storia del medico di base della Valcellina
Cimolais, Claut, Erto e Casso. Tre comuni, ciascuno con il proprio ambulatorio medico, nel cuore della Valcellina; 1.500 pazienti e un unico medico di base a cui fare riferimento. Dal 6 novembre 2023 quel medico è il cordenonese Vito Fantin. La sua è una storia non comune, dal momento che alla soglia dei 67 anni – li compirà il giorno di Natale – è al suo primo incarico con il camice bianco. Si è laureato a dicembre 2022 in Medicina e chirurgia all’università di Padova, completando un percorso che aveva iniziato a 19 anni e che era andato avanti a singhiozzo.
Dopo la laurea, al Messaggero Veneto aveva detto: «Voglio rendermi utile come medico, anche nelle zone più disagiate, dove la carenza di medici è maggiore». E così ha fatto. Da un anno parte da Cordenons, dove vive, per raggiungere in macchina la Valcellina e, considerando anche le visite a domicilio e quelle in ambulatorio, percorre 130 chilometri al giorno. L’anno scorso era stato chiamato a sostituire lo storico medico Vincenzo Scimonetti. «Doveva essere una breve sostituzione – racconta – poi purtroppo la salute del collega è peggiorata ed è venuto a mancare a gennaio. Scimonetti ha dato tantissimo a questa gente, io certamente non ho la pretesa di sostituirmi a lui nel cuore dei suoi pazienti».
Il mese prossimo Fantin inizierà a frequentare la scuola di formazione regionale per medici di base. «Grazie all’amministrazione comunale di Cimolais – aggiunge – a breve dovrei avere a disposizione anche un appartamento dove sostare la notte, così da evitare di fare il pendolare. In quei luoghi sto bene. Sono il mio riscatto. Realizzo finalmente me stesso». Lo deve principalmente alla sua forza di volontà. Fantin ha alle spalle una lunga esperienza nel fitness, che cominciò a praticare negli anni Ottanta, quando aprì una prima piccola palestra nell’oratorio di San Pietro a Cordenons, poi una a Casarsa, quindi il Body Center e da ultimo l’ex Dream Village, vicenda che lo ha segnato a lungo. È stato anche consigliere comunale. Oggi è medico tra la gente.
«Il primo giorno di lavoro a Cimolais ho trovato un ambulatorio pieno di pazienti – racconta –. Era la mia prima volta, ero da solo e non sapevo nemmeno usare i programmi del computer. Le mie prime ricette le ho fatte a mano». Quella sera in ambulatorio è entrata la farmacista del paese, la pordenonese Roberta Chiaradia, una favorevole sorpresa. «Con Roberta ci eravamo conosciuti anni prima e ciò mi ha dato coraggio – spiega – tant’è che oggi la nostra collaborazione è di grande supporto al mio lavoro, così come la rete di specialisti a cui faccio riferimento».
A Erto e Casso, poi, c’è anche Mauro Corona. Racconta Fantin: «Mauro è un amico di vecchia data ed è diventato anche mio paziente. Si è speso molto per introdurmi nella comunità e gliene sono grato. Volevo lasciare, ma quando dal Distretto di Maniago mi dissero che non era facile sostituirmi, perché pochi accettano di andare in zone di montagna, ho capito che dovevo restare per i miei pazienti». Quella scelta a Fantin ha cambiato la vita, in meglio. «Con gli ospedali di Belluno e Pordenone a cinquanta chilometri di distanza e con la guardia medica che da dicembre dell’anno scorso sino al mese scorso non c’era – riflette – il medico di base è l’unico riferimento. Io sono un tipo d’altri tempi, il mio cellulare è sempre acceso anche di sabato e domenica, mi piace ascoltare i miei pazienti mentre si raccontano, è così che sto scoprendo una popolazione ancora ferita dalla tragedia del Vajont, fiera, generosa e accogliente. Nelle mie visite a domicilio ritrovo il calore delle famiglie di una volta, dove i giovani sono legati agli anziani e li accudiscono amorevolmente, cosa che in città è forse più raro. Un meraviglioso spaccato di valori umani, che mi rigenera ogni giorno. Ogni volta partendo da Cordenons ho paura di sbagliare, poi guardo le montagne davanti a me e tutto passa, mi danno serenità. Oggi, alla soglia dei 67 anni, mi preoccupo solamente di fare del mio meglio, per ricambiare ciò che ricevo». —